Sono un grande scrittore? No, ma vorrei esserlo. Il discorso riguardo queste due affermazioni è discutibile, ma non intendo veramente “essere” un grande scrittore. Ce ne sono di grandissimi che non hanno mai pubblicato una riga. Dentro di me ho sempre perseguito un doppio sogno. Essere un grande autore ed esserlo agli occhi di questa società. Ho desiderato scrivere capolavori della letteratura e allo stesso tempo di vincere il Nobel per aver realizzato quei capolavori. In una parola: ho desiderato essere altro rispetto a ciò che sono.
Sapete cosa si dice sull’avere un sogno e volerlo realizzare? Non c’è nulla di male. Spesso però, almeno parlando della mia esperienza, la realizzazione di questo sogno è una battaglia continua con la realtà dei fatti. Sogno e realtà sono i due poli in mezzo a cui ho sempre cercato di far valere la mia volontà; con risultati alterni, tra delusioni e speranze.
Sfiancante vivere così ma badate bene: solo così è davvero possibile vivere, stando nel mezzo tra queste due forze: la prima ti spinge verso la terra e la seconda ti vorrebbe portare tra le nuvole.
Da queste affermazioni vengono fuori una buona e una cattiva notizia.
La buona è che non dipende da me se sarò o meno un grande scrittore. Potrò metterci tutto l’impegno, il cuore e la follia del mio talento, ma non potrò determinare io l’esito di questa impresa.
Si tratta di una buona notizia perché mi solleva da ogni responsabilità rispetto a un eventuale fallimento.
La cattiva notizia è che io sono preda di questo braccio di ferro tra due forze magnetiche, rappresentabili nelle figure di un angelo e di un diavolo.
Non confondiamoci rapportandoli alla Cristianità: per me questi due opposti non sono buoni o cattivi. Rappresentano le forze di un solo grande istinto, che è l’unica vera, tangibile prova dell’esistenza di un dio: quello che tutti chiamano il bisogno di sopravvivenza.
Essendo conteso e sballottato tra questi due elementi magnetici in conflitto tra loro, io scorro avanti e indietro, incatenato all’asse che li lega e a cui essi fanno da capo e da piedi, agli estremi di una linea retta che rappresenta il mio percorso esistenziale.
Vi capita mai di avere l’impressione di andare in avanti e indietro, nella vita? Di progredire e regredire di continuo?
Ecco, se dite sì, vi conviene seguirmi ancora un po’, con il ragionamento.
Nella mia vita ho sempre desiderato diventare un grande scrittore e ora ho capito che anche diventandolo agli occhi del mondo probabilmente non lo sarò mai agli occhi di me stesso, forse per un minuto o un’ora potrei, ma presto o tardi finirei per chiedermi se sia davvero così. E non avrei risposta.
Credere di diventare un grande scrittore è dura ma non sempre. Capita a volte di svegliarsi la mattina e di essere certi di riuscirci, pieni di ottimismo e di ispirazione sul come e sul perché sarà davvero così. Poi succede di essere a un passo dalla porta di un grande editore, di sollevare il braccio per bussare e di esitare. Ricacciare il braccio lungo il fianco e tornare a casa.
Ho scritto diversi romanzi. Per me è sempre stata una gran fatica, una cosa di anni e anni, passati a riscriverli, mollarli, riprenderli, dedicargli giorni e giorni, con una ferrea determinazione. Ogni volta mi sono sempre domandato chi cacchio me lo facesse fare. Riuscivo ogni volta a finirli e poi… li mandavo all’editore sbagliato o li riponevo in un cassetto. E se li pubblicavo, cosa che è successa, credetemi, mi sentivo peggio che mai.
Credo che questa sia la condizione normale di qualsiasi artista. Lotta, vince e perde, di continuo con la propria volontà di crederci o meno. Avere fede non significa mandar giù la panzana dell’immacolata concezione o di un dio con la barba, di un Inferno e un Paradiso. L’inferno e il Paradiso siamo noi, sono in noi, e la fede è in noi stessi. Sempre.
Se io provo a essere un grande autore, il mondo può sorridermi subito, farlo dopo anni o addirittura una volta che sono morto, ma il punto non è cosa succede fuori di me. Questa cosa l’ho capita, tardi, ma l’ho capita. Anche il più grande artista che voi possiate sognare di essere, aveva il sospetto di non esserlo e di ingannare se stesso e tutti quanti gli altri. Fellini era convinto che presto o tardi avrebbero sgamato tutti che i suoi capolavori erano delle fregature clamorose. Tutti, da La dolce vita a I vitelloni.
Non è un caso che molti scrittori alla fine si siano suicidati, ma io credo che questo sia successo non perché stanchi di un conflitto interiore: è stato per averlo risolto, il conflitto.
Io ho un papà e una mamma. Non voglio ridurre tutto al solito teorema freudiano, ma un po’ è così. Mia madre ha sempre detto che per vivere bene avrei dovuto lasciar perdere le velleità artistiche e prendermi una laurea che mi consentisse di avere un lavoro “vero”, solido, redditizio.
Mio padre invece ha sempre incoraggiato i miei progetti di scrittore. Mi ha addirittura finanziato delle cose e ogni volta che ho pubblicato un libro si è fatto in quattro per dirlo lui stesso al mondo e vendermene copie. Le comprava dall’editore e andava a piazzarle di persona ad amici, parenti e sconosciuti per strada.
