Non nascondo di aver conservato per anni un’impressione sbagliata in merito a questa band. Ero sicuro che dopo i primi tre album ci fossero una sfilza di prodotti mediocri, innocui e persino imbarazzanti. Invece mi sbagliavo. O meglio sì, ci sono dischi mediocri, innocui e imbarazzanti, ma ce ne sono altri piuttosto buoni. Non mi credete? Peggio per voi, ma se avrete la pazienza di seguitare con la lettura di questo luuuungo articolazzo, magari vi verrà voglia di esplorare la discografia degli L.A. Guns dopo il 1995.
Noi siamo quella band che ha qualcosa come 48 membri in archivio e per lunghi tratti ci sono state due versioni distinte e parallele degli L.A. Guns (leggi el ei guns). Immaginate quindi che traffico. Ma non importa se ci sono in giro quindici diversi gruppi che si spacciano per gli L.A. Guns. Perché gli L.A. Guns saremo sempre e solo io e Tracii. (Phil Lewis)
Il rapporto tra Tracii Guns e Phil Lewis è da studiare in un contesto romantico. I due si sono molto amati all’inizio; come in una qualsiasi storia d’amore, quando si prefigura l’altro nel modo in cui abbiamo bisogno di immaginare che sia. E poi sono arrivati a odiarsi; quando si scopre che l’altro non è chi speravamo che fosse, anzi è un traditore, bugiardo, pezzo di m. eccetera eccetera. Così, i due sono giunti al divorzio, la separazione, più in là hanno avuto bisogno di notificare la metratura della voragine che li divideva con una corrispondenza orale di messaggi “d’amore” a distanza, tramite i media e gli avvocati, quindi figuratevi. Infine, al momento in cui nessuno se lo sarebbe più aspettato, bang, i due si sono riconciliati, scoprendo quello che si realizza dopo aver trascorso tanto tempo a odiare un ex: vale a dire che non si è mai smesso di amarlo.
Del resto, vent’anni di guerra (dal 1994 al 2017) non sono stati un banale problema di comunicazione.
Potrebbe darsi, ma è inutile che ora domandiate a quei due come mai ci abbiamo messo così tanto a chiarire a se stessi di aver bisogno l’uno dell’altro, al punto di dover risolvere le difficoltà personali e riunirsi sotto lo stesso monicker.
Phil Lewis e Tracii Guns sono gli ingredienti alla base dei migliori album degli L.A. Guns e probabilmente dell’intero genere street glam, come lo si definiva a inizio anni 90 sulle riviste metal italiane. Lo streeet glaaamm.
Chiosa: Su HM nel 1990 qualcuno scrisse che lo street glam era un recupero delle vecchie sonorità anni 70 in un contesto più moderno e sgargiante. “Tipo i Motley Crue che incontrano gli Aerosmith di Rocks”.
A dire il vero gli L.A. Guns non sembravano una nostalgica rivisitazione dei vecchi eccessi glitter-rock britannici. Loro mettevano insieme gli Stones, il punk e gli W.A.S.P. almeno agli inizi.
LE ORIGINI (1983-1987)
Tracii Guns: Nascemmo intorno al 1983-84. I nomi grossi allora erano W.A.S.P. e RATT. Quando poi creammo i Guns N’ Roses, ecco che perfezionammo la nostra ricetta a base di ingredienti heavy, ma anche un po’ blueseggianti e una spruzzata di punk. Era la torta perfetta.
Ok, lo sanno quasi tutti questo, ma forse c’è un lettore o due che non conoscono la primissima parte della storia. Tracii Guns si chiama Guns, ok? E quando conobbe Axl Rose, questi suonava in un gruppo di cover a nome Hollywood Rose. I due decisero di unire le forze e arrivarono a sancire l’alleanza mettendo i propri cognomi nel monicker della nuova band: Guns N’ Roses.
A sentire Tracii, non si capisce bene come stiano le cose tra lui e l’epopea dei GNR. Ci sono volte in cui fa capire, come nella dichiarazione qui sopra. Ci sono altre volte in cui minimizza e dice che in fondo lui trascorse pochi mesi in quella band e che non c’è una sola canzone che abbia scritto per Appetite For Destruction.
Certo, Tracii sarebbe stato un coglione a non sfruttare quella parte del suo curriculum per farsi pubblicità, nel 1988, al tempo del primo album degli L.A. Guns. Erano i giorni del pieno boom di Appetite, ma probabilmente qualcosa di suo in quel disco c’era finito; magari impastato così bene con le cose di Izzy e Axl da risultare impossibile rivendicarne la paternità.
Tracii: “Avevo lavorato su alcune canzoni degli Hollywood Rose e aggiunto al repertorio della band altri pezzi degli L.A. Guns in versione molto più pesante. Nessuno ha usato quelle versioni ma i brani degli Hollywood su cui avevo messo mano anche io sono diventate poi le tracce classiche del primo disco dei Guns N’Roses. È stato bello perché io e Izzy eravamo molto sistematici su come suonare insieme nella band. È stato divertente strutturare le canzoni degli LA Guns e degli Hollywood Rose per due chitarre. Più di ogni altra cosa è stata questa l’esperienza incredibile. In quel momento ho davvero imparato a suonare con un altro. Izzy è così talentuoso – non come un vero maestro e sicuramente non è una cima tecnicamente – ma ha un cervello brillante per la musica.
