THE TROOPS OF DOOM, IL METAL PRIMITIVO

 

Parafrasando una celebre canzone dei Sepultura di Schizophrenia, ovvero From The Past Comes The Storms, il concetto di “eterno ritorno” si concretizza, solidamente e con veemenza, con Jairo “Tormentor” Guedz, chitarrista e bassista sui due primi sigilli dei Sepultura, l’EP Bestial Devastation e Morbid Visions, con l’avvento dei suoi The Troops Of Doom.

Stranamente ci sono personaggi fondamentali nell’aver creato e plasmato band seminali in un sottogenere dell’heavy metal, per poi rapidamente sparire e, tornare dopo tanti anni (vedi Piet Sielck, che contribuì a sviluppare il suono degli Helloween, eclissarsi e riapparire con gli Iron Savior), carichi di immutato furore espressivo.

Jairo è uno di questi, e alla veneranda età di 54 anni rimette in gioco tutto sé stesso con questo nuovo progetto. I legami mai dissolti con l’ex band madre ci sono tutti, non li nega, al contrario ne va fiero, così come con la riproposizione di quello stile sonoro. Essendo lui uno di quelli che ha contribuito alla nascita di un genere, non è certo un “follower” nostalgico e retrò per convenienza.

Certo, negli anni 90 ha militato in band quali The Mist, Eminence, Guerrilha, Attack Force, ma tutto sommato con poca visibilità e in sordina rispetto ai The Troops Of Doom, riemersi recentemente all’attenzione del “grande pubblico” metal. Qualche EP e due album sono stati sufficienti per riaccendere l’antica fiamma carioca, con un responso a volte tiepido, a volte sornione, a mio avviso molto contenuto e non così dirompente come ci si poteva forse aspettare. Grande passione e la forza di crederci non hanno ostacolato Jairo nel suo rientro, con il quale affrontiamo la narrazione di una scomparsa e di una riapparizione, catartica come scopriremo.

Jairo, dopo molti anni sei tornato a suonare musica originale con The Troops Of Doom: perché questo rientro e perché la scelta proprio di questo nome per la tua band?

Questa è un’idea che avevo in mente da molti anni ma per qualche ragione, suonando in altre band e sempre con un’agenda molto fitta, non era così facile da mettere in pratica. Sai, in realtà sono stato attivo con l’altra mia ex vecchia band The Mist, ma non proponevamo esattamente questo tipo di death metal old school che avevamo in mente per The Troops of Doom, ovviamente. Poi con la pandemia nel 2020 abbiamo avuto più tempo libero, bloccati a casa.. Questo ci ha fatto iniziare a lavorare sul progetto e tutto ha funzionato alla perfezione.
Per quanto riguarda la tua domanda sul nome della band, la canzone “Troops of Doom” è una delle più famose nei miei anni con i Sepultura e dato che l’idea sarebbe quella di “salvare” quel suono più primitivo e l’esperienza di quel periodo, abbiamo pensato che questo legame con il nome del brano sarebbe stato bello e importante, così da far capire alla gente per cosa siamo tornati. Abbiamo solo deciso di aggiungere “The”, per renderlo più esclusivo.

Senza dubbio l’associazione primaria che tutti fanno è con la tua ex band, i Sepultura. Quali elementi hai in comune e quali ti differenziano da loro, sia in termini di suono che di attitudine?

Il suono che stiamo sviluppando ha ovviamente tutto quell’approccio old school che eravamo abituati a creare negli anni ’80, quando lavoravamo su Bestial Devastation e Morbid Visions, quindi è fondamentalmente un percorso molto naturale per noi. È qualcosa che scorre nelle nostre vene e non abbiamo bisogno di fermarci a pensare, pianificare e forzare nulla. Questo è ciò che abbiamo in comune, credo, sai, dei giovani ragazzi ribelli che scoprono il mondo del metal. La differenza è che ora siamo vecchi (lol), ma la sensazione è esattamente la stessa, secondo me. E siccome siamo più maturi e più esperti abbiamo aggiunto altre cose più personali. Non c’è una formula, ma non stiamo affatto cercando di inventare la ruota. Vogliamo solo che la musica suoni come ai vecchi tempi, qualcosa che sia davvero piacevole da fare e da sentire, come i veri fan irriducibili di quell’età dell’oro del death metal che siamo e che saremo. La gente dice che The Troops of Doom è una sorta di continuazione di ciò che i dischi dei Sepultura sarebbero stati se io non avessi lasciato la band. Capisco questo punto e certo, può essere interpretato così, ma stiamo anche riportando in superficie le influenze di molte altre band importanti per noi, come Slayer, Celtic Frost, Kreator, Possessed, Sodom. Si nota facilmente quando ascolti la nostra musica.

