Di solito, prima di scrivere un articolo su un disco o su un periodo artistico di una band, recupero tutto il materiale d’annata possibile: interviste cartacee, recensioni del tempo, eventuali scambi di insulti tra lettori di questa o quella rivista nella rubrica delle lettere. Lo faccio tanto per capire che aria tirava in Italia quando uscì l’album della tal band. Poi approfitto della gran mole di documenti visivi offerti da You Tube. Di solito quello che in fondo è materiale promozionale scaduto, dice tantissimo a distanza di anni sia sul piano sociale che storico e addirittura filosofico: sappiamo cosa c’era dietro certe dichiarazioni, conosciamo il futuro che l’artista si apprestava ad affrontare in sede di lancio dell’album e talvolta viene una gran pena a vedere il viso in posa di chi vuol dominare il mondo e che invece dopo qualche mese come sappiamo noi uomini del futuro) si sarebbe disintegrato addosso a un muro di indifferenza, di sfiga o di logiche commerciali tra etichette e MTV.
Nel caso dei Kreator però, mi sono imbattuto in un reperto così prezioso che invece di usarlo e basta, mi sento di doverlo far presente ai lettori, consigliandone la visione. Si intitola Thrash Altenessen ed è un documentario di un un’ora e mezza circa, risalente al 1989, in cui si parla della band e dell’ambiente in cui vive ed è cresciuta.
Non è un filmato realizzato dal gruppo per i fan, in cui si vuol vendere un’immagine di successo. Si tratta di un vero documentario realizzato da chi non vuol giudicare nulla, solo capire un luogo, un paio di quartieri della Ruhr, in un determinato periodo storico in cui la città dei Kreator, Essen, citata doverosamente in ogni biografia a loro dedicata, è in procinto di attraversare una transizione economica non da poco.
Le miniere, un tempo luogo di lavoro massacrante ma sicuro per una marea di immigrati da tutta Europa e non solo, sono ormai chiuse e il posto langue nell’attesa che qualcosa succeda, tra disoccupazione e rabbia crescente.
I Kreator in tutto questo scenario sono soltanto un curioso risvolto creativo prodotto dalla zona. Ragazzi che suonano un genere nuovo, il thrash, che nel documentario viene definito in modo abbastanza corretto come una fusione tra “heavy metal rock e punk” in cui alla furia giovanile si accompagnano testi esplicitamente politici.
Sapete come funziona un documentario?
Chi ne realizza uno si cala in un posto sgomberando qualsiasi pregiudizio. Si avvicina con grande curiosità e apertura emotiva a gente, luoghi, seguendo direzioni impreviste. Ecco quindi che dei Kreator, gli autori non prendono di mira il taciturno e smaliziato Mille Petrozza, ma il più espansivo bassista Rob (Roberto Fioretti) figlio di abruzzesi, provenienti dalla valle del Gran Sasso, dove, “la natura è così bella che i problemi non diventano mai dei veri problemi”.
Questo lo dice più o meno il padre di Rob, da trent’anni traslocato a Essen, ma ancora italiano e basta. Lui non crede che il figlio possa vivere di musica. Dovrà lavorare come ha fatto lui. Il figlio non è d’accordo, e il padre risponde che tutto andrà bene finché ci sarà lui a mantenere la famiglia.
Per il papà di Rob, vederlo andare in tour e tornare con duemila marchi in nove mesi, che svaniscono presto con l’acquisto di un nuovo amplificatore e altra roba, gli dimostra che non può campare di quello. Sappiamo che alla fine il ragazzo gli darà ragione.
Ma intanto vediamo nel documentario che Rob e i suoi fratelli più piccoli, insieme ad altri amici del vicinato, tra cui il resto dei Kreator, trascorrono le giornate bivaccando intorno a un vecchio carrello della spesa sdraiato su una stesa di brace, in attesa che le salsicce siano pronte. Bevono birra e chiacchierano di cazzate tutti in cerchio. Sono vestiti da thrasher: hanno i capelli lunghi, le magliette dei Venom e dei Kreator, ma non parlano molto di musica.
Vedere Mille seduto con loro, in silenzio, mentre gli altri amici dicono di non capire cosa dicano i politici al potere, quando cianciano alla TV, mi fa pensare che in fondo la musica thrash, calata in questa dimensione di disincanto, delusione e rabbia, sia l’unica forma di politica che questi ragazzi capissero davvero e accettassero: il suono, le urla, la violenza, la furia.