E come mai Tracii ha mollato i Guns N’ Roses?
Le sue versioni anche qui sono due. Due lati di una stessa storia, come direbbero i Firehouse.
La prima è che li considerava una band senza futuro e quindi preferì investire le proprie energie su un progetto più ambizioso. Che ci crediate o no, molti sostengono questo.
La seconda, e lo dice lui, è che litigò con Axl a causa di una certa…
Tracii: Michelle Young, la famosa My Michelle, esatto. Io e Axl litigammo di brutto per lei. Fu la prima e l’ultima volta che successe. Fino a quel punto eravamo andati molto d’accordo. Ma quel giorno ce ne dicemmo di ogni. Da lì facemmo ancora un paio di spettacoli insieme e poi la cosa finì e me ne andai. Semplicemente non era più divertente. Probabilmente avevo 19 anni e ti giuro che io pensavo già allora che quella fosse una grande band, e amavo quei ragazzi, ma non valevano la mia infelicità. A quell’età non pensavo ad affrontare certi problemi. Così ripresi gli L.A. Guns e non mi voltai più indietro.
All’epoca il cantante era Paul Black…
PAUL BLACK: Ero in un club goth di Hollywood e sono svenuto al bar. Mick Cripps si è avvicinato a me e mi ha dato una gomitata sulla spalla. Mi sono svegliato, mi sono girato e ho visto questo ragazzo con i capelli neri e folti, il trucco e la maglietta da pirata che mi fissava. Mick ha detto “hey, stai bene, suoni uno strumento? Cosa suoni?” Ho detto sì, un po’ di tutto. Mick ha detto “Fantastico, voglio che tu mi aiuti a mettere insieme una band, ma devono tutti avere un bell’aspetto”.
Non tutti sanno che per un po’, all’inizio della loro storia, anche i Guns N Roses si sdoppiarono.
MICK CRIPPS: Quando conobbi Tracii aveva lasciato da poco i Guns N’ Roses, quindi decidemmo di fare un nuovo gruppo insieme. Lui aveva già tutti i poster e le cose del suo vecchio progetto ideato con Axl Rose. Per ottenere al volo qualche concerto subito, usammo lo stesso nome. Lo facemmo per non dover inventare un nuovo nome, tutto lì. Essendoci per metà il nome suo, Tracii credeva di avere tutto il diritto di usarlo ma poi cambiò idea e scelse di tornare al vecchio nome che usava prima di Axl. L.A. Guns.
PAUL BLACK: All’epoca suonavo la batteria in una band, ma non mi permettevano di fare le mie canzoni. Così ho detto a Mick “Ok, farò con te una band collaterale in cui portare in giro la musica che ho scritto” e lui era d’accordo. Gli ho fatto sentire un paio di pezzi e gli piacquero. Cercammo altri elementi ma ogni volta che provavo a spiegare ai cantanti come intonare le mie canzoni, mi riducevo a cantarle tutte io da dietro i tamburi. A quanto pare, generalmente i cantanti non gradiscono essere guidati da un batterista su come cantare un pezzo, specialmente quando il resto dei musicisti dice che dovrei essere io il cantante, proprio di fronte a loro. Alla fine passai del tutto alla voce, anche se non avrei voluto mollare la batteria.
Appena fu chiaro che Black avrebbe dovuto occuparsi del microfono, Tracii si diede da fare per cercare un nuovo batterista. Scelse il giovane Nikey Alexander, un gran bravo ragazzo a quanto dicono tutti quelli che lo conoscono, ma non proprio all’altezza delle aspirazioni del gruppo. Tutt’altra questione per il bassista che sempre Tracii ingaggiò, un tipo in gamba e di un certo livello professionale, anche se in un momento di svendita. Signori, Kelly Nickels.
KELLY NICKELS: Tracii mi ha dato un lavoro quando mi ero rotto una gamba. Ero rimasto gravemente ferito in un incidente in moto nell’ottobre 1986, mentre ero un membro dei Faster Pussycat. Loro mi rimpiazzarono subito e quindi mi ritrovai senza un gruppo dall’oggi al domani, per giunta invalido. Beh, Tracii mi volle negli L.A. Guns mentre ero convalescente e di pessimo umore esistenziale e questo non me lo scorderò mai.
MICK CRIPPS: Le cose con Paul, Nikey e gli altri non andarono male, tutt’altro. Però probabilmente apparivamo ancora un po’ troppo acerbi e il contratto non arrivava. Così il nostro manager iniziò a pensare che ci mancasse qualcosa per convincere le etichette che eravamo all’altezza. A farci da manager c’era Allan Jones, che era un gallese puro e che aveva suonato in diverse band negli anni Sessanta, incluso gli Amen Corner. Possedeva dei club e altre cose in Inghilterra oltre a diversi negozi di abbigliamento a Melrose. Fu lui a portarci Phil Lewis dei Girl. E quando avemmo Phil come cantante, beh, firmammo subito e tutto decollò alla grande. Purtroppo dovemmo licenziare Paul.
