Specialone Pestilence – Da Mallevs Malleficarvm a Spherebbasta!

Allora, questo articolo si occupa dei Pestilence da Malleus Maleficarum, anzi Mallevs Malleficarvm fino a Spheres. Ma perché focalizzarsi su tale trancio discografico, per altro il più celebrato e scontato? Non siamo mica a Classix Metal, qui, no?

Inoltre, tutto sommato quello che la band ha combinato dal ritorno di Resurrection Macabre a oggi non è meno Pestilence dei giorni gloriosi. C’è sempre stato Mameli dietro a tutto. E continua a esserci lui. Ciò che differenzia gli anni che vanno dal 1989 al 1993, rispetto agli ultimi venti, è che la band ha realizzato le cose fondamentali.

Anche oggi Patrick segue il proprio percorso evolutivo, non si è mai fermato a contare i peli delle palle, quell’uomo! Ma bisogna ammettere che in quei primi quattro album ci sarebbe stato già abbastanza. Poteva pure morire nel 1993 e oggi scriveremmo le stesse cose di quei dischi, probabilmente senza rimpiangere un seguito, poiché Spheres sembrava davvero il capolinea. Oltre non avremmo immaginato o auspicato.

Nei primi anni 90 c’era un sistema che favoriva l’evoluzione di certe band e molte di esse erano abbastanza irrequiete da auspicarne una. I Pestilence dichiararono già dopo Consuming Impulse (anzi Consvming Impvlse) di spregiare la scena death metal, così statica e autoreferenziale. Ne profetizzavano al morte clinica di lì a breve, cosa che per altro avvenne.

La faccenda più curiosa è che i Pestilence non immaginarono di morire pure loro, di lì a poco. Vedremo come avvenne questo decesso, ma non solo. Parleremo anche di tutto ciò che capitò prima e durante la inesorabile malattia creativa che condusse Mameli in un obitorio a tirare su la zip al sacco che conteneva la propria creatura.

Alla fine degli anni 80, le etichette discografiche dominavano ancora il destino dei gruppi; li sfruttavano, li fregavano. Oggi solo pochi felloni con la mentalità revisionista rimpiangono lo strapotere delle label di allora. Un po’ come quelli che si fanno venire la nostalgia della DC al tempo di Forza Italia e di Forza Italia al tempo di Putin che bombarda l’Ucraina, perché almeno allora Berlusca lo teneva occupato, lo aiutava a sfogarsi e così lui non pensava al progetto Grande Madre Russia – Il ritorno.

van Drunen e Mameli non rimpiangono quegli anni. Oggi tornano ai vecchi giorni esprimendo riserve su tutto: i dischi, le produzioni, la Roadrunner.

Sentite qui cosa dice il vecchio Martin:

I tipi della Roadrunner ci hanno usato, esattamente come usavano e avrebbero usato tutte le band più piccole per finanziare e lanciare quelle più grandi o semplicemente per aumentare i loro conti in banca. Ci devono ancora molti soldi, ma non possiamo dimostrarlo in tribunale. Per me, quelli della Roadrunner sono criminalità organizzata, come la maggior parte delle case discografiche. Non abbiamo mai ottenuto da loro ciò che ci spettava. Meno male che tutti possiamo scaricare musica da Internet, oggi. Alla fine questa cosa non ci permetterà di guadagnare sulle nuove cose che incidiamo, ma ucciderà tutte le case discografiche che hanno sempre incassato le royalties degli artisti. Tutte organizzazioni criminali. Fanculo loro.

Mameli in una intervista degli ultimi anni si è spinto anche oltre teorizzando la creazione di Spheres per costringere l’etichetta a licenziare la band e liberarla dal contratto capestro.

