Furiosa e l’apocalittico box office!

Hai visto Furiosa? Ti è piaciuto? Che ne pensi? E io rispondo: l’ho visto, non so se mi è davvero piaciuto. Ne penso diverse cose. Da un po’ girano articoli sul flop al botteghino di quello che era stato annunciato come uno dei titoli più attesi degli ultimi anni. Il più costoso della saga di Mad Max. George Miller aveva a disposizione chiunque per i ruoli principali, mezzi sconfinati per le scene d’azione e poter così realizzare un colossal definitivo. Partito, come fa notare George R.R. Martin, con il primo Interceptor, girato usando praticamente i soldi nascosti nel divano di casa, a distanza di oltre quarant’anni, lo stesso regista ha potuto farne una nuova versione formato Ben Hur. Peccato che non sempre l’ispirazione coincida con le contingenze favorevoli sul piano produttivo.

Ha sbagliato gli attori. Ha toppato la trama. Ha girato magnificamente almeno 30 minuti di niente. Non è che saperlo un flop, me lo rende simpatico o inasprisce il mio giudizio. Se avesse avuto il successo dei film di Supereroi non me ne sarei rallegrato perché Furiosa non è all’altezza di Mad Max: Fury Road. E non lo paragono ai tre titoli precedenti dato che trovo non abbia molto senso. Di sicuro è ambizioso e ha tanta potenza, ma non ha lo stesso impatto del suo antecedente e in fondo diventa ripetitivo proprio dove l’altro era un incessante, travolgente corsa di follia e inferno puro.

Assalti alla diligenza, uno, due, tre…

La crescita di questa ragazzina che trae la propria forza per sopravvivere in un mondo di uomini brutali e deviati, dal desiderio di vendetta non mi basta. Non è la speranza, dice Dementus, interpretato dall’attore di Thor, Chris Hemsworth, a guidarci verso l’alto, ma l’odio furioso che chiede di essere nutrito e saziato.

Tutto questo sproposito di mezzi per l’ennesimo film di vendetta. Dopo Kill Bill, che per me è sopravvalutato a morte, anche qui si regge tutto sul più antico e infallibile dei motivi. Qualsiasi film, dal più geniale al più scemo (per entrambe le categorie basta citare Mandy di Cosmatos), resta in piedi grazie alla rima baciata di “una violenza subita e retribuzione inseguita.

E perdonatemi se dopo quarant’anni, io che sono cresciuto con Rambo, Robocop e soprattutto il primissimo Mad Max, anch’esso incentrato su una vendetta, mi ritrovo un tantinello esausto. Non mi accontento più della stessa cazzo di situazione. Troppo facile, capite? Funziona, ma è troppo, dannatamente facile.

C’è una cosa che Miller però ci fa capire di prezioso e salva Furiosa da tutta la marea di revenge-movies idioti con cui siamo cresciuti. Si tratta dell’idea che quando qualcuno si vendica non è davvero vivo, ma un morto vivente. Non c’è rinascita dopo l’omicidio del tuo carnefice, del tuo stupratore, del tuo aguzzino. E’ una cosa che fa comodo a Hollywood e agli scrittori di poca fantasia, ma è una boiata a cui bisogna smettere di credere.

Se ti vendichi, hai percorso un sentiero senza uscita, ti sei così alimentato di tossicità e sei arrivato allo scopo ridotto come un sacco di vermi. Furiosa è lì che si sveglia a un certo punto, in mezzo alle carogne e alla corruzione fisica, con una vecchia strega che la invita a restare. Lei però fugge e riprende il suo posto sul binario del plot, alla ricerca di colui che trucidò sua madre per fargliela pagare. Yeah, passami un altro pacco di pop-corn.

Il personaggio di Dementus è la miglior cosa del film e, nonostante Praetorian Jack (Tom Burke, mash-up facciale tra Tom Sizemore e Michael Madsen) se la cavi bene a farle da spalla, si sente dannatamente la mancanza di Max in questo film.

Ora si dice di un ripensamento di Miller, che dato l’insuccesso di Furiosa, il regista valuta di lasciar perdere e non girare il capitolo successivo. C’è chi ipotizza un ritorno di Mel Gibson e chi invoca un proseguo con gli attori di Fury Road, soprattutto quel cazzo di Tom Hardy, che era la perfetta reinvenzione del protagonista originale.