PAUL BLACK: Non fui rimpiazzato perché non ero all’altezza come vocalist. Penso che l’ego e i disaccordi sulla direzione musicale abbiano inasprito le cose. Siamo diventati tutti rockstar prima ancora di vendere un disco. Ho anche avuto un grosso problema con l’etichetta discografica e il management: cercavano di dirmi come scrivere le canzoni. Volevano che smorzassi i toni con i miei testi. I primi due gruppi ingaggiati dalla PolyGram furono i Cinderella e i Bon Jovi e questo era il tipo di materiale che mi chiedevano di scrivere. Ma io odiavo farlo. Mick, Tracii e Nickey volevano solo essere sicuri che avessimo l’accordo e mi chiedevano di non spaventare l’etichetta. In una certa misura ci provai, però non del tutto. Non volevo compromessi. A peggiorare le cose c’era che mi stavo sballando. Il nostro manager pensava che ormai fossi fuori controllo e fondamentalmente troppo radicale per la PolyGram. E immagino di esserlo stato. Insomma, lui e gli altri pensarono che non avrebbero potuto assicurarsi l’accordo a meno che non mi fossi ripulito conformandomi artisticamente alla loro visione di ciò che avrebbero dovuto essere gli L.A. Guns, ma io non accettai. Però guarda un po’, tutti loro volevano la mia musica, la mia immagine e la mia voce. Io mi disintossicai dopo aver lasciato il gruppo. Non bevevo più, non fumavo e non mi sballavo. Ed è ironico che lo stile di vita da cattivo ragazzo per cui eravamo così famosi al tempo, sia ciò che alla fine mi aveva lasciato fuori dai giochi.
PHIL LEWIS: Appena entrato nella band dovetti fare quello che si chiama un salvataggio. Prima di me c’era stato un cantante che non era molto bravo. Sì, Paul Black non era un cantante molto bravo, mi spiace. Originariamente era un batterista. Poi aveva deciso che voleva diventare un cantante. Avrebbe dovuto continuare a suonare la batteria, per quanto mi riguarda, sai? I suoi testi non avevano senso. Quindi appena mi unii al gruppo, loro avevano già inciso la musica ma dovetti rielaborare le parole, ed è possibile che “Never Enough” una volta si chiamasse “Looking Over My Shoulder” o qualcosa del genere.
PAUL BLACK: Quando uscì il disco e lo ascoltai, mi incazzai come una bestia. Ma ero arrabbiato non tanto perché Phil aveva mutilato i miei testi e le mie melodie, quello poteva anche starci. Però non mi avevano accreditato. Se avessero messo anche il mio nome non gli avrei certo fatto causa.
PHIL LEWIS: Sai una cosa buffa? Quando Paul Black e Tracii si sono riuniti dopo che i Tracii Guns hanno iniziato la seconda versione della band negli anni duemila, dicendo “ehi mondo, questa è la band originale”, non sono mai riuscito a capire perché hanno fatto la mia versione delle canzoni e non quella di Paul.
A Paul Black non andò benissimo, ma nemmeno Nikey Alexander se la cavò meglio. Lui incise gran parte dei brani, ma si vide sostituire ancora prima che il disco fosse finito. Al suo posto arrivò un top player già in forza agli W.A.S.P. nel periodo che va da The Last Command a Live… In The Raw. E a detta di tutto il gruppo e di chi orbitava intorno a esso, fu il vero innesto decisivo. Molto più di Phil Lewis.
PHIL LEWIS: Sì, Beh, Nickey era a posto come persona, ma non un batterista molto in gamba, purtroppo per lui. Poi, una volta che il disco fosse uscito era ovvio che avremmo fatto parecchi tour e la prospettiva non è che lo facesse impazzire. Era un tipo che amava bazzicare i club di Hollywood e basta. Non ci si vedeva in giro per il mondo a calcare i palchi europei o giapponesi. E così lasciò. Non lo rimpiazzammo. Si rese conto che non era all’altezza. Tutto qui”.
E così arrivò Steve Riley, che Tracii aveva incontrato al Rainbow una sera. I due avevano parlato ed era venuto fuori che il batterista non si trovava più bene con gli W.A.S.P.
STEVE RILEY: Venivo dalle incisioni di “Inside The Electric Circus” . Poco prima di entrare in studio, Blackie aveva licenziato Randy Piper. Era stata una sensazione terribile registrare quell’album senza Piper. C’è dentro del buon materiale, non lo nego, ma avevamo appena perso Randy. Era una parte importante del nostro sound e penso che fosse davvero notevole come musicista. Da lì in poi l’atmosfera nel gruppo si era guastata e non volevo più starci. Mi sfogai un po’ con Tracii e lui…
TRACII GUNS: …Io gli domandai di unirsi a noi, senza aspettarmi un sì.
PHIL LEWIS: E invece Steve entrò nella band. E posso dirti che non avevo mai suonato con un batterista bravo come lui. Mi colpì davvero tanto. Conosceva la musica e capiva il rock più di tutti noi messi insieme. Con Steve passammo all’improvviso dall’essere una specie di gruppo glam di culto a questa macchina solida come una roccia.
A confermare le parole di Lewis arriva un testimone di quegli anni, il tour manager della band fino al 1988, Mike Corcione:
MIKE CORCIONE: CORCIONE: Musicalmente prima suonavano diverso da come il mondo li ha conosciuti. La differenza era stata come mettere Peter Criss nei KISS e poi Eric Carr nei KISS, capisci? Ma Steve non solo ha fatto crescere la band sul piano tecnico, lui ha rilevato gli affari. Nessun altro voleva occuparsene. Steve da quando è arrivato ha gestito tutto. Era stato negli WASP ed era molto più esperto e stagionato degli altri.