“Andavamo in tour, registravamo gli album migliori della nostra discografia e non vedevamo un centesimo. Spheres fu una provocazione. Cercavamo solo di mettere la Roadrunner davanti a un disco che non avrebbe mai potuto vendere. Non mi spiace che i nostri fans lo rifiutarono. Se l’avessero acquistato in massa non ci avrebbero permesso di liberarci”

Come idea mi sembra un po’ fantasiosa. Ma ne parleremo più avanti. Vediamo un po’ le origini dei Pestilence. Tutto cominciò quando…

Martin van Drunen: “quando conobbi Patrick. Lui si era unito a una band di amici miei che non durò molto, facevano solo cover”

Mameli: Io risposi a un annuncio su un quotidiano locale che diceva “la band X cerca un chitarrista” e così conobbi Randy Meinhard, che era amico di Martin. Iniziammo a suonare insieme e tutto finì qualche tempo dopo.

Martin: Mameli aveva 15 anni ed era già una promessa. Faceva Kirk Hammett meglio di quanto Hammett potesse fare se stesso. Ci sbalordì tutti! Io e lui andavamo d’accordo, entrambi amavano gli Slayer.

Mameli: Per la verità non sono mai stato molto coinvolto dagli Slayer.

van Drunen: Cavolo, eccome se lo eri. A quel tempo ti piacevano molto “Hell Awaits” e “Reign In Blood”, ricordi? In effetti, facevamo un sacco di roba degli Slayer in saletta.

Patrizietto Mameli

Mameli: Okkkk, in effetti mi piacevano ma non impazzivo per i soli di Jeff e Kerry. Quello che ci piaceva come collettivo in quel momento erano gli Slayer ma anche Possessed, Kreator, Exodus, SOD e Death. Voglio dire, l’anno era l’86 e non c’era molto in giro come solo l’anno successivo.

van Drunen: Insomma, quando io e Patrick fondammo una nuova band, a Enschede, un paio di anni dopo, sapevamo cosa fare. Enschede era per i Metalhead molto meglio di, diciamo, Amsterdam. Oltre all’est dei Paesi Bassi ha prodotto svariati gruppi Metal. Ma a parte il locale Atak dove suonavano tonnellate di band e che era anche la nostra sala prove, non c’era molto da fare.

Mameli: Eravamo influenzati dalla NWOBHM e dal thrash americano. L’inglese non era una barriera poiché molti di noi lo parlavano senza problemi. Poi avevamo diversi locali dove le band metal potevano esibirsi e un sacco di metallari che venivano agli spettacoli. Una banda completamente sconosciuta poteva trascinare facilmente 100 persone. Abbastanza perché il locale traesse profitto. Ed era così che crescevano le band al tempo. Imparare dagli altri e praticare. E qui nell’est del nostro paese, le persone erano orgogliose della propria scena e i sostenitori erano gasatissimi.

Martin: Partecipammo a un concorso chiamato Teutonic Invasion, sponsorizzato dalla Roadrunner. Gareggiavano band di ogni genere. Noi lo vincemmo e finimmo nella compilation “Teutonic Invasion Part two’ vincendo un contratto con l’etichetta che firmammo per la realizzazione di un disco, che poi fu Mallevs Maleficarvm. Inserimmo la V al posto della U perché al tempo eravamo molto giovani, studiavamo latino a scuola e c’era questa cosa delle V molto fica. E così pensammo di stilizzare il titolo in quel modo.

Martin “latoccopiano” van Drunen

Martin: Firmammo il contratto e subito dopo iniziarono a fotterci pesantemente.

Mameli: Non sapevamo cosa stavamo facendo. Fu un patto con il diavolo. Mi sembra che le royalties per noi fossero del 6%, che è quasi niente. Ma la Roadrunner era un’etichetta discografica veramente grossa ed eravamo così felici. Avremmo lavorato gratis per loro.

Di certo i Pestilence hanno realizzato quattro dischi che sono state tappe verso un cambiamento progressivo. Mallevs era sostanzialmente thrash-death. Consvming più death ancora ma tutto sommato con un’attitudine ancora molto diretta e senza grosse pretese.