Mia madre invece, quando leggeva il mio nome su una copertina si sentiva profondamente in imbarazzo e delusa. Non è che le mie cose non le piacessero, solo era terrorizzata che potessero leggerle tutti.
I miei genitori hanno incarnato le due forze di cui sopra e non credo sia un caso. Le coppie di solito si integrano. Un uomo concreto, realista, si sposa con una sognatrice. Una donna materica e dai principi solidi perde la testa per un artista.
Nello specifico, mio padre è disordinato, mia madre maniaca dell’ordine. E così via.
Queste due entità che ci allevano, i nostri genitori, ci plasmano e ci rendono ciò che siamo. Imitandoli oppure opponendoci a loro come modelli, finiamo per introiettarli come queste due forze opposte. E ci portiamo dietro le loro frasi, i loro imput per tutta la vita, illudendoci che siamo noi a pensare quelle cose che ci girano nel cranio.
Tutto questo è frutto dell’amore, sia chiaro.
Essendo mamma e papà entrambi innamorati di noi, vogliono solo che stiamo bene e che scegliamo di condurre una vita sana e sicura. Ecco perché vi dico che la forza che vi vorrebbe rinunciatari rispetto ai vostri sogni, non vi vuole male. E la forza che invece vi esorta a crederci non è la sola buona e simpatica, solo perché vi spinge a lanciarvi nel vuoto dicendovi che forse potreste scoprire di essere degli uccelli meravigliosi… o forse no.
Tutte e due vogliono condurvi dove non soffrirete. Mammà, la forza che vi richiama al mondo reale, fatto di impieghi noiosi e solidi, sente che così non avrete mai fame e non dovrete subire la ferita dei rifiuti, delle derisioni e delle sconfitte creative, dell’indifferenza del mondo e via dicendo. Papà, la forza del sogno creativo invece vi promette una totale realizzazione e un approdo in un mondo in cui le fantasie divengono vere, avrete tutto ciò che desiderate e il mondo vi amerà senza condizioni.
Le due forze si danno battaglia tutta la vostra vita senza mai vincere. Non vincono e non vinceranno mai, mettetevelo in testa. E il fenomeno che lo prova è evidente.
Quando una delle due sta per vincere, le cose si mettono in un modo tale che vorrete tornare al centro dell’asse.
Faccio un esempio sempre prendendo la storia di me che voglio essere un grande scrittore eccetera. Un giorno decido di realizzare un nuovo romanzo. Subito la parte contraria mi elenca le ragioni del mio probabile fallimento, facendo anche leva sulle mie precedenti esperienze negative. Eppure io seguo la forza che mi dice: vai, bravo, provaci ancora, vedrai che stavolta ci riesci.
Finisco il libro e lo spedisco a un editore. Non succede nulla. Esito un momento, ho paura, sento dolore. Ed ecco che la parte contraria riguadagna tutto quello che ha perso. Metto il libro in un cassetto e mi riprometto di non scriverne più.
Se però io tengo parola a questo e decido di dare retta una volta per tutte a mammà, dopo due settimane di vita senza più sogni e illusioni di essere un grande scrittore provo noia e dolore, quindi riprendo posizione nel mezzo delle due forze, perché la via della parte concreta, reale, del lavoro vero e basta cazzeggiare, è orribile. Solo con i sogni posso tenermi un normale impiego. Solo con le illusioni posso sopportare il mondo reale.
Quando dico che non dipende da me, intendo che queste due forze mi possiedono e mi usano, ma non vogliono perdere o vincere. Nessuna delle due chiede davvero che io mi schianti su di una o sull’altra. Entrambe sanno che la vittoria di una significherebbe la morte di entrambe. E siccome tutto (e per tutto intendo proprio tutto, dalle sopracciglia ai pensieri che mi si agitano dietro la fronte) tutto vuole vivere, inclusi gli incubi e i vizi, anche queste due potenze non fanno altro che cercare di rimanere in piedi.
E usano me per riuscirci.
Realtà e sogno. Ci domandano fin da bimbi di allontanarci dai secondi e accettare la prima, non è vero? Ma chi ce la fa, davvero? Io non posso rinunciare a nessuna delle due cose. Se scegliessi i sogni impazzirei. Se abbracciassi la realtà e voltassi le spalle alla fantasia, mi sparerei poco dopo.
Il discorso è più complesso di quello che sembra.
Vi siete mai domandati perché Dio, che è così onnipotente, non sconfigge il diavolo e non allaga l’Inferno?
Perché Dio e il Diavolo sono due forze che hanno bisogno l’una dell’altra.
E necessitano di un uomo che sia conteso o che oscilli tra queste due forze per continuare a esistere.
Ecco perché nonostante l’uomo sia talvolta orrido, stupido, indifendibile, nessun diluvio o ecatombe nucleare lo spazzerà via. Bene e male, dio e diavolo, angeli e demoni, realtà e sogno, terra e cielo, chiamate gli estremi come vi pare, giocano entrambi una partita a scacchi con il nostro culo.
Una partita che non vogliono assolutamente perdere. E questo perché se il bene vincesse o il male vincesse, entrambi cesserebbero di avere un senso e di esistere.
Quindi ora io ho un nuovo romanzo fatto e finito tra le mani. Mi domando come sia riuscito a realizzarlo, dopo quattro anni. E devo resistere all’impulso di scaraventarlo fuori dalla finestra. E cominciarne un altro.