Phil invece veniva dai Girl e penso che fosse stato in tournée in Giappone e in giro per l’Europa, ma non era come andare in tour in America, con la PolyGram Records alle tue spalle, capisci?
La PolyGram all’epoca aveva gli Scorpions, i KISS, Bon Jovi, Def Leppard, Cinderella: era una super-etichetta. E c’erano questi quattro ragazzi scapestrati e selvaggi. Non avevano speranza di raccapezzarsi in un sistema così grande e vorace. Con l’arrivo di Riley, più avanti con l’età, sposato ed esperto su tante cose del business, tutto si allineò perfettamente e gli L.A. Guns furono pronti a gestire la grande reazione che il loro album d’esordio avrebbe suscitato.
Non tutti sono d’accordo con questo, ovviamente, e lo stesso Tracii dopo anni si è ricreduto a riguardo. L’opinione di Corcione e altri che erano presenti sin dall’inizio è che i nuovi innesti da una parte furono sì una necessaria operazione chirurgica in grado di trasformare una eccitante ma acerba versione del gruppo in qualcosa di più competitivo e presentabile al mercato, ma l’addio di Black e Alexander compromise infine la naturale wilderness, cruenta e genuina, della formazione sconosciuta.
IL PRIMO DISCO NON SI SCORDA MAI, PERO’ IL SECONDO E’ VENUTO MEGLIO… (1988-1990)
TRACII GUNS: Quando è uscito il nostro primo disco avevo 21 anni. Pensavo di essere io a dettare le tendenze.
C’è chi racconta il momento tra il contratto e l’incisione del primo album degli L.A. Guns, come una fase di grande eccitazione e determinazione, ma solo chi la vive da fuori può immaginarlo così. Per Tracii e gli altri ci fu da cagarsi addosso. Erano finalmente giunti dove volevano arrivare, al contratto e all’album, ma era come una finale secca per loro. Se la perdevano, allora tutto sarebbe andato subito in malora.
TRACII: Al tempo facevamo il tutto esaurito nei club di Los Angeles, ma se avessimo registrato un disco di merda, beh, sarebbe stata la fine. Tutto quel duro lavoro nei club ci aveva aiutati a rimediare un contratto, ma non ci dava per nulla una mano a uscire con un bell’album. Un gruppo, una volta in studio è come se dovesse reinventarsi da zero, rendere in una dimensione molto diversa il succo di ciò che è. Ma cosa è, esattamente? Non lo sai. Ti rendi conto che non hai un suono tuo, non ancora. Allora iniziano a domandarti a chi vuoi somigliare. Agli W.A.S.P? Ai Crue? Erano i miei gruppi preferiti di allora ma io sentivo che non dovevamo avere davvero nulla di simile a loro. Dovevamo essere Noi.
Già, ma chi erano davvero gli L.A. Guns del 1988?
L’album d’esordio resta uno dei classici della band, ma non vanta fin dall’inizio la commistione creativa Lewis/Guns. È un po’ come il primo album dei Guns N Roses, che era composto di canzoni realizzate da un sacco di gente e poi incise e portate al successo da quella formazione lì. Le parti ritmiche erano state registrate da due batteristi diversi: Nickey Alexander e Steve Riley. I testi e le linee melodiche dei pezzi erano passate per l’estro e l’ispirazione di due cantanti diversi: Paul Black e Phil Lewis.
Ascoltando oggi L.A. Guns sembra abbastanza chiaro di cosa si tratti: il primo urlo fiero e rabbioso di una rock and roll band selvatica e spumeggiante, rozza e tagliente, non ancora addomesticata alle tendenze radiofoniche ma con un gran potenziale in quel senso.
TRACII: Il disco venne fuori come doveva venire. Non ha influenze evidenti, non lo puoi assimilare al blob hair metal che c’era già nell’etere. Eravamo una cosa a parte che si addizionava al resto. E se fossimo andati in malora subito dopo, sarebbe rimasto un testamento definitivo già lì. Oggi penso che L.A. Guns sia da sempre stato ciò a cui vorrei che il gruppo somigli ancora.
Se per Guns è ancora così, Phil l’ha sempre pensata in maniera diversa. Per lui l’album definitivo rimane Cocked & Loaded, che poi, numeri alla mano, è il più grande best-seller della band e il solo momento di tutta una carriera, almeno fino alla reunion del 2017, in cui Traci e Phil sono davvero stati grandi amici e in totale connessione creativa. A parte oggi, certo.
MIKE CORCIONE: Basta con queste fanfaronate di Phil Lewis. Dice sempre che erano solo lui e Tracii a tirar fuori il meglio del gruppo ma non è così. Gli L.A. Guns erano quei cinque ragazzi. Cinque. Per esempio, Kelly è stato il principale autore di “The Ballad of Jayne” e il riff di “Rip And Tear” è di Mick Cripps… Quindi piantiamola, la band non sono stati sempre e solo Tracii e Phil.
Corcione inoltre sostiene, col senno di poi, che proprio come nelle relazioni all’apice, tra l’88 e il 90 c’era già il verme della discordia che li stava divorando.
Eh, sì, proprio quando le cose sembravano al massimo, la corrosione era per strada. Ma questo non vuole sminuire un momento eccezionale e tanto meno negarlo.