E bisogna riconoscere che il gruppo ha sempre avuto ottimi produttori. Già nel primo c’era Kalle Trapp (Blind Guardian di Somewhere e i Destruction di Release From Agony); per Consvming invece toccò a Harris Johns (Voivod, gli Helloween di Walls Of Jericho)

Martin van Drunen: Questo che dirò vi farà male, ma penso che entrambe le produzioni di quei dischi facciano schifo! Kalle ci ha trasformato in un clone dei Destruction, perché aveva una mentalità ristretta riguardo i suoni. Il nostro suono specifico era molto più pesante che in “Mallevs…”, ma non poteva farlo uscire. Aveva questo suono alla Destruction nella testa e nient’altro. E questo lo rende un pessimo produttore se non riesci a far avere a una band il suo sound. Harris era molto meglio. Lo abbiamo scelto per via di “Killing Technology” di Voivod. Ora Harris poteva fare bene la cosa più importante, le chitarre. Suonano alla grande ancora oggi! Ma odio la mia voce in quell’album”

Un po’ come i Cannibal Corpse tra Tomb Of The Mutilated e The Bleeding, una parte della band, rappresentata da van Drunen, desiderava spingere al massimo, senza fronzoli e macinare del buon death metal. Il batterista Marco Foddis era con lui, più o meno. Mameli invece desiderava inserire nel sound del gruppo i suoi nuovi amori per il jazz e la fusion. E Patrick Uterwijk, l’altro chitarrista, era d’accordo a sperimentare in quella direzione.

Pestilence e Cannibal

Al tempo di Consvming Impvlse, il gruppo iniziò a raccogliere consensi in America, a seguito di un tour di successo. Purtroppo i Pestilence avrebbero dovuto fare i conti con questa doppia visione interna sulla direzione da prendere. Le cose si sbloccarono non perché Mameli era il capo e alla fine sarebbe spettato a lui decidere come muovere il gruppo, ma per il carattere ambivalente di Marco Foddis.

Mameli: Martin Van Drunen era stanco della vita “on the road” e aveva intenzione di dedicarsi a un progetto musicale differente da quello proposto dai Pestilence. (Dichiarazione ufficiale a Metal Shock del 1992)

Sentite cosa racconta Martin van Drunen a riguardo.

Primo, e una volta per tutte: sono stato io ad andarmene dal gruppo. Ed è successo tutto durante il tour negli Stati Uniti con i Death e i Carcass. Non riesco davvero a ricordare il “perché” e il “cosa” esattamente ci portarono alla separazione, ma molti casini si accumularono in poco tempo e quando tornai dalla Florida, dopo aver dato un’occhiata ai Morrisound decisi che era ora di chiarire ogni cosa.  Per prima cosa non ero felice di far produrre un disco a Scott Burns. Era l’ultima cosa di cui avessimo bisogno. Tornai nei Paesi Bassi e parlai delle mie perplessità con Marco e lui si disse d’accordo con me, poi sai cosa fece? Andò da Pat e gli spifferò tutto ciò che avevo detto, fingendo di non condividerlo.
Mameli mi ha convocato a un incontro con la band. “Bene,” ho pensato, perché avevo molte cose da dire. E in sala prove, quando sono entrato, è stato come trovarsi davanti a una Corte Suprema. Il procuratore Mameli mi ha accusato di pessime prestazioni, arroganza e alcolismo durante il tour negli Stati Uniti. Gran Giuria Uterwijk e Foddis annuivano e basta. Non dissi una parola… Mi voltai e urlai “Vaffanculo a te e alla tua banda di merda!”, sbattei la porta e me ne andai. Fu tutto.

