Il passato è più vivo che mai perché è frutto di una creazione che costantemente si rinnova – Lucrezia Ercoli
Butto giù un paio di considerazioni dopo aver letto il libro di Lucrezia Ercoli: Yesterday – Filosofia della nostalgia (Ponte Alle Grazie), una riflessione filosofica sul fenomeno della nostalgia, così dilagante in questi tempi di retro qualsiasi cosa, vintage, reboot, remasters, nuovi cofanetti e vecchi confetti. Per prima cosa ho scritto “così dilagante in questi tempi” ma non dicevo sul serio. La nostalgia dilaga in ogni tempo. Come giustamente fa notare la Ercoli, è un sentimento buono e cattivo, come tutte le cose che la natura ci ha fornito.
Gente, se ci viene di essere nostalgici, la cosa ha di sicuro uno scopo naturale. Lasciamo perdere come il mercato reindirizzi la nostalgia verso Amazon o Ebay, il punto è che se all’improvviso, ascoltando una canzone, ci si apre uno scenario dimenticato e ci ritroviamo in lacrime, dobbiamo domandarci perché? La cosa ha una sua funzionalità positiva.
Il libro della Ercoli qualche risposta interessante a riguardo la offre e lo fa partendo dal mito dell’età dell’oro, che in questo periodo specifico è diventato GLI ANNI ’80, ma che al tempo in cui io vivevo quella decade, l’impressione che fosse dorata proprio non ricordo di averla provata mai. Ho iniziato a crederlo verso il 1995.
E infatti al tempo degli anni 80, l’età dell’oro erano gli anni 50, celebrati dal mega-successo di Happy Days, dalla serie pruriginosa Porky’s di Bob Clark e dal programma Drive-In di Antonio Ricci.
Ne deduco che tra circa trent’anni, qualcuno dirà che l’età dell’oro era oggi, anche se non riesco a immaginare cosa potrebbe rappresentare nel 2030 il repertorio nostalgico di questo periodo: Stranger Things? Il vinile di Masters Of Puppets in edizione ultradeluxe? I Greta Van Fleet? Noi che negli anni venti guardavamo Super-car su Amazon Prime?
La Ercoli si domanda: ma il bisogno di cacciare la testa sotto il suolo del passato, da bravi struzzi quali siamo, ha condotto a un corto-circuito decisivo? Sarà ancora possibile spostare l’asse temporale dell’età dell’oro al decennio 2020-2030, visto che ormai non ci siamo limitati a ricreare in uno studio televisivo i bei tempi degli anni 80, ma ci abbiamo riempito casa, gli scaffali, le scrivanie, gli armadi e le orecchie? Sentiamo musica su Spotify ma difficilmente è qualcosa di nuovo; ammesso che il nuovo esista sul serio. Di sicuro è un classico del passato o una hit moderna vestita di passato.
E se per ricordare gli anni 80 io usassi un fotogramma come questo…?
Di quale epoca starei parlando esattamente? Questo era un potpourri di fantasie anni 50 berlusconiane o era il solito vintage culturale un po’ scemo di cui è piena la culture pop odierna?
Io ho una teoria che penso spiegherebbe come mai il bisogno di ricreare l’età dell’oro al giorno d’oggi sia diventata una pisciata fuori dal vasetto; ovviamente vasetto di porcellana, vintage, di quegli orinatoi che le nostre nonne tenevano sotto al letto.
Internet.
Non fate quella faccia. E’ sempre colpa di internet!

Lasciamo perdere il discorso youtube, facebook e social vari, in cui ci fomentiamo di nostalgia in continuazione tra noi poveri derelitti in crisi di mezza età. Sprofondiamo con la bocca piena di cioccolata delle uova di Pasqua sequestrate ai nostri figli, mentre riguardiamo video d’epoca, vecchie sigle televisive, foto di cosa condividevamo quattro anni fa, eccetera e siamo sinceramente uno spettacolo terribile. Lo sappiamo che è così.
Ma non siamo meglio dei nostri nonni, credetemi. Loro magari non avevano dei supporti pneumatici della nostalgia indotta ma piangevano ascoltando vecchie ninne nanne o riesumando la bicicletta nel tinello che usavano da bimbi. Rimpiangevano la loro giovinezza e avrebbero rimpianto anche quella dei loro padri se qualcuno gliel’avesse fatta vivere per un momento.