PHIL LEWIS: Cocked… è il primo vero album degli L.A. Guns. Fu il primo che scrivemmo insieme da zero. Penso che fossimo cresciuti molto perché eravamo stati così tanto in tour a promuovere il disco d’esordio. Quando entrammo di nuovo in studio per iniziare il secondo, avevamo una buona intesa e volevamo scrivere una cosa migliore di “Appetite…” dei Guns. La competizione con loro c’era, eccome. Il nostro primo album non poteva essere paragonato a quello, certo. Suonava come un demo, per quel che mi riguarda. Quindi eravamo spinti a far suonare il nostro secondo disco meglio di Appetite ma… Oggi sono certo di poter dire che non ci riuscimmo. Con buona pace nostra e degli stessi Guns e di tutti quelli che al tempo cercarono di batterli e scavalcarli in classifica. La realtà è che Appetite for Destruction era fenomenale, e anche gli stessi Guns N Roses non poterono mai più batterlo.
Cocked & Loaded è un disco enorme, probabilmente l’apice compositivo degli L.A. Guns, quello dove c’è l’hit per cui ancora oggi la band è celebrata alle gare di karaoke:, The Ballad Of Jayne. Grazie a quel lento dalle uova d’oro, che la PolyGram aveva chiesto e ottenuto, gli L.A. Guns vendettero tantissimo; aiutati pure da un mega-tour di supporto agli AC/DC.
E mentre Cocked & Loaded raggiungeva comodo comodo le cinquecentomila copie, qualcosa nell’aria cominciò però a pizzicare il collo di Lewis e degli altri. Il rock era ormai il signore delle classifiche di vendita. Ovunque in America si ballava al ritmo dei Crue, Leppard e Bon Jovi ma…
COME VAMPIRI IN UN CIRCOLO VIZIOSO (1991-1995)
PHIL LEWIS: Era tutta una giostra. Salivi, ti eccitavi un po’ e poi tornavi a succhiare la tua coca-cola all’amarena. Il rock americano, al tempo di Cocked era diventato troppo soft e stupidotto… sai roba come i Nelson. A un certo punto, sembrava che l’unica cosa che contasse fosse come apparivi, non quanto eri bravo con la tua musica. I Pretty Boy Floyd, la peggiore band che tu abbia mai ascoltato in vita tua, avevano speso mezzo milione di dollari per un album e 100.000 dollari per i video, e puzzavano di fregatura. Sai, era troppo. Era diventato tutto così ridicolo”
Quando il gruppo tornò in studio per incidere Hollywood Vampires l’intento ufficiale era quello di superare il successo di Cocked, e c’era un discreto ottimismo a riguardo, ma solo discreto…
Poco prima che il disco uscisse, già circolava nelle redazioni delle riviste l’advance tape del terzo album, si era sparsa subito la voce che il gruppo avesse rinnegato le sue “radici elettriche” per una conversione commerciale indirizzata a un mercato più ampio; cioè in pratica l’accusa postuma di Lewis all’ondata ammorbidente che aveva inflazionsato il metal di Los Angeles sul finire degli anni 80, era stata estesa al suo stesso gruppo.
A non far pensare bene i fan ci fu anche una serie di dichiarazioni tiepide di Phil ai giornali, in cui parlava di “evoluzione naturale e necessaria”. Intanto Tracii prese parte al super-progetto di Michael Shenker, Contraband. Lewis plaudì la cosa in pubblico, ma sotto sotto gli rodeva. Più che altro perché la presenza di Guns in sala d’incisione era diventata sempre più rara. Partecipava poco alla stesura dei brani e non sembrava molto interessato alle sorti della band in un momento davvero decisivo, quello della riconferma ai massimi livelli.
Tracii con i Contraband non combinò granché, però da lì inaugurò una serie di relazioni parallele alla band madre che portarono solo guai e pochi guadagni.
STEVE RILEY: Direi che il disco meno preferito su cui ho lavorato è stato “Hollywood Vampires”. Non per il materiale. Adoro quello che abbiamo fatto lì, ma non mi piaceva l’atmosfera che c’era attorno. Era un po’ come una sensazione di esaurimento e in più scegliemmo un produttore che ci portò in 11 o 12 diversi studi per registrare l’album. Fu una lunga e inutile pre-produzione”.
PHIL LEWIS: Quando registrammo Hollywood Vampires eravamo diventati molto aziendali. Eravamo controllati da manager, avvocati, contabili, dirigenti di case discografiche. Ogni canzone doveva passare attraverso cinque persone diverse e poi arrivavi alla band. Oh, non mi piaceva. “Ehi, sai una cosa, a mia moglie non piacciono i testi di quella canzone” mi sentii dire un giorno. “Sul serio?” Beh, quella era la realtà. Avevo a che fare con la moglie del contabile, che era offesa dai miei testi. Quindi sai, sono contento che sia andato tutto a puttane.
Hollywood Vampires è ancora oggi il terzo grande album degli L.A. Guns. Chi ama la prima incarnazione del gruppo conclude qui la fase storica significativa. E l’album andò pure bene sul mercato. Over The Edge, canzone interamente scritta da Lewis, finì sul film Point Break e più o meno il gruppo, nel 1991, continuò a macinare riscontri positivi in giro per il mondo, guarda caso con un pezzo dal titolo It’s Over Now.
