Credo che mai come oggi, nel rock e nel metal, sia palese il concetto che il “nuovo” non esiste e che si tratta solo, citando Adorno e la Scuola di Francoforte, di apporre a un prodotto che esiste già e che il consumatore possiede, una variazione al fine di trasformarlo in qualcosa di nuovo, così da convincere il suddetto consumatore che il prodotto è diverso, è quindi migliore e lui dovreebbe possederlo. Nella musica, come in ogni altro ambito che si traduca in denaro, non esiste il nuovo. Il moderno che si frapponga al vecchio e il tradizionale è solo una costruzione dei media e delle etichette discografiche.
Certo, riguardo il metal, c’è stato un tempo in cui, l’apertura di molti esponenti del genere a suoni industriali, punk, elettronici o sinfonici ha portato la parvenza di qualcosa che prima non c’era. Questo era sufficiente a tenere alto l’interesse degli appassionati più aperti e disponibili e ad alzare le palizzate dei puristi e i fedeli alla linea. Nel 1992 però l’ascoltatore di dischi metal poteva scegliere tra Fear Factory, Type O Negative o White Zombie e i Running Wild o i Savatage. Agli occhi di mia madre erano tutti capelloni malati di cervello che facevano casino e amavano Satana, ma per gli amanti dell’heavy metal erano due galassie distinte e talvolta in collisione.
Sentire Amorphis, Paradise Lost o Tool prendere le distanze dal metal era un buon modo per aumentare il disprezzo di chi si sarebbe cucito la toppa dei Maiden pure sul culo. In un certo senso però quei gruppi, nonostante gli sforzi, continuavano a presenziare nel recinto metallico e oggi sembrano essersi riconciliati con i suoni classici e l’attitudine metallara. Di fatto c’era una palese differenza tra la logica dei Tool e quella dei Grave Digger. Ci stava che si potesse e volesse scegliere tra queste due vie del frastuono epicizzato.
Il vecchio e il nuovo rock/metal oggi si adorano
Ditemi una cosa: ma oggi i Greta Van Fleet e i Led Zeppelin in cosa si contrapporrebbero? Cosa ci sarebbe di diverso nei primi da spingere la gente a non tornare agli originali? Perché non sentirli tutti e due, diranno alcuni. Giusto. Però tanta gente ritiene i Fleet dei mocciosi che sbertucciano gli Zep, quindi fanculo a loro e viva John Paul Jones! Peccato che molti di questi oltranzisti poi non disdegnano decine e decine di altri zeppelini o piccoli ZZ Top che spuntano di continuo sul pantalone della rivista Classic Rock.
Nel metal non c’è più il “nuovo” dal 2005, vale a dire dall’anno in cui alcune band metalcore finirono sulle copertine delle riviste specializzate: Shadow Fall, Lamb Of God, Unearth, Chimaira, Mastodon (messi nel calderone e successivamente spostati in altre zone del modern metal). Certo, c’è ancora chi crede di avere davanti il “nuovo” quando addita un gruppo americano metalcore di cui non ha mai sentito parlare; trascurando il fatto che magari quel gruppo ha già venti anni di carriera e sette dischi all’attivo. Il metalcore ha quasi trent’anni e il cosiddetto metal moderno, in tutte le sue declinazioni core o gore o math, oggi è imbalsamato quanto il classic metal.
Il 2008 segna la fine del cosiddetto fenomeno delle “next big thing”. Da lì al 2012 tutto si è spogliato di quell’effetto dinamico che faceva nascere e morire i generi. Nel mentre si è compiuta la diffusione dei torrent, youtube e servizi streaming come spotify e bandcamp, vale a dire con la morte del mondo discografico come l’avevamo conosciuto. Perché da dopo la rivoluzione Napster, il mondo discografico è crollato. Ed è diventato impossibile per i giganti mediatici e le etichette più ricche decretare la fine commerciale di qualcosa e l’inizio di qualcosa di diverso. Avete più assistito a un fenomeno simile?
Io no e penso nemmeno voi. L’ultimo gruppo che sia riuscito a guadagnare l’attenzione generale di tutti, al punto da aspirare agli stadi sono i Ghost, almeno in ambito rock heavy. Ma ditemi cosa rappresentino, a parte loro stessi? Non si tratta di uno stile diverso, di un fenomeno di rottura, Suonano “vecchio stile” a ogni album, magari pescando dagli anni 70 o dagli anni 80, ma non contraddicono i canoni, li onorano.