Mameli al riguardo: “Ho sempre giudicato e ancora giudico il comportamento di Martin poco professionale. Durante il tour americano si ubriacava spesso, mettendo a rischio le esibizioni della band e poi era sempre più arrogante con noialtri”

E Martin: Arrogante? Io? Ma per favore, non lo sono mai stato e non lo sarò mai. Era lui che all’improvviso cominciò a comportarsi come una rockstar. L’alcool? In America? Cazzo, avevo bisogno di 48 lattine di birra per ogni spettacolo se volevo sentire un po’ d’ebrezza da quell’acqua del gabinetto che chiamano birra laggiù. Quindi non potevo ubriacarmi anche volendo, la pisciavo via a litri prima che mi desse alla testa… E comunque non sono mai stato sbronzo sul palco in quel tour. Mai.

Al di là delle ragioni ufficiali che causarono la separazione da van Drunen, era chiaro che Mameli avesse la personalità più forte e tenace, e che i Pestilence da lì divennero definitivamente una cosa sua. La propria idea di come dovesse muoversi il gruppo (Testimony e Spheres) concise con l’idea che la Roadrunner aveva di cosa farne dei Pestilence per il futuro.

 

Monte Conner ha ammesso di dover ringraziare le band death metal della prima ora, ma di aver capito presto come fosse limitante quel genere e di aver chiuso troppi contratti in fretta, poi pentendosene. I Pestilence desideravano cambiare, staccarsi dalla brutalità e introdurre soluzioni più melodiche e tecniche. Questo avrebbe significato una possibile accessibilità che un altro Consvming avrebbe impedito di sicuro e soprattutto un distacco dal solito death per diventare chissà, magari i nuovi Metallica.

C’era questa illusione tra il 1991 e il 1993, che Napalm Death, Morbid Angel, Entombed, Deicide, Death, Obiatuary e ancora tutti gli altri nomi grossi del genere che vi vengono in mente, almeno uno di questi sarebbe stato “il nuovo Metallica”. Non ridete, è così. Magari i Pestilence avrebbero potuto combinare qualcosa del genere. Testimony Of The Ancients, con la produzione giusta (Morrisound), il bassista figo Tony Choy e l’inserimento di tutta quella melodia, guadagnarono sicuramente i favori di un pubblico più vasto al punto che nessuno nel 1991 si sarebbe sognato di dare ragione a Van Drunen, già coinvolto con gli Asphix ma con dei lavori più essenziali e meno stimolanti del nuovo corso dei Pestilence.

La prima intervista italiana alla band su una rivista, risale ovviamente a questo periodo di maggiore popolarità. Si parte con Metal Shock e l’articolo a cura del solito Paolo Maiorino.

Paradossalmente, delle quattro interviste uscite da noi, due sono con il Patrick minoritario, Utervijk, personaggio che al principio, davanti a Maiorino, si comportò da gregario e portavoce di Mameli, sciorinando un entusiasmo per il nuovo corso di Testimony, come da programma. Invece qualche anno più tardi rivelò uno sfavamento molto più interessante, ma vedremo dopo.

Dopo Maiorino e Metal Shock, seguì a ruota HM con l’intervista a cura di una certa Amelia Borzi, la quale ammette nell’introduzione, siamo al Marzo 1992, che da Malleus Maleficarum (scritto senza la v al posto della u) e Consuming Impuls (anche qui niente v) non ci si sarebbe aspettati che i Pestilence potessero aggiungere qualcosa al panorama inflazionato del genere estremo. E non erano neanche tecnicamente eccelsi in quei due lavori.

Al microfono stavolta c’era Mameli che disse tre cose interessanti:

Tony Choy è solo un session man

Io penso che il death non potrà far altro che morire.

Mia madre è tedesca.

Testimony Of The Ancients è IL disco dei Pestilence. C’è un’interessante evoluzione sia nei suoni, l’uso delle tastiere e dei synth ma anche a livello tematico. Mentre i testi scritti da Van Drunen sono tutti sui quattro temi tipici di quegli anni per il genere estremo:

– vari modi di morire descritti al dettaglio

– esperienze post-mortem poco piacevoli

– la moderna scienza è il male

– la politica ci porterà a un nuovo genocidio mondiale e scatenerà un’apocalisse zombie

quelli di Mameli, passato anche alla voce, e Utervijk, sono più filosofici e profondi.

