Quel live che era anche troppo

Insomma, mi hanno chiesto un live dopo tanto tempo che mi propongo alle masse. Ovviamente nella mia risposta positiva ho domandato: sapete che genere faccio, vero? Vi ricordate le mie tematiche. Risposta positiva.

Non soddisfatto, insisto col dire che a me piace usare materiale video misto ad aggressività sonora, e per questo live volevo chiudere il ciclo della serie This Is Fucking Loli Noise col quarto e ultimo capitolo. Per scrupolo, ho mandato in visione agli organizzatori della cosa, il video che avrei usato. Loro mi hanno detto: “ehi, è pesante, ma si può fare. Però lo distribuiremo in via privata, tipo una zona a parte, così che lo veda solo chi lo vuole vedere”. Certo, ero d’accordo, perché ognuno deve essere libero di fare quello che vuole, giusto.

Preparo il mio live, usando come intro un commento molto particolare preso dalla rete. Creo un flyer in poche copie da regalare in giro e sono pronto per la serata…

O forse no.

Arrivato al locale, inizio a prepararmi e chiedo come dobbiamo distribuirci. Mi dicono: “beh, questa è la saletta dove suonerai, mentre qui fuori lasceremo delle casse esterne per il video, così chi vuole sentire il live da lontano o ha voglia di parlare SENZA disturbare disturbare mentre suoni, potrà farlo”.

Ora, io credo che con i suoni che uso e a volumi altissimi, più che essere disturbato io, sarà disturbata la gente. Ma ripeto, ognuno fa le regole proprie in casa propria.

Scherzo con quei ragazzi con una memes di come potrebbe finire la serata. Grasse risate per tutti. Allora sapete a cosa state andando incontro no?

Adesso credo proprio di no.

Eppure quando mi avevate chiesto una descrizione del progetto, io avevo proposto anche una bella frase a effetto, bocciata ovviamente, ma che spiega il livello comico della faccenda.

Finito il soundcheck ci accordiamo sui volumi (alti) e siamo pronti a dare inizio alle danze.

Al momento di accingermi a suonare, mi preparo col mio costumino da battaglia.

Essendo una testa di cazzo, ed essendo questo un live noise, l’aggressività è uno degli elementi fondamentali della scena. Aggiungiamo il fatto che in dati momenti dello show avviene in me una trasformazione caratteriale che mi porta a creare “il personaggio dei live”, ossia Roger Kemper, il bastardo del quartiere. Esco fuori urlando “chi cazzo ha voglia di sentire un cazzo di concerto venga dentro”, cosa che faccio spesso tra l’altro. Lascio partire l’introduzione, col testo dei flyer annesso ma prima di iniziare spiego il concetto del live:

“Allora, siccome siete delle fighette, vi avviso che là fuori c’è un video annesso al concerto. Chi di voi si ritiene un vero pedofilo può andarlo a guardare”.

A qualcuno piace caldo, ma a nessuno piace pedo. Come mi sono permesso di dire una frase simile in un contesto del genere? Semplice, perché tu non chiami un artista harsh noise e pretendi che ti combini un live dandoti un bacino sulla guancia, ma ti devi aspettare una bottiglia rotta in testa. È come se durante un concerto del vecchio GG Allin la gente si fosse lamentata della puzza di merda e piscio nel locale.

Inutile dire che il pubblico si è dileguato subito. Qualcuno ha visto il video, altra gente radical chic che dice di ascoltare noise ha trovato i suoni “troppo forti”.

A 15 minuti circa mi si avvicinano quelli del locale chiedendomi di spegnere tutto. Uno di loro, lo stesso che all’inizio del concerto mi ha chiesto di alzare i volumi perché “questo genere va sentito a palla”, adesso mi sta accusando di aver alzato spontaneamente il volume. Per la serie… stiamo iniziando a lavarcene le mani, amico, vedi quello che puoi fare.

Mi apparto con questi ragazzi, in maniera pacifica, per discutere dell’accaduto. Loro mi accusano di non aver contestualizzato il concerto, di aver distribuito a loro insaputa materiale scomodo (neanche avessi condiviso un manifesto politicizzato). Insomma mi è stato letteralmente detto che per fare un live da loro, avrei dovuto prima spiegare cosa fossi intenzionato fare o no, così da fargli decidere cosa permettermi di realizzare e cosa censurarmi. Alla faccia della libertà di espressione.

Ma va bene, qualcuno potrebbe dirmi che il materiale usato era troppo pesante… però io ve l’ho distribuito prima.