Il thrash di Essen era un urlo contro le vecchie fabbriche e soprattutto le nuove, era un vaffanculo a un sistema che si era dimenticato di una generazione dopo averne abbandonata una precedente, spalmando tutti su un prato brullo e pieno di rifiuti, a fumare canne, bere birra e blaterare dei vecchi tempi.
I Kreator li conosco bene come ascoltatore e come scrittore ossessionato dal metal, ho sempre percepito il periodo del documentario, che è quello di Extreme Aggression, esattamente a cavallo tra l’uscita del disco e la partenza per il tour, come una fase di passaggio decisiva per il gruppo.
I Kreator stavano diventando sempre più grandi. Ogni album mostrava una crescita progressiva in ogni aspetto: registrazioni migliori, tecnica migliore, scrittura più convincente. Prima di Renewall e l’arenarsi del thrash a inizio anni 90, tutti avrebbero puntato sull’esplosione dei Kreator, inclusa la Noise, ma guardando le cose dagli occhi di questo documentario, la band non sembrava andare in nessuna direzione precisa, anzi.
Tra l’estetica del video Betrayer, così in linea con le tendenze visive delle band Thrash che aspiravano a mettere un piede nel palinsesto di MTV e le camminate degli stessi protagonisti per le strade deserte di Essen che ci sono mostrate nel documentario Thrash Altenessen, c’è un vuoto notevole.
E alla fine del filmato, vedendo il gruppo partire su un camper per 30 date in giro per l’Europa, viene una certa malinconia. Questi ragazzini smetteranno di essere un gruppo vero e proprio nel giro di qualche mese. Quanto ho idealizzato io, in quegli anni, certe band! Immaginavo facessero una vita incredibile, sui palchi, negli studi di registrazione o davanti alle telecamere di qualche studio televisivo. Li invidiavo. Leggevo nelle schede dei posti da cui venivano i Kreator o magari gli Iron Maiden, origini umili, operaie, ma non capivo cosa davvero significasse, non immaginavo lo sfondo effettivo. Bisogna vivere abbastanza da veder cadere le nostre illusioni e accettare la realtà per ciò che è. E si è pronti a farlo se e quando la cosa accade.
CAPITOLO 2 – COSA NON FARE PER DIVENTARE UNA GRANDE BAND
Paradossalmente una band è costretta a lasciare pezzi per strada se vuole salire più in alto, come accade con una mongolfiera. I Kreator hanno sostituito Tritze con Blackfire e questo gli ha dato nuova linfa, sia a livello creativo, visto che l’altro, a detta di Mille, non portava idee nella composizione, sia sul piano della personalità, dato che Frank era un solista migliore. Però non saprei. A vedere il documentario Tritze non sembrava solo un componente da cambiare, come ho sempre recepito leggendo le interviste a Mille. Lui era uno dei ragazzi del gruppo. Stava accanto agli altri. L’uscita di Rob poi, qualche anno dopo, non l’avevo percepita come qualcosa di rilevante.
Al suo posto Christian Giesler sarebbe stato il bassista più longevo in seno ai Kreator, ma Rob e così Ventor, che avrebbe anche lui detto ciao dopo la delusione di Renewall, erano i membri fondatori del gruppo e avrebbero meritato un’altra memoria. A quel punto le cose sarebbero diventate una faccenda di Mille, che su Outcast si sarebbe ritrovato un grandissimo solista come Tommy T. Baron e l’avrebbe usato in un disco senza assoli, come un qualsiasi turnista di lusso.
Anche la questione del cambio di tematiche. I Kreator come saprete tutti, iniziarono parlando di cose fantasy-horror. Sia i testi di Endless Pain che di Pleasure To Kill sono ispirate alle solite cose da metallari, mentre a partire da Terrible Certainty e poi con Extreme Aggression, le liriche sono divenute più concrete, contestatarie e dirette ai problemi della società.
Eppure se guardate il documentario Thrash Altenessen, quando si vede un concerto dei Kreator, sia che suonino Extreme Aggression (brano su un serial killer che fa fuori gente sotto l’effetto della cocaina) che Flag Of Hate o Love Us Or Hate Us, due pezzi sull’autorealizzazione e sull’odio ribellistico, non si nota una gran differenza, proprio perché gli stessi giovani scoraggiati e che si trascinano per le strade della città più depressa della Germania Ovest, diventano posseduti da un vitalistico desiderio di spaccare il muso contro tutto e tutti.