Dopo HV, gli L.A. Guns attesero parecchio prima di tornare in studio con un altro album. L’impressione era che stessero temporeggiando davanti alla ghigliottina, pronta a calare sulla carriera del gruppo, così come già era caduta su quella dei Motley Crue, Poison, Love/Hate e altre centinaia di band glam metal di successo negli anni 80. E in più Lewis e gli altri tornarono infine in studio a incidere un altro disco, ma senza l’elemento che aveva gestito le cose dall’interno in quegli anni clamorosi. No, non Tracii,
STEVE RILEY: “Quella ormai era una situazione davvero di merda. Andavamo avanti da 5 anni senza sosta e tutti eravamo logori. Eravamo ancora in tour per Hollywood Vampires, in Europa, con gli Skid Row: “Qual è il problema?”, chiedevo, “cosa c’è che non va? Nulla di male, no?!” E Phil diceva: “No no no, non sono felice, ne ho abbastanza”. E poi io e Phil litigammo in uno dei tour. Tracii andò a dirgli che dovevano sbarazzarsi di me. Quando mi chiamò e mi disse che ero fuori gli risposi: “Mi stai prendendo in giro? Gestisco io gli affari, qui. Voi ragazzi cadrete tra sei mesi se mi licenzierete, cazzo. Ed è quello che successe. In sei mesi erano belli e finiti. Tracii voleva che la band si sciogliesse. Quindi era stato in una modalità distruttiva da parecchio tempo. E fu in grado di distruggere la band, cazzo”.
PHIL LEWIS: È stato un periodo terribile dopo che Steve se n’è andato. Sono come i secoli bui. In Vicious Circle ingaggiammo qualcosa come sette batteristi. Quasi uno ogni canzone. Avevamo perso la nostra identità e Tracii non era più interessato alla band. Si stava occupando dei Killing Machine. (Band uscita solo con la Polygram giapponese ndr). Se fossi stato presente io in studio, lui non sarebbe entrato. Eravamo a questo punto. Quindi sono stato praticamente lasciato al comando, e proprio alla fine lui ha aggiunto i suoi assoli, è stato il suo contributo al disco. Era convinto di avere qualcosa di meglio da fare e semplicemente non gli interessava portare avanti gli L.A. Guns.
A riascoltarlo oggi, Viciuos Circle, non è malaccio. Di sicuro è l’album migliore della band fino a Waking The Dead del 2002. Certo, al tempo non fu un’uscita esaltante. Tranne Kiss Of Death non c’erano canzoni in grado ci competere con i precedenti classici, inoltre il gruppo vagava tra curiosi indurimenti alla Judas Priest e curiose parentesi psichedeliche, cercando nel mentre di cavarci fuori pure qualche piccolo inno punk-rock e di macerare l’ispirazione in un poco convincente spleen seattleiano.
Però è chiaro. Anche se avessero realizzato l’album migliore della loro carriera (come arrivò a scrivere Fuzz in una recensione fuori dal mondo su Metal Shock), le cose sarebbero andate a picco ugualmente, perché non basta la musica per tenere in piedi un’azienda. Ci vuole un vento commerciale favorevole e nessuno aveva voglia di investire e lottare per fare crescere ancora gli L.A. Guns nel mezzo degli anni 90.
IT’S ALL OVER NOW?
Così Phil lasciò la band per dedicarsi alla famiglia. Cripps e Nickels salutarono poco dopo, per nulla interessati alla nuova direzione che Tracii voleva prendere. Riley, richiamato per il tour di Vicious Circle, era di nuovo in sella e ci voleva restare, anche perché a lui piacevano molto i Pantera e non disdegnava di scrivere qualche pezzo in quel senso, magari in un nuovo progetto che lui e Tracii, in aggiunta ad alcuni nuovi e validi garzoni, avrebbero pubblicato sotto un altro nome.
American Hardcore, disco sterile e sconclusionato, uscì però sotto il nome L.A. Guns, silurando il cuore dei pochi fan ancora disposti a credere al gruppo fino a spenderci qualche soldo e lasciando nella totale apatia il resto del mondo.
Ma mentre il piccolo reame intorno agli L.A. si disperava e Riley e Tracii perdevano progressivamente stimoli e determinazione, qualcuno si sentì felice e al centro dell’universo proprio in quel momento lì.
Chris Van Dahl e Johnny Crypt, rispettivamente singer e bassista della nuova versione degli L.A. Guns, erano inspiegabilmente in preda a una girandola di grandi aspettative.
CHRIS VAN DAHL: Io e Johnny eravamo praticamente cresciuti insieme, coinvolgendoci in vari progetti dove io suonavo il basso e lui la chitarra. Poi lui conobbe Tracii e appena poté mi tirò dentro al loro nuovo progetto. Per quanto mi sembrò strano fare il cantante, finii per passare al microfono, mentre Johnny si occupava del basso. Ricordo che quando suonavamo dal vivo, sul palco io spesso mi voltavo a guardarlo e lui pure guardava spesso me, sorridendo. Era come se ci dicessimo, ce l’abbiamo fatta, siamo insieme su questa magnifica barca e andiamo a vele spiegate nel mare del rock o qualcosa del genere.
Johnny Crypt: “Vele spiegate mica tanto, ma era bello e intenso far parte della band di Tracii e Steve. Peccato che poi le cose cambiarono in fretta. Chris fu il primo a essere fatto fuori, e poco tempo dopo toccò anche a me.