I Troops Of Doom si muovono su coordinate sonore thrash spinte in territori più estremi. Come e in che quantità sono bilanciati gli elementi thrash e death nell’economia dei brani?

Beh, noi lo chiamiamo death metal anni ’80, ma è così che eravamo abituati a etichettarlo ai tempi. Questo non è connesso con il death metal “moderno” che è diventato famoso o come siamo abituati ad ascoltare nelle band di oggi. Non fraintendermi, per favore, tutti noi amiamo il death degli anni ’90, specialmente la scena della Florida. È fottutamente incredibile, ma potrei dire che il nostro “80s Death Metal” è più legato a un primitivo e più oscuro thrash metal che altro. Alla fine è un equilibrio di buon metal old school, anche con alcuni tocchi di black metal.

Nella successione temporale dei vari lavori il suono si è evoluto da una registrazione all’altra, pur mantenendo la stessa aura di brutalità: quali sono le differenze e che tipo di sviluppo hai dato nel tempo al tuo procedere?

Sì, credo che ci sia sempre un’evoluzione. Ci siamo via via affiatati come band, quindi, ora le cose sono più coerenti nello stile adottato; anche per quanto riguarda la produzione del suono. Per esempio l’album “Anichrist Reborn” ha un suono più potente rispetto agli EP, grazie a Mr. Peter Tägtgren, ma come hai detto e notato, in un modo che possiamo mantenere la stessa aura nostalgica degli anni ’80, primi anni ’90. Quel vecchio sentimento e la brutalità è ciò che ci rende rilevanti, credo. Questo è davvero il nostro obiettivo principale con la musica dei The Troops of Doom. Non facciamo musica per rendere felice l’industria musicale. Direi che stiamo nuotando controcorrente. Siamo quello che siamo. Se la gente sta cercando qualcosa di fresco e nuovo nel metal, è sicuramente nel posto sbagliato (lol).

In “Antichrist Reborn” l’artwork ricorda molto quello di “Bestial Devastation”; per quale motivo hai deciso di ricreare quelle suggestioni? È forse una sorta di “chiusura del cerchio” con il passato per dare vita a un nuovo inizio?

La cover è stata dipinta dal mio vecchio e talentuoso amico, Sergio “AlJarrinha” Oliveira, lo stesso artista della copertina di “Bestial Devastation”. Ha usato la stessa palette di colori e in effetti, l’idea era di creare lo scenario come se fosse una continuazione della copertina di Bestial Devastation. Il titolo “Antichrist Reborn” ha anche una connessione con il mio passato con i Sepultura e hai colto il punto, la parola “Reborn” suggerisce un nuovo inizio.

Tre cover dei Sepultura e una dei Celtic Frost: quali sono stati i criteri per la scelta di includerle nelle varie uscite? Sono legati al vostro passato che volete recuperare in qualche modo o è anche un input delle varie etichette e dei tuoi compagni di band ?

L’abbiamo fatto solo per divertimento in realtà. È anche naturale che stiamo facendo cover di canzoni che ho contribuito a comporre con i Sepultura, quando ero nella band, e ci è venuta la curiosità di vedere come suonerebbero oggi. Gli altri ragazzi della band, in quanto grandi fan dei Sepultura, erano davvero entusiasti di farlo, quasi come un omaggio. Anche i Celtic Frost sono una delle nostre band preferite, quindi abbiamo pensato che sarebbe stata una buona scelta per farne una cover come bonus track di “Antichrist Reborn”. La voce di Alex su “The Usurper” si adatta maledettamente bene e penso che il risultato sia grandioso.

Appurato che il sound della band è legato alla classica scena death thrash degli anni ’80 e ’90, ci sarà modo da parte vostra di aggiungere elementi più moderni ?

Niente affatto. Siamo tornati proprio per salvare quel vecchio suono metal primitivo. Non abbiamo alcuna intenzione di apportare qualcosa di moderno alla nostra musica. Deve essere “vecchio e reale”. Molto reale ! E sono sicuro che i fan possono percepirlo con i loro cuori.