Mameli: Il tema principale attorno a cui ruotano le canzoni è l’eterna lotta tra bene e male. Ci sono degli spunti filosofici non indifferenti. In Land Of Tears ad esempio si parla di reincarnazione; in Twisted Truth si affronta la religione; la paura di essere dimenticati è toccata a The Secrecies Of Horror. Poi abbiamo canzoni che trattano temi quali l’Apocalisse o la Rivelazione. Comunque sono tutti brani che più o meno concernono il tema della religione. Testimony Of The Ancient è come dire: testimoni di ciò che abbiamo avuto dal passato, ogni cosa che ci è stata tramandata dagli antichi dei. È un titolo molto simbolico; vuole essere un simbolo per tutte le persone che vogliono trovare un interesse, una fonte e una motivazione nella propria vita. Volevamo fare qualcosa di diverso, distanziarci da ciò che rappresenta l’attuale scena death metal. Non abbiamo alcuna intenzione di essere uguali a una moltitudine di altri gruppi assolutamente identici. Vorremmo rappresentare qualcosa di diverso. Magari essere una sorta di band ispiratrice per altri gruppi a venire.

Testimony Of The Ancients ha alcuni dei momenti più lovecraftiani di sempre. L’intero disco sembra muoversi sul cucuzzolo di qualcosa di enorme e molto cattivo. Se volete ulteriori sbrodoli retorici sui contenuti, andate a leggervi le recensioni scritte dalle varie metalzinne nostrane. Io passo…

Martin van Drunen: I Pestilence sono andati decisamente nella direzione sbagliata. In seguito ho detto a Pat che era meglio avesse dato vita a un side-project in cui potesse impazzire con il jazz. Sphere è stata la fine per la band. Personalmente lo trovai orrendo, quando lo ascoltai al tempo in cui uscì e non ho cambiato idea oggi. Un lavoro completamente sbagliato.

Spheres è un album che vorrebbe far provare sentimenti ipnotici, è una specie di trip, un lungo viaggio durante il quale dovrebbe essere possibile provare tante sensazioni. Patrick Uterwijk.

Spheres è il solo disco che oggi ascolto davvero volentieri. Mallevs e Consvming li ho sentiti per tanto tempo ma non mi hanno mai impressionato davvero. Testimony è sempre stato un grande amore per me, ma devo ammettere che ora mi scivola via dalle orecchie come olio.

Spheres, che ascoltai molti anni fa e rifiutai subito, ora mi sorprende e mi seduce a ogni ascolto. Non vi dico che è un capolavoro incompreso. Ho ben presenti i limiti, le ingenuità che ci sono, ma cosa volete?, è il solo album che ha continuato a crescere negli anni, mentre noi tutti eravamo distratti dal Nu Metal e dall’11 settembre.

Mameli ci vende la puttanata di aver realizzato Spheres per sabotare la Roadrunner, ma credo stesse solo provocando il giornalista che lo intervistò in quell’occasione.

A rileggere le vecchie ciance cartacee è chiaro quanto il gruppo sperasse nel successo di quell’album e di come poi, la delusione totale delle vendite procurò a Mameli un vero collasso creativo, al punto di dichiarare conclusa la carriera dei Pestilence solo un anno dopo gli sproloqui vanagloriosi sul cammino intenso e imprevedibile della band post-Testimony, al punto di prendere le distanze da quel disco già allora.

Leggete gli estratti di questa intervista a Flash!