Oggi possiamo desiderare il nostro passato e quello di altri più che mai. Stranger Things l’hanno ideata e realizzata due tizi che sono cresciuti negli anni 90 e non ricordano nulla degli anni 80, tranne ciò che la cultura pop, con i film e i dischi, i romanzi e le serie televisive, gli ha tramandato.
Il sentire retrospettivo ha contagiato tutti i formati dello storytelling contemporaneo, ma la vera produzione di immaginario nostalgico si è spostata saldamente nel campo della serialità televisiva. Soltanto le serie TV, per come sono concepite, hanno la possibilità di creare mondi abitabili dallo spettatore per un tempo indefinito, universi dove sostare a lungo alla ricerca dei dettagli nostalgici che ci fanno sentire a casa. Di fronte alla continua accelerazione del mondo esterno, una serie TV è in grado di riportarci indietro dove tutto si muove più lentamente. Un ritorno al passato – Lucrezia Ercoli.
Internet in questo fenomeno di infusione del passato indiretto è decisivo, rispetto a quarant’anni fa, quando gli anni 80 erano un tempo di merda qualsiasi e i magici Cinquanta potevamo riviverli giusto con tanta gelatina sui capelli, facendo il risvolto ai jeans e trafugando giacche di pelle alla Fonzie dal baule dello zio motorizzato. Ora possiamo procurarci tutto il bric-a-brac necessario per inscenare l’età dell’oro, fin nei minimi dettagli. Ci sono un sacco di negozi on-line e se non esiste in commercio quel certo tipo di bandana, puoi sempre setacciare i privati su ebay. Qualcuno dal Nicaragua alla Svervegia potrebbe avere proprio la stessa fascia per capelli che usava Corey Feldman su quel film horror anni 80 che hai visto ieri sera su Netflix. Magari potresti mandargli un messaggio via Instagram e acquistarla direttamente dal suo baule personale dei cimeli di carriera.
Negli anni 80 potevi avere desideri così scemi, ma erano impossibile da realizzare. Oggi tutto è possibile, se si tratta di spendere soldi in cazzate.
Negli anni 80 desideravamo tantissimo e il più delle cose erano sempre cazzate, molto di ciò che compravamo era roba che sapeva di presente e di futuro perché il passato non era tanto mediato e le aziende spingevano per sostituire vecchi modelli con dei nuovi, più fragili e sostituibili. Basti pensare ai videoregistratori degli anni 80 ancora funzionanti e quelli degli anni 2000 morti dopo due anni dall’acquisto. Oggi magari ti ricreano il vecchio videoregistratore nella forma anni 80, ma ancora più fragile meccanicamente di quello del 2000.
Negli anni 80, in casa avevamo impianti stereo ad alta fedeltà ultimo tipo. Quando arrivarono i CD, la gente buttò i dischi dalla finestra. Oggi c’è chi non accetta tutt’ora il lettore mp3 e non sa nemmeno cosa sia Spotify e c’è chi compra l’Ipod e si sente un partigiano del vintage. Per certi versi la rete offre a ogni profugo temporale, una risacca resistenziale in cui rifugiarsi, purché paghi. Se vuoi un impianto stereo con le cassette, dal Nicaragua alla Svervegia qualcuno che ce l’ha in vendita per te. Nel 1990 se ti si rompeva il grammofono eri semplicemente fottuto.
Negli anni 80 non ci sparavamo i dischi di Elvis ma quelli degli Europe e dei Duran Duran, però le pettinature degli attori e di noi ragazzi, non erano tanto lontane da quelle di Marlon Brando e James Dean. Fonzie aveva rilanciato la brillantina e se per qualcuno gli anni 80 sono anche i capelli impomatati, è un errore revisionistico, come quello delle ballerine di Drive-In.
Erano anni 80 i jeans strappati al ginocchio e il taglio a porcospino, ma qualcosa in quei giovani vampiri che vedete sotto, sapeva tanto di piccoli fonzarelli… o di Jimmy Dean dopo l’incidente. Era un bel mischione di cose: c’erano i capelli lunghi degli anni 70 e la brillantina di Grease, le barbe incolte degli anni 30 e però c’era anche una strana spensieratezza frivola e audace… E quella era tipica degli anni 80, chiaramente.
La rete può aiutarci a ricreare la decade che preferiamo. Se ne abbiamo voglia e soldi, possiamo riprodurre l’arredamento del 1987, chiudere la porta e ritrovarci in quell’anno, con un cellulare in tasca da cui messaggiare un vaffanculo alla gente del futuro su what’s will up? Certo, che senso ha vivere nel 1987 se non possiamo farci in selfie e mandarlo da lì?