Tutti i numerosi riferimenti e rimandi ai Sepultura, visivi e sonori, possono essere un’arma a doppio taglio; quali sono i vantaggi e gli svantaggi di legarsi a questa scelta ?

Onestamente non vedo svantaggi. Il mio passato con i Sepultura fa parte della mia vita, della mia storia di musicista e penso che sia naturale che io porti avanti questo legame in qualche modo. Ma naturalmente non siamo i Sepultura e infatti non vogliamo esserlo. Questo è solo un riferimento, un inizio di ciò che è The Troops of Doom nelle sue radici. E come ho detto, storicamente abbiamo questa connessione, ma musicalmente non si tratta solo di questo, come puoi notare, ascoltando i nostri dischi.

Come sono andati realmente i fatti che hanno causato l’uscita dai Sepultura ? Hai mai incontrato il primo chitarrista Wagner Antichrist ? E come sono oggi i rapporti con i fratelli Cavalera ?

Sì, ho incontrato Wagner e sono stato probabilmente la ragione della sua “uscita” dai Sepultura (lol), ma non era affatto una questione personale e siamo sempre amici. È un tipo a posto. Beh, sono stato quasi costretto a lasciare i Sepultura. Stavo per diventare padre ed ero anche un po’ stufo di suonare in quel periodo. C’erano molte difficoltà, eravamo giovani e ingenui, facevamo un sacco di viaggi, usavamo alcool e droghe, una follia totale che non riesco nemmeno a ricordare così bene. Non guadagnavamo soldi, infatti abbiamo dovuto spendere molto, investendo in attrezzature, strumenti musicali, spettacoli e tutto il resto, e io avevo responsabilità familiari davanti a me che purtroppo mi hanno fatto rinunciare. Me ne sono pentito in diversi momenti della mia vita, mi è mancato, soprattutto per l’amicizia che avevamo. E questa fu una delle cose che mi fece pensare e avere le idee chiare sul fatto di non essere più nella band, quando ci fu la loro separazione nel 96. Sono stato fortunato in tal senso a non far parte della band e a non perdere l’amicizia con tutti loro, ancora forte oggi, e a cui tengo molto. Il mio rapporto con Max e Iggor è sempre stato molto buono, così come con Paulo e Andreas dei Sepultura attuali.

Al tempo sei stato coinvolto nel songwriting di alcune delle canzoni che sono finite su “Schizophrenia” o sugli album successivi, e se sì, quali ?

Sì, certo. Solo per Schizophrenia però. Non sono sicuro di quali canzoni, ma quando ho lasciato la band il 50% di Schizophrenia o qualcosa di simile era già composto, quindi la mia partecipazione con varie idee che ho proposto è concreta.

Nei primissimi anni dei Sepultura puoi vedere Iggor Cavalera indossare magliette con una svastica. Ti ricordi il motivo di questa scelta ? Ti hanno detto perché avevano indossato proprio quelle t-shirt ?

Credo che Iggor abbia già risposto molte volte a questa domanda, ma sinceramente non ricordo il motivo. Comunque, a quel tempo non c’erano molti di questi “movimenti” politici che esistono oggi nella scena metal, ideologicamente intendo, e la gente coinvolta nel punk e nel metal usava simboli per scioccare la gente, come forma di ribellione, contro tutto e tutti. Per illustrare il male che quel simbolo rappresentava, senza alcuna connessione ideologica o politica più ampia. Ricordo che Sid Vicious dei Sex Pistols indossava una maglietta con la svastica. Forse Iggor pensava che fosse estremamente radicale e la indossava anche lui ! Eravamo giovani e onestamente non sapevamo davvero cosa stavamo facendo. Abbiamo forgiato le basi di qualcosa che poi si è rivelato molto importante per il mondo dell’heavy metal, i Sepultura sono diventati una delle più grandi band in questo ambito. È divertente pensarci. Abbiamo fatto tutto questo senza alcuna pretesa seria o professionale, almeno all’inizio.

La band brasiliana per una fetta di ascoltatori è la fedele e coerente reincarnazione dei primi Sepultura, delusi dalle vicende tormentate e dalle evoluzioni non sempre qualitativamente eccelse dei loro progetti, e riporta le lancette dell’orologio death e thrash metal indietro di quasi quarant’anni, nel bene e nel male.

Marco Grosso