Mameli: da quando abbiamo finito il tour di Testimony abbiamo capito che quel sound non faceva più per noi. Il death puro e semplice è un genere assai limitante. Così abbiamo deciso di aprirci a nuovi orizzonti. Io ho iniziato a prendere lezioni da chitarristi Jazz e Marco a variare il suo modo di suonare la batteria. Inoltre come gruppo abbiamo dovuto modificare la nostra forma mentis. Prima eravamo la classica ottusa metal band che ascolta solo metal. Adesso siamo maturati e ci piacciono molte altre cose. Tutto questo influisce sullo stile e l’evoluzione dei Pestilence. Chi ci segue  dovrebbe essere avvezzo ai cambiamenti. Non abbiamo mai fatto un album uguale all’altro. Certo, stavolta il cambo è stato più netto del solito ma a noi andava così. Prima vengono i nostri gusti e poi quelli della gente. Se alla fine non coincidono mi dispiace ma non mi interessa. Voglio essere rispettato come un buon chitarrista e se suonassi death metal tutto il tempo, non potrei aspirare a tale traguardo.

Su Spheres non c’è più Tony Choy, troppo impegnato per dedicarsi davvero ai Pestilence. Il suo sostituto è un pischello secchione di nome Jeroen Thesseling “e viene dal conservatorio; è preparatissimo e ha suonato un po’ di tutto in vita sua: rock, pop, jazz e ora si dedica ai Pestilence”.

Certo un bel passo rispetto a Martin van Drunen, che nei primi dischi neanche suonava il basso perché era ancora troppo scarso.

Martin: Ehi, frena, frena, amico. Per prima cosa non suonai il basso quando incidemmo Mallevs perché mi stavo dedicando a quello strumento da solo sei fottuti mesi! Allora, come potevo stare al passo con Patrick che maneggiava la sua ascia già dai 15 ai 16 anni. Anche lui se ne rese conto e si offrì di suonarlo al posto mio. Lo stesso avvenne su “Consvming…”. Ma questa cosa ci ha risparmiato tempo. Io ci avrei messo una settimana per eseguire quelle parti mentre lui ci ha impiegato un giorno solo. Anche se al tempo del secondo disco avrei potuto pensarci da solo a registrare il basso ma chi se ne frega, tempo ed energie risparmiate. Dal vivo semplificammo tutte le linee in stile Tom Araya, per cantare e suonare assieme senza complicarsi troppo la vita nell’una o l’altra cosa.

A livello concettuale Spheres ha un approccio più realistico. “Le liriche” dice Utervijk, autore dei testi, “non trattano più i lati oscuri del vivere umano, come in passato. Per esempio, Mind Reflections, parla di quando una persona sogna e di come il suo cervello, che assorbe molte immagini e situazioni durante il giorno, continui a lavorare anche nel sonno. Changing Prospectives è a proposito dell’influenza che possiamo avere sul prossimo allorché cambiamo il nostro modo di pensare e agire.

Utervijk conclude sui testi però che “li scrive perché qualcuno deve farlo, a lui non interesserebbero. Ciò che conta è sempre la musica”

Il Patrick in seconda è qui, alla Francesca Fabi di Metal Shock, che però rivela un po’ di se stesso, suggerendo col senno di poi, un cambiamento di piglio molto meno fiero e ottimista rispetto all’intervista di un anno prima. Dice tre cose sostanziali:

– Me ne frego della scena olandese

– Ho 25 anni ma mi sento vecchio

– Non ho mai letto un libro in vita mia, li odio. Amo solo l’alcol e la musica, spesso fruendone assieme.

Mameli in un’altra intervista rilascia dichiarazioni d’ordinanza che oggi suonano abbastanza ironiche:

Le aspettative per Spheres? Ottime, e confermate dalla reazione positiva di molta gente a cui abbiamo fatto ascoltare il disco, sempre entusiasmanti.

La Roadrunner farà una massiccia campagna promozionale per noi e i Cynic (che stanno per uscire con il loro debutto) la quale avrà per titolo: The Breed Beyond (La razza aldilà) sponsorizzando così una serie di band sì heavy ma che vanno contro l’ordinario death metal, creando trame avventurose e intelligenti.

Figurarsi.