E poi, il flyer, allora? Non capisco come un flyer sia molto più scomodo di un computer che trasmette un hentai con delle bambine in bella vista per chiunque voglia avvicinarsi. Sì, ma il testo era estremo.

Certo, lo è se non capisci il black humour e non leggi dietro al mio discorso, la sottile critica all’animazione giapponese. È come se tu mi dicessi che Louis CK è un omofobo oltre che molestatore sessuale, e cosa direbbero di Ricky Gervais, allora?

Ma va beh, dicevamo, quindi? Io faccio notare ai proprietari del locale che buona parte del mercato hentai giapponese è composto da personaggi minorenni, ma loro si soffermano solo su come sono disegnati fisicamente, perché “se sembrano adulti mica è un problema”. Ma lo sapete che il primo vero film porno del Giappone aveva come protagonista una minorenne? Ma vuoi contestualizzare, però? Ovvio, ho già contestualizzato. Shock audio visivo. Io prima ti distruggo e poi ti creo. Non posso costruire una casa sopra un’altra casa: devo radere al suolo ciò che già si trova lì.

Avevo anche proposto un porno classico alla vecchia maniera: enema, vomito e bukkake. “Del resto”, gli dico, “vi farebbe meno scalpore una donna reale pagata per essere scopata e vomitata addosso, invece che un cartone animato doppiato e prodotto da adulti e liberamente venduto nei negozi online?”

Sembra abbiano compreso (o meglio, vogliono chiudere subito il discorso perché sono una testa di cazzo).

E io a quel punto mi sono sentito proprio stanco, ma non deluso. Il live è andato esattamente come volevo, quindi non potevo chiedere di meglio, però ,loro mi domandano di dare una spiegazione al pubblico, perché a quanto pare, della gente si è sentita male, o peggio è scappata via dicendo che non poteva rimanere in quel luogo, neanche fosse la casa di Jeffrey Dahmer. Avrei potuto rifiutarmi e andarmene, ma non sarei stato molto diverso dalle persone che hanno deciso di scappare via davanti al mio spettacolo. Qualcuno deve pur fare la differenza.

E così eccomi lì al microfono che dico: “Ehi, qualcuno di voi ha domande prima che parlo?”

Scena muta… iniziamo bene.

Parte un mio monologo sul concetto di Giappone che io voglio trasmettere, cosa che non viene recepita subito. Finalmente vengono stimolate le domande. Spiego a tutti “voi vi lamentate di quel video, ma se vi guardate attorno, il porno minorile giapponese vi viene propinato anche in eventi semplici. Il primo evento al mondo, il comiket, dedicato ai manga e anime, ha come vendita principale materiale pedo-pornografico, che secondo la legge giapponese non lo è solo perché non esiste una reale legge contro i personaggi di fantasia. Aka, “puoi disegnare cosa vuoi”.

Forse li sto convincendo, o forse pure loro non vedono l’ora di andarsene come me. Nasce un dibattito sul concetto di performance. Gli dico: “io faccio noise, non musica pop. Il noise è un genere basato sull’aggressività. Si chiama anti musica per una ragione, quindi quando vieni a vedere questo genere di musica sai cosa aspettarti. E il flyer (ripeto a tutti) è solo un semplice commento preso dalla rete, da un forum prima del 2018 in cui un tipo percula i fan delle lolita (scommetto che non hanno mai letto il libro di Nabokov) e usando termini aggressivi per fargli notare come il mercato sia malato. Se vuoi far pensare devi shockare la gente, perché un artista non può giustificarsi prima di fare arte. Il pubblico dovrà provare a capire ciò che ha davanti. Senza puntare il dito o fuggire via con i conati di vomito. E se poi c’erano dubbi su qualcosa, mi prendevate in disparte e ne parlavamo.”

Aggiungo qui in post discussione. In fondo è già successo col punk che da genere aggressivo (i fan dei Sex Pistol con le svastiche in bella vista per spaventare i genitori dei tempi) sia passato a qualcosa di più profondo e politico. Lo abbiamo fatto anche col metal. Il Death è passato dalla morte alla politica e al socialismo. Il black metal dall’andare a suonare in Corea del Nord ora è diventato solo  un’altra playlist spotify.

Il mio messaggio è abbastanza chiaro: noise is onaism. Io suono per me stesso prima di tutto, non per piacere al prossimo. Sono aggressivo e parlo di temi difficili, ma a differenza di un artista che va a San Remo, fa il transgre e poi chiede scusa appena perde un fan, assicurando che non ripeterebbe quel bacio perché ha capito di aver sbagliato, io non mi vergogno di niente.

Questa è la realtà che esiste tutti i giorni e non basta dire: io non voglio vederla per non farla più esistere.