Dopo aver pubblicato American Hardcore, per quanto Tracii fosse orgoglioso del risultato finito, si era pentito di farlo uscire come album degli L.A. Guns, ma la piccola etichetta CMC International aveva domandato espressamente di usare quel nome e Tracii, anche solo come “forma di dispetto” nei confronti di Phil Lewis, aveva accettato.
American Hardcore però non era un disco degli L.A. Guns e se Tracii intendeva davvero portare avanti il gruppo era necessario produrre materiale più consono. Così ecco che uscirono Wasted, un EP sorprendentemente buono, anche se registrato maluccio, con alla voce Ralph Saenz (futuro Mike Starr degli Steel Panther) e il sottovalutatissimo Shrinkin Violet, che Tracii realizzò in collaborazione con l’ex Love/Hate Jizzy Pearl.
TRACII GUNS: Dovevamo fare un tour con i Poison e Jizzy già era stato ingaggiato come frontman. Pensammo di portare con noi un prodotto nuovo da vendere e così incidemmo Shrinkin Violet, che non ebbe praticamente distribuzione né promozione ma che ancora oggi trovo piuttosto riuscito.
Shrinkin Violet è una perfetta sintesi tra il mondo di Pearl e quello degli L.A. Guns e merita una riscoperta, anche se è forse il disco fantasma per eccellenza di tutta la storia della band.
MILLENNIUM DOUBLE BASTARDS (2000-2007)
Arrivati al 2000, scavallando la minaccia del bug, il gruppo si trovava davvero al limite dell’indigenza. Tracii era sempre più stanco di trascinarsi nei club che dieci anni prima riempiva da scoppiare e che adesso erano tristemente vuoti. Phil intanto, da ex, sperimentava cosa significasse vivere come uomo domestico, portando in giro la figlia a prendere il gelato, vedendola crescere e intanto sprofondando in una depressione da astinenza creativa e in una crisi di coppia nerissima con la compagna. A quel punto arrivò l’offerta che non si poteva rifiutare. La Cleopatra Records propose a tutti gli ex- ragazzi della formazione “storica” un super-contratto per incidere una nuova versione di Cocked & Re-loaded.
PHIL LEWIS: È stato terribile, ma finanziariamente aveva senso. I diritti di pubblicazione erano scaduti alla PolyGram. Quindi, se lo avessimo registrato nuovamente, avremmo fatto dei bei soldi. Fu rigorosamente una questione economica.
Una volta rimessa insieme la formazione più celebre degli L.A. Guns – merito che rivendicò Mick Cripps, rimastovi poi giusto il tempo di ri-annaffiare il conto in banca – Lewis, Nikels, Riley e Guns provarono a fare un nuovo disco, giocandosi la carta dell’album-reunion.
TRACII GUNS (dichiarazione rilasciata a Flash nel 2001): “Man in the moon” è sicuramente un buon album, non ci sono dubbi e non lo dico solo per fare promozione e vendere di più, ma perché ne sono fermamente convinto!
PHIL LEWIS (dichiarazione oggi): Non era un buon album. Ci sono un paio di belle canzoni, ma la produzione di Gilby Clark è pessima, ed è senza vita. Non c’è anima. Suona piatto… non è un caso che non eseguiamo mai nessuna canzone di quel disco dal vivo. Semplicemente non ho una buona sensazione a ripensarlo.
Man in the Moon non è un lavoro malvagio però. Probabilmente Lewis ha sofferto nel realizzarlo, non potendo contare su due elementi fondamentali per gli L.A. Guns fino a Hollywood Vampire: un contesto altamente professionale e una decente comunione d’intenti col resto della band.
Il mondo della musica è cambiato tantissimo nei dieci anni che lui ha trascorso ad accudire la figlia e spaccare piatti in cucina dopo aver discusso con la consorte. Man in the Moon era comunque dignitoso. Peccato che al pubblico nel 2001 non interesse molto la sorte degli L.A. Guns. Nella scena metal e hard rock stra-dominava gente stramba tipo Korn, System Of A Down e Limp Bizkit. Nell’ambito dell’hard rock, nonostante il discreto fenomeno Buckcherry e i più grossolani Darkness, era difficile credere che il mondo si aspettasse una ripartenza del glam losangelino e di gente come Tracii Guns.
Anyway, gli L.A. Guns tornarono in studio e stavolta incisero un grande album, musica all’altezza dei tempi migliori. Come ho già detto, questo non bastava, ci voleva la brezza favorevole ma qualcosa si stava muovendo tra i venti maggiori. Nikki Sixx.
Dopo la sbornia industrial-sperimentale di fine anni 90 con Generation Swine, Nikki aveva di nuovo voglia di fare rock and roll e coinvolse Tracii Guns in un suo nuovo progetto vecchia scuola, i Brides Of Destruction. Nulla di male, era solo l’ennesimo gruppo parallelo di Tracii dopo Contraband e Killing Machine. Stavolta però la cosa si rivelò molto più grossa ed ebbe immediate ripercussioni sugli L.A.
