Dead Body Love – Low-Fi Power Carnage (A volte i maghi non devono rivelare i propri trucchi)

Perché quando un mago ti spiega come ha fatto a nascondere quella monetina dietro l’orecchio… la magia muore in quel preciso istante? Esattamente come quando scopri che Babbo Natale non esiste, ma erano i tuoi genitori a lasciarti il regalo sotto l’albero. Eppure… Quando un amico mi ha detto che per lui il sacro Graal del noise sarebbe possedere la prima stampa su cassetta di Low-Fi Power Carnage prodotta dalla Old Europa Cafè ho ripensato a quella intervista per la White Centipide Noise a Gabriele Giuliani, in arte Dead Body Love, che è stata per me come quell’amico/a che ti rivela appunto che l’omone rosso della Coca-Cola non esiste.

Ci racconta infatti che per le sue prime produzioni non usava, a differenza d’altri personaggi della scena, chissà quale catena mastodontica di distorsori DOD o artigianali, sintetizzatori analogici o chissà che altro. Come l’industrial delle origini (ma anche il black metal) si basava sull’utilizzo di strumenti di ventura visto lo scarso budget a disposizione. Lui stesso ammise che usava una multi-effetto col gain settato al massimo e un lettore cd dotato di glitching quando si premeva forward e backward. Un po’ quello stesso suono che si ha con i walkman quando si manda avanti e indietro una cassetta.

Infatti, riascoltando Random Destruction si sente sotto il muro di rumore una voce che (a un orecchio all’oscuro della magia) fa pensare si tratti di Giuliani intento a urlare chissà quali incomprensibili parole, ma ora che la magia è stata rivelata opterei per i Napalm Death, ma potrei completamente sbagliarmi e penso neanche Giuliani stesso ricordi che cd usò per questa traccia. Il rumore poi in certe fasi, se ascoltato molto attentamente, riconosco essere un riff/assolo di chitarra.

Scoperto questo è come se un macigno mi fosse caduto addosso. Ho iniziato una caccia al tesoro per scoprire dove sia evidente l’utilizzo del lettore cd (e certi loop sonori ora acquisiscono un senso diverso, non più relegati a chissà quale synth modificato amatorialmente), lasciandomi una specie di amaro in bocca, perché quando passi la tua giovinezza immaginando chissà che studio di registrazione, settaggi, strumenti e microfoni sono stati usati per realizzare le basi che saranno degli artisti di tutto il mondo, e poi scopri che invece era tutto così semplice e… DIY!

Ed ecco che scatta la scintilla appunto, poiché quale concetto non è più vicino al DIY classico se non riciclare quello che abbiamo a disposizione per costruire un mostro di Frankenstein sonoro, alla faccia di quelle case discografiche che pensano al suono di plastica come al futuro della musica?

Ma poi fa strano che io muova certe critiche nei confronti di un disco seminale per molti, perché involontariamente (in maniera però digitale) ne ho seguito le orme. Sostituisci un cd death metal con un audio di un hentai e invece di una multi effetto guitar rig, cosa otteniamo? Lo stesso identico procedimento, magari senza il gain sparato troppo in alto (non riesco a sopportarne la cacofonia).

E nel centro, tra questi due mondi all’apparenza simili di creare noise si trova quella persona, mio vate, che faceva un misto di entrambi, con il low-fi di audacity e la propria voce registrata. Allora se il noise è libertà creativa, che senso ha una critica al modo in cui viene creato?