La scintilla per parlare un poco di questo genietto del prog e dell’hard rock melodico è nata da un fatto irrilevante ai più, ma significativo per me, che ricollega due cicli solari distantissimi tra di loro temporalmente. Tutto nacque millemila anni fa, quando intervistai Carl Palmer per un quotidiano piemontese e tra i vari dischi che gli feci autografare, portai il debutto dei 3, dove appunto c’era anche Keith Emerson e lui, Robert Berry.
Nell’anno domini 2024 contattai lo stesso Berry per acquistare i due vinili successivi dei 3.2, con uno scambio di mail e quattro chiacchiere. Per un disguido dovuto a ritardi, per scusarsi di tale evento, Robert mi regalò un fumetto onirico – filosofico – epico dedicato a un suo progetto, i Six By Six, in compagnia di Ian Crichton (Saga) e Nigel Glockler (Saxon, GTR tra gli altri).
Orbene, spiegare a chi non lo conosce (chi invece sì, sa perfettamente di che parlo) cosa ha fatto di rilevante e di cui molto raramente si sente parlare, risulta articolato e ci si può perdere, ma ci provo, con una spietata sintesi. A parte una carriera a suo nome formidabile (Pilgrimage To A Point è uno degli album più belli del mondo, per me) Berry può vantare una collaborazione stratosferica in quello che ai tempi fu una sorta di proseguo degli E.L.P coi 3, e soprattutto il sostituto più che all’altezza di Steve Hackett nei GTR.
Abbiamo poi gli Alliance, con dentro robetta tipo membri di Boston, Night Ranger e Sammy Hagar Band e incursioni nel pop con la Greg Kihn band, che i più stagionati come me ricorderanno per il suo tormentone da discoteca Jeopardy, ballata in tutti i locali negli anni 80. Basterebbe così, accostargli, come capacità musicali, eclettismo e talento, pochi e incredibili scrittori come Russ Ballard, Desmond Child o Paul Sabu, ma sarebbe poco e lo si sminuirebbe.
Intanto Berry è polistrumentista e cantante (e che voce signori!), ha uno studio e fa il fonico e produttore, sa scrivere testi molto profondi e carichi di significato e non ultimo compositore di colonne sonore per film. Poi, vi ricordate i bei/brutti tempi a cavallo del 2000 quando andavano di moda i tribute album della Magna Charta?
Ebbene, in ognuno di essi Berry c’era. Rush, Pink Floyd, Jethro Tull, Genesis e molto altro, interpretati con una classe che poteva quasi competere con gli originali. Tutto questo elogio sperticato a che pro?
A chiedervi, se siete tra i molti, perché diavolo fino a ora non lo avete mai ascoltato, ma dopo il mio pippone so di certo che qualcuno lo farà. Dovete, perché il genio non si discute, si ama, come direbbero i fanatici talebani collezionisti e completisti. Agli altri, quelli fanatici solo delle one man band di black metal lituano che dire? Abubah!
Marco Grosso