PHIL LEWIS: Ha lasciato la band durante il servizio fotografico per la copertina. Disse: “Me ne vado. Farò un progetto parallelo con Nikki Sixx,” e noi eravamo tipo, “Davvero, ma perché?” Cosa si aspettava, che gli dessimo la nostra benedizione? “Certo, vai a suonare con Nikki. È fantastico. Non lasciare la tua band per farlo!” E lui se la prese. “Disse, vaffanculo ragazzi. Non capireste mai. Mi state trattenendo ma io ho deciso, vado avanti e non più indietro”. Converrai che era impossibile promuovere un disco senza un membro fondatore. Che poi era un capolavoro, io adoro Waking The Dead. Se fosse stato un album di merda, non mi sarebbe importato che Tracii se ne fosse andato. Il fatto che era così buono, un disco così grande, il primo che avevamo fatto con Andy Johns, capii che insomma, l’uscita di Tracii avrebbe vanificato tutto. Ma non ce l’ho con Tracii per quello. Ora, non ce l’ho più con lui. Insieme ai Brides la gente l’avrebbe seguito sul serio. Tracii non voleva aprire per i Firehouse alle tre del pomeriggio. Disse no cazzo, sono fuori di qui. Poi è scappato. Non lo biasimo. Mi ha spezzato il cuore, ma è stata una buona ragione. La verità è che se Nikki mi avesse offerto il lavoro me ne sarei andato anch’io.
Vedete, la cosa buffa è che uno dei momenti più difficili per la storia degli L.A. Guns è anche uno dei migliori, perché non solo Waking The Dead resta un album da mettere nella top five della storia del gruppo (insieme ai primi tre e The Missing Place) ma anche il successivo Tales From The Strip mi risulta molto bello, con almeno tre grandi canzoni che strizzano le palle al vecchio Tracii, nel 2005 ormai fuori dal progetto Brides e intento a rilanciarsi prima come solista e poi mettendo insieme la formazione “più originale dell’originale” degli L.A. Guns; quella con Paul Black e Alexander, tra gli altri.
A questo punto inizia la fase “sdoppiata” della band, con due formazioni in causa e in giro allo stesso tempo. La cosa fa un po’ ridere ma non avete idea quanta gente sia rimasta male davanti alla versione che non desideravano e che invece erano costretti a vedere, dopo aver pagato il biglietto. C’era chi voleva Tracii e chi invece preferiva Lewis e Riley.
Mentre però questi ultimi tentavano di mantenere il gruppo a livelli decenti – invero in modo un po’ discutibile, con due album di cover e un altro disco, Hollywood Forever, carino ma non molto di più – Tracii smerdava, a detta di Lewis, il buon nome del gruppo con una serie di spettacoli indegni in giro per il mondo.
Nella formazione di Lewis e Riley, al posto di Tracii, era stato preso Stacy Blades, (ex Roxxi Gang).
PHIL LEWIS: “All’epoca stavamo facendo un disco di cover, e il mio piano era di avere un chitarrista diverso in ogni canzone, come Brent Muscat, Keri Kelly e via così. Stacey mi era stato suggerito da un amico comune. Quando entrò io volevo che suonasse solo su un pezzo e in effetti è ciò che fece, ma alla grande, e così gli dissi, senza pensarci troppo: “Ehi, abbiamo queste altre canzoni. Saresti interessato a impararle?” E lui: “Scherzi amico, io le conosco già” e così ci convinse che era il tipo giusto per noi.
Blades tenne duro nei Guns di Lewis e Riley per quasi sette anni, cosa non facile. Nonostante le sue buonissime intenzioni, alla fine dovette ammettere che la band non aveva più un gran futuro e lasciò.
STACY BLADES: “Realizzare “Hollywood Forever” fu una vera guerra. Lavorammo tutti separatamente durante la registrazione. Poi quando ci riunimmo in una stanza furono solo litigi, disaccordi e tante discussioni. Mi ero davvero divertito a registrare le mie parti con Andy Johns da solo ed era stato anche divertente quando Kelly Nickels suonò il basso in una delle mie canzoni, “Venus Bomb” ma l’intera band stava iniziando a frantumarsi e alla fine dell’anno e del tour, decisi di lasciare. Nel complesso penso che Hollywood… sia venuto bene, ma “Tales From The Strip” è decisamente migliore, secondo me.
LOVE ANGELES GUNS!
Adesso sarebbe facile e invero molto tedioso, sia per me che per i pochi superstiti lettori che hanno retto fino qui, recuperare tutti i “mai e poi mai” espressi da Tracii e Phil nel corso degli ultimi dodici anni. Quei due sono tornati insieme, punto. Hanno rilanciato il gruppo con quattro lavori ottimi, realizzati senza lo stress di riconquistare il mondo. Solo per tenere in piedi il carrozzone qualche altro anno prima che il riscaldamento globale sommerga Los Angeles con tutte le ex grandi glam metal band degli anni 80.
E sembra che ad alimentare la vecchia magia tra Phil e Tracii sia in parte l’entusiasmo per le buone canzoni che ancora riescono scrivere e che potete trovare in discreta quantità nei nuovi dischi realizzati assieme dal 2017 a oggi: The Missing Place, The Devil You Know, Checkered Past e Black Diamonds.
E in parte si mantengono amici in nome del disprezzo comune per Steve Riley, reo di averlo messo al culo a entrambi per soldi e di portare ancora oggi in giro una versione apocrifa, nonché modesta e con il suo nome davanti, degli L.A. Guns.
Ecco quindi che, nonostante la fusione tra Lewis e Tracii, c’è ancora una doppia versione dello stesso gruppo e ci sarà sempre una duplice versione dei fatti. Chissà però che un domani pure Riley non venga reintegrato pure Steve, alla faccia dei vecchi dissapori?
Potrebbe succedere. Ne abbiamo viste davvero troppe per poterlo escludere.