Ma una volta fatto questo, cosa abbiamo ottenuto? Non ci sentiamo patetici a cullarci in un’illusione di viaggi nel tempo tascabile? Gli anni 80 non erano sicuri, non avevano niente di così bello e luminoso. C’era il terrorismo, l’AIDS, Chernobyl, l’insalata radioattiva, il mostro di Firenze, gli omicidi mafiosi, i furti in stile Arancia Meccanica nelle ville, la ggghioga che uccideva i ggiovani nei cessi pubblici; se una ragazza voleva i pantaloni, in certe zone d’Italia doveva scappare di casa o rischiare il linciaggio da parte dell’intera famiglia d’origine. Se eri frocio facevi prima a spararti tra le gambe che ammetterlo in paese. La zia amorevole buttava la nidiata di micini nel cassonetto prima di accendere la TV e guardare la nuova puntata di quel simpatico nazistone dell’ispettore Derrick. Al tempo i protagonisti dei cartoni venivano sistematicamente sottoposti a bodyshaming già nelle sigle di testa e il bullismo era una forma di socializzazione giovanile come le altre.
Insomma, l’età dell’oro non è mai esistita, né negli anni 80 né altrove.
Perché allora rimpiangere un tempo mai esistito? Perché illuderci che ci sia stata un’età dell’oro e che l’abbiamo persa?
Risposta: Per costruire un presente a immagine e somiglianza di un passato idealizzato – Lucrezia Ercoli
Ne abbiamo da sempre bisogno, di questa come di tante altre illusioni. Si tratta di un mito che può diventare modello per il futuro.
Faccio un esempio.
Pensando agli anni 80 oggi cosa vi viene in mente? Che eravamo più felici, spensierati, la musica aveva una sua frivola audacia? Ecco, fermiamoci qui. La frivola audacia. Non vi pare che l’arte di oggi sia priva di questo carattere? E se gli artisti ricominciassero a creare cose fregandosene di tutto e pensando soprattutto a dare al mondo un po’ di carica?
Ecco, capite la funzionalità della nostalgia? Ci fa rimpiangere cose andate, anche cose mai esistite davvero, per ispirare il nostro futuro a rendere reali ora o se volete… di nuovo quelle cose che “invidiamo” al passato perduto.
Il passato è pieno di buchi che la nostalgia si affretta a completare a posteriori. La nostalgia unisce i puntini dando vita a figurazioni di volta in volta diverse, a seconda della necessità – Lucrezia Ercoli.
Il problema nasce quando ci si sofferma sulla superficie di quelle cose, sulla forma, trascurando il contenuto. Non sono i dischi di cui vi riempite casa a restituirvi oggi la frivola spregiudicatezza che aveva la musica anni 80, ma la frivola spregiudicatezza applicata alla musica di oggi che vi restituirà, forse, della grande musica frivola e spregiudicata domani.
Si parla del passato che ha preso il posto del futuro. La Ercoli fa notare che all’inizio del secolo Novecento il mondo era in fissa col futuro. Tutti guardavano avanti e credevano che il meglio dovesse ancora arrivare. Infatti di cose ne sono capitate, giusto? Guerre e rivoluzioni tremende mai viste prima (Hitler e Stalin), musica mai sentita prima (13th Floor Elevator) droghe mai provate prima (LSD, eroina) poesie e quadri mai realizzati prima (Futurismi e Pop-Art).
Molto di tutto quello era uno schifo ma l’idea che non ci si dovesse ripetere, che si dovesse fare qualcosa di nuovo a oltranza è stato il morbo del Novecento. Anche lì si sbagliava perché si voleva fare a meno del passato per creare un futuro che fosse completamente nuovo, differente, quando è impossibile creare un futuro senza copiare dal passato. Ma non copiare il vero passato. Non riproducendo il telefono del 1978. Copiare il passato mai esistito.
Come? attraverso la nostalgia.
La nostalgia è l’ispirazione che ci porta a creare cose mai esistite. Intravediamo alle spalle quello che potremmo trasformare in realtà. Ecco lo scopo di tante lacrime, di tutte quelle canzoni, quei telefilm, quei dischi, mostrarci cosa poteva essere e cosa potrebbe finalmente essere…
Ma un momento, bisogna porre un freno affinché la nostalgia non diventi un vizio e ci paralizzi.