Martin van Drunen: era una balla. La Roadrunner non avrebbe mai mosso un dito per i Pestilence e molte altre band sotto di loro. Ora ti dico cosa successe al tempo dei primi due album, di quando ero io nel gruppo. Tutto quello che fecero per noi fu organizzare due concerti nel tour DRI/Gang Green (che era fottutamente ridicolo perché, ma che razza di stupido bill era quello!? Noi comunque andammo e spaccammo il culo ugualmente) e ci misero nelle mani di una promoter, una stupida bionda di nome Alexandra che era più interessata a scopare con i giovani membri della band (ma era una puttana brutta e cattiva) che a fare un buon lavoro. Dovemmo organizzarci ancora le date da soli, capisci. Lo facemmo sempre da noi. E facemmo spettacoli di una notte o di un fine settimana per promuovere “Mallevs…” e dopo “Consvming…”.

Ancora Martin: Muovendoci per conto nostro finimmo per avere abbastanza esperienza e contatti per organizzarci il nostro tour. E ‘The Bloodbrother Tour’ con Autopsy e Bolt Thrower ne fu la prova. In Germania i Bolt Thrower furono sostituiti dai Morgoth poiché i promotori laggiù avevano preferito quella band. Pensavano che avrebbero attirato più persone. Alla fine, tutto ciò di cui avevamo bisogno da parte della Roadrunner era che finanziassero le nostre registrazioni. Gestione, merchandising, promozione, pensavamo a tutto noi! I produttori dei nostri primi due album li pagammo di tasca nostra, quindicimila euro a zucca. A quel tempo, poco prima che me ne andassi, stavamo vagliando di passare alla Earache perché quell’etichetta aveva un sacco di belle band, ma alla fine anche la Earache si è rivelata un mucchio gentaglia (chiedi ai loro gruppi di allora). Vuoi sapere qual è la meno peggio di tutte le grosse etichette in circolazione? La Century Media.

Dopo Spheres, la band disse ufficialmente che quel disco li aveva condotti oltre ogni limite e che non potevano andare da nessuna parte, se non tornare indietro. Piuttosto si sarebbero separati. E così salutarono tutti e ringraziarono per l’attenzione avuta. Da lì Mameli si dileguò nel giro fusion per qualche anno prima di capire che non poteva fare a meno del metal, nonostante ne avesse preso ufficialmente le distanze. Marco Foddis vendette la batteria poco dopo lo scioglimento dei Pestilence e di lui non si sa più nulla, ma pure prima non è che si sapesse granché. Ha un lavoro normale e non ama rivangare i vecchi tempi. Non esistono interviste sue in giro. Patrick Uterwijk si riunì a Mameli nei primi anni di ripartenza della band, ma oggi non so nemmeno se sia ancora vivo. Sta male, non si sa esattamente di cosa e non c’è esattamente una cura che lo tiri via dalla merda in cui è scivolato.

Mameli è diventato un palestrato, ha il diabete, una fissa per le dietrologie e porta avanti a oltranza i Pestilence, cambiando musicisti di continuo. Per un po’ ha richiamato Tony Choy e persino il bassista di Spheres Jeroen Thesseling. L’unico con cui non suonerebbe mai e poi mai e che non ha mai richiamato nel gruppo, è ovviamente Martin van Drunen.

Martin: “Per la verità ci sentimmo una volta, credo nel 2000. Discutemmo di una sorta di reunion, ok? Quindi io iniziai a parlare di spettacoli dal vivo (che è il motivo per cui faccio tutto questo da una vita). Ma lui non voleva suonare il vecchio materiale. E la cosa non aveva senso per me. Voglio dire, immagina, i Pestilence suonano dal vivo e io sono il frontman ma non eseguiamo una sola canzone da “Consvming”? Ehi, ma scherziamo? La folla ci avrebbe linciati… Quindi, eccoci di nuovo lì. Completamente opposti.

Mameli: “Se un festival ti offre una cifrona per vedere la formazione “storica” dei Pestilence un pensierino ce lo fai…

Ma i soldi non sono tutto nella vita.