L’headbanging di quei pischelli anni 80, sotto al palco dei Kreator, non solo mostra quanta poca differenza ci fosse tra il gruppo e i sostenitori ai loro piedi, ma come la politica fosse nell’insieme di quell’evento, del concerto stesso, e non nelle parole di Mille, poco comprensibili, smangiate dalla fregola di coprire riff indiavolati con una metrica esasperata.
Riascoltando Coma Of Souls e un po’ tutto il cammino discografico della band, dall’inizio fino a Renewall, mi sono accorto di quanto la fase iniziale abbia guadagnato nel tempo una vitalità che Terrible Certainty e i due lavori successivi non sembrano aver mantenuto. Sono begli album thrash anni 80, ma poco altro. Sanno troppo del tempo da cui provengono. Sembrano morti in quella bolla temporale. C’era una sempre maggiore maturità stilistica, certo, ma secondo me c’era il desiderio di competere con la scena e di rispondere a degli imput che il genere stava mandando dall’altra parte dell’oceano.
Su Coma Of Souls ed Extreme Aggression, c’è una maggiore dimestichezza con la melodia, che nel tempo sarebbe diventata addirittura predominante in certi episodi del cammino dei Kreator, ma c’è anche tanto cervello, troppo.
Endless Pain e soprattutto Pleasure To Kill invece mantengono ancora quella boria istintiva, animalesca, magmatica, che oggi più di ieri mostra la sua preziosità. A tratti imbarazzanti, sicuramente ingenui, molti dei brani fanno sorridere e giustificano le critiche negative che ricevettero in quegli anni, quando il canone metal era ben diverso da oggi. Endless Pain è un disco che mostra una notevole incompetenza, a tutti i livelli, e come tale fu accolto da tanti recensori, mentre ora c’è gente che ne studia la “burineide”, sperando di riproporla con la stessa genuina purezza.
Illusi.
Non sono lavori piacevoli da ascoltare. Non sono addomesticati e ci si può perdere dentro di essi, così come in quello che apparentemente potrebbe rappresentarne l’avamposto tecno-monico della prima fase storica del gruppo: Renewall – L’album della discordia e della quasi morte del gruppo.
In esso c’è tanto, troppo cervello. Ci sono calcoli (la produzione di Tom Morris nel 92 è come avere Desmond Child nel 1987 tra gli autori delle musiche) e una bizzosa volontà di pasticciare con le figose percussioni industriali, ma c’è anche un sincero bisogno di voltare pagina e di ridefinire se stessi. In questo slancio vive ancora una indisciplinata e virulenta volontà di raggiungere una meta passando da strade mai percorse, affidandosi almeno un po’ alle tenebre. Renewall oggi mantiene quell’elemento di vertigine e di provocazione che continua a farlo crescere, tenerlo vivo, nella gabbia discografica in cui si trova, il 1992.
Coma Of Souls è un gran lavoro e lo amo, però tornandoci sopra e in trent’anni di ascolti, ho l’impressione di essere cresciuto io, mentre illo è rimasto piccolo, e mi appare ora molto meno interessante, nonostante canzoni ineccepibili come Terror Zone, People Of The Lie e When The Sun Burn Red. Non c’è nulla di così riuscito in Renewall e tanto meno nei primi lavori dei Kreator, eppure lì sento un respiro di chi ancora si agita, mentre qui, ahimè c’è un gran bell’odore di muffa e di nostalgia.
CAPITOLO 3 – LA REALTA’ COME FORMA DI EVASIONE E IL GUAZZABUGLIO DELLA STORIA
Potevo andare a ballare senza soldi, ecco cosa c’era di meglio allora. Potevi fare tante cose e non aver bisogno di soldi. Oggi fai tutto solo se hai il denaro, altrimenti non puoi fare niente. Money Is Everything. Thrash Altessen – Dichiarazione di un signore di una certa età tedesco sul finire degli anni 80 e del sistema capitalistico mondiale.
È interessante comparare (confrontare) i temi di album come Coma Of Souls e Renewall e i temi che in effetti sono trattati nel documentario Thrash Altenessen. Petrozza è sempre apparso un tipo molto impegnato, sia nelle liriche delle canzoni che nelle dichiarazioni durante le interviste ai giornali specializzati.