La musica rock e metal degli ultimi vent’anni è immersa nel passato, innamorata di se stessa e ogni sotto-genere prospera, come in una magnifica riserva naturale. Non c’è un tipo di musica che sia declinato e sparito. Potete ancora avere tutto il power metal che vi pare o tutto il grind-core. Se vi piace lo sludge metal accomodatevi e pure chi è in fissa col metalcore, col prog o col goth ha di che sfamarsi.
Ci sono sezioni che si rimpolpano di nuovi nomi e di vecchi ritorni a decine ogni giorno. E ci fosse qualcuno che riesca a imporre a questo insieme di revivalismo per tutte le stagioni, un’inversione di tendenza, una voltata di pagina… Nulla si crea e nulla si distrugge.
Dai, ragazzi, i dischi rock e metal di oggi sembrano non degli eventi odierni, ma ricostruzioni storiche di epoche passate.
Non lo dico per criticare il nuovo rock, è per mostrare che la disputa tra i tradizionalisti e i modernisti non si gioca più sul piano musicale.
La guerra tra vinili e spotify
La guerra tra chi è per la tradizione e chi è per la novità continua a esserci, solo si è spostata dalla musica al “come” si vive la musica. Non è la musica come viene creata a determinare la scissione, ma il modo di sentirla. Ci sono gruppi groove metal che producono il vinile del loro ultimo disco e parlano di “vecchia scuola”; non solo le band simil Manilla Road si riempiono la bocca di queste cose, ormai. Pure i Corpse-fucking Alice che fanno goth-grind-noise da cinque anni e sono al secondo disco.
Il vero scisma è tra coloro che scaricano, streamano e fanno tutto in digitale e quelli che invece comprano i dischi, i CD, acquistano impianti stereo vintage alti così e maledicono il download illegale profetizzando ecatombi artistiche mai realizzate.
L’opposizione vecchio e nuovo seguita dove è possibile ancora un mercato, vale a dire nel regno della tecnologia. Se desideri un Ipod di ultima generazione o un Iphone di ultima generazione, devi comprarlo e noi ti offriamo l’ultima generazione. Arriva il momento che se desideri ancora un Ipod 3 generazione, dovrai farti un mazzo così per trovarlo perché i negozi l’avranno resettato. Con la musica una volta succedeva lo stesso, vi ricordate?
I tradizionalisti, quelli che si volgono al passato, fanno sempre resistenza al nuovo perché temono di perdere qualcosa. I patiti di musica classica credettero di smarrire l’imprescindibile elemento di estemporaneità e irripetibilità dell’esecuzione musicale, quando qualcuno inventò la registrazione e dei supporti per riprodurre all’infinito un brano di Mozart per orchestra. Parlavano di necrofilia, non di alta fedeltà.
Oggi i fanatici del vinile temono che se si perda qualcosa se molliamo la fisicità del supporto, la fatica della ricerca, l’azione reiterata del disco sul piatto e la puntina messa sopra, tutto questo per loro è “l’imprescindibile elemento” della musica stessa. Inoltre spregiano la nuova retorica del “tutto e subito”. Sostengono che la nuova concezione da cui sono partiti i nuovi ascoltatori di quindici anni, che per avere quello che desideri non sia necessario pagare, sia nociva e che insegnare ai ragazzi l’ascolto di un album intero e non di una playlist, a sviluppare la pazienza dell’attesa, ad alimentare e coccolare la propria curiosità alla larga dai continui video dei singoli su you tube, sia preziosa e fondamentale per tenere in piedi il mondo. Il loro mondo, che muore, scompare, con tutti i suoi preziosi significati e significanti.
Chi invece è dalla parte di Spotify e delle playlist, non si pone alcun problema. Per lui la musica è sempre musica. Ma per quanto si ritenga fortunato, perché LUI ha capito il buono del nuovo modo di fruire la musica e LUI sente di saperlo apprezzare senza nostalgie o incertezze reazionarie, allo stesso tempo, LUI ignora il fatto che anche LUI un giorno si stancherà di essere sospinto incessantemente verso nuovi supporti e nuove forme di fruizione. Magari resisterà rimpiangendo la bellezza di Spotify dove aveva tutto quando e se lo voleva LUI, in faccia alle future generazioni che gireranno con dei chip impiantati nel cranio e “subiranno” il proprio algoritmo musicale dalla mattina alla sera.