Sapete cosa non mi convince, qui? Per prima cosa la scena della morte della madre di Furiosa, a inizio film è telefonata e troppo vaga. Ci voleva qualcosa di più vile e intollerabile a trasformarne il responsabile nel più schifoso verme della terra. L’odio della protagonista io lo comprendo fino a un certo punto, invece. Dementus mi è quasi simpatico. Fisicamente sembra Rob Zombie fitnesizzato. Spaccone, furbo e un po’ tocco com’è, si guadagna la scena fino alla fine. Inoltre dopo più di due ore, a me personalmente da spettatore, non regge il rancore. Uno dei problemi di Kill Bill. Quattro ore per vendicarsi. Che palle! E questo rancore infinito non so vederlo neanche nello sguardo da scoiattolino satanico di Anya Taylor-Joy, che è brava ma secondo me non è la scelta migliore per la parte di Furiosa e non regge proprio alla grandissima.

Che altro non va? Gli inseguimenti. Bellissimi ma ce ne sono troppi. A George Miller gli è presa la Matrixite. Avrei preferito un maggiore approfondimento psicologico dei protagonisti, ma per il regista non c’è tempo, bisogna correre, correre, correre sull’ottovolante della violenza surreale, baracconesca e cinica di questo mondo post-apocalittico fatto di sciacalli, di mostri viventi.

Io amo ciò che ha creato Miller, ma inizio ad avere qualche dubbio sulla sua visione. Credo che il calo di pubblico sia dipeso anche da questo, seguite il mio ragionamento. Il discorso che in un futuro con scarsità di risorse, dove tutto è deserto e cadaveri di qualsiasi cosa, domini solo la legge del più forte e il più forte sia necessariamente il più spietato, il più cattivo, il più barbarico dei figli di puttana, non mi pare così convincente. Non più.

Mi sento un po’ sfiduciato da quest’idea che, se il mondo va a puttane sopravviveranno solo le più merde di noi. Si tratta di una visione di fine anni 70, influenzata dall’esperienza dei campi di sterminio nazisti e dal crollo delle rivoluzioni floreali e pacifiste. Dopo quegli eventi era dura per un ventenne colto e visionario, credere ancora che nel caos, l’uomo potesse dare il meglio di sé.

Oggi però il mondo è molto diverso. La tecnologia ci ha snaturati rispetto a quel tempo. Ci ha separato da quel modo di esistere. Nel 1980, i figli dei reduci di guerra non erano tanto lontani dal disastro in cui erano nati e cresciuti i loro genitori. Oggi le case diroccate, senza i tetti, saltati per via delle bombe, noi figli di due generazioni successive, non li notiamo neanche e gli ex hippie sono vecchietti adorabili le cui dentiere nascondono passati difficili nelle comunità di recupero ai tempi del terrorismo nero e poi del punk.

Non dico che messi alle strette, potremmo sorprenderci per intelligenza e fraternità sociali, ma penso sia ora, sul piano narratologico, di affrancarci un po’ da quel post-apocalittico così brutale e senza speranza dei film di Max. Ora è tempo di immaginare nuove apocalissi. Molti di questi franchise che dominano il mercato  odierno, non ci appartengono davvero e dovremmo archiviarli; invece seguitiamo a scaricarne le versioni aggiornate, intasando la memoria popolare di visioni ed esorcismi creativi che non ci servono a un bel nulla perché raccontano epoche lontane, che non conosciamo e non comprendiamo.

George Miller, così come James Cameron con i suoi Terminator, ci raccontano da quarant’anni sempre lo stesso post-umanesimo: un nuovissimo medioevo in cui scontare l’eccesso tecnologico, il peccato nucleare. In cui il bisogno artistico, spirituale e metafisico sono relegati a qualche bizzarro anfratto secondario e in cui la terra desolata è contesa da frotte di lupi che divorano altri lupi, in assenza definitiva di pecore. Fico,  molto metal, ma irrimediabilmente datato. E’ una concezione rimasta al palo degli anni 70, quando la realtà virtuale, l’A.I. e i social media esistevano solo nella testa di uno scrittore paranoico schizofrenico e che oggi sono la nostra normalità. La Fury Road che si sta asfaltando fuori sul deserto in cui vivremo, avrà tutto questo o almeno gli spettri di tutto questo. E non quelli di Reagan e dei Bush.  Quindi caro George, per me puoi anche fermarti qui. La saga di Max è compiuta. Ora è tempo di nuove apocalissi.