Mentre però brani come When The Sun Burn Red tratta di riscaldamento globale, prendendo spunto dai libri dell’americano Jonathan Weiner, in particolare credo il best-seller Planet Earth, e in brani come People Of The Lie affronta il fenomeno dei nazi e tutto il revisionismo di estrema destra che stava rigurgitando per le strade di Berlino alla fine degli anni 80, più in generale Mille ha a cuore il tema del ribellarsi alle dittature.
Sappiamo che il 1989, anno in cui Coma Of Souls è stato creato in parte, segna la caduta del Muro di Berlino, quindi ci sta che Petrozza tratti cose di questo genere, ma allo stesso tempo fa specie non trovare traccia del disagio e del grande ristagno economico che vive lui, i suoi amici e i suoi parenti a Essen.
In un certo senso, l’evasione di Mille dalla vita di tutti i giorni ha solo cambiato abito. Prima erano i mostri e la violenza, che poi calata nel contesto operaio e di grande disagio del documentario assumeva comunque una valenza politica e ribelle, ora è tutto uno scenario politico internazionale e nazionale che dice poco sulla reale vita che i Kreator erano costretti a vivere tra un tour e un disco.
Nulla di male, ma è curioso. Inoltre, andando a recuperare tutto un diario cronologico del 1989 e del 1990, il 1991 e il 1992, anni in cui i Kreator passavano dal voler conquistare il mondo a uno scioglimento non ufficializzato, ho notato una cosa che sembra banale ma forse non lo è.
Avete presente cosa è successo appena si sono allentate le maglie del Covid? È scoppiata la Guerra in Ucrania e tutti i semplicioni, compresi quelli ben nascosti dentro di noi, hanno esclamato: ora che sembrava finito un orrore, ne comincia subito un altro. Come se gli orrori della Storia, dovessero essere centellinati a comodo dei sopravviventi.
La cosa non è mai andata così. E guardando la cronologia di quegli anni in cui i Kreator perdevano la propria innocenza nascosta in una corazza thrash metal, ho notato che le cose buone e le cose cattive succedevano insieme e che mentre una parte del Mondo andava puttane, l’altra parte correva in Chiesa a pregare, come un gigantesco universo schizofrenico, non trovate?
I Kreator registravano solo le cose brutte e problematiche, ma nel 1990-92, era caduto il Muro ed era finito il Comunismo sovietico. Nel mentre la Germania Ovest stilava un accordo economico che le avrebbe permesso di sfruttare la Germania Est fino a oggi. Fu giustiziato il 24 gennaio del 1990, uno dei serial killer più terribili e fotogenici di sempre: Ted Bundy, ma nel mentre un certo Armin Meiwes, quasi trentenne di Essen, sprofondava nelle sue fantasie cannibalesche, in attesa che la mamma oppressiva schiattasse. Di lì a poco, il 13 marzo dello stesso anno, era nata ufficialmente Internet e il primo sito web vi era stato varato nel 1991. Grazie a internet, molti anni dopo, l’ex giovane di scarse speranze Armin Meiwes, di Essen, paese dei Kreator, avrebbe potuto soddisfare la sua fantasia più recondita, vale a dire mangiare qualcuno consenziente.
Vedete come il bene e il male sono sempre uno accanto all’altro? Il 14 febbraio Kohmeini condannò Rushdie per i Versetti satanici, destinandolo a una vita da minacciato e da ricco, e poco dopo lo stesso Kohmeini schiattò.
Il 1991 è l’anno in cui l’omosessualità venne esclusa dall’elenco ufficiale delle malattie mentali del registro psichiatrico internazionale e la cosa succedeva mentre Bush senior avviava l’operazione Desert Storm inaugurando la Guerra del Golfo. E mentre Saddam buttava petrolio nel mare, finiva l’Aparthaid e poco dopo morì ammazzato il principale simbolo della pace mondiale, Gandhi.
I 45 giri non furono più prodotti mentre Freddì moriva di Aidis e lo stesso Magic Johnson si ritirava perché sieropositivo, ma sorpresa: Magic Johnson è ancora vivo.
Vedete come tutto è un grandissimo casino di cose buone e cattive e soprattutto nelle buone fanno il nido le cattive e viceversa.
Ma tornando ai Kreator… beh, sono stufo di parlare dei Kreator. Alla prossima.