The Warning – Un po’ di sesso non fa male a nessuno!

“Tre ragazze bellissime, tre sorelle furbissime”. Le nuove occhi di gatto del rock si chiamano The Warning e sì, potrebbero davvero essere la next big thing del rock contemporaneo. Due sono stati gli incontri, del tutto casuali, con “Ie tre lolitas” e come nelle migliori storie, alla terza diventa amore.
Circa un anno fa, fra le pieghe della rete uno youtuber designava la bassista Alejandra Villareal come la vera alternativa a Victoria dei Maneskin.

Sai che sforzo, direte voi, ma è appena l’inizio. Il secondo incontro avviene nella “caldazza” del post Wacken 2024, a casa mia. Spulciando fra i video del canale spuntano tre canzoni delle sorelline, ospiti dell’edizione. Stupido io che pensavo di imbattermi in una versione aggiornata delle Baby Metal o delle Spice Girls, mentre finisco risucchiato in mezzo a un’esibizione incendiaria a cavallo fra Rush e Muse.

Le tre sorelle messicane, che come ormai in molti sapranno, si presentano in formazione power trio, suonano come dio comanda, hanno una presenza scenica della madonna e scrivono pezzi che tirano giù i muri. Non c’è reality, music farm, non c’è trucco. Le tre muchachas vengono proprio da quella gavetta che si faceva un tempo.

A vederle in foto rappresentano la nemesi dei rockers, la sintesi di quel mondo che ogni rockettaro o metallaro schifa con tutte le sue forze; particolare curioso, a presenziare in larga parte ai loro concerti è proprio il rockettaro incallito, calvo o brizzolato, cinquantenne, con la panza e la maglietta di ordinanza. Ben vestite, linguaggio forbito e impostato, appeal innocuo che appare sexy solo nelle menti dei maschietti, niente sesso, né scandali, men che meno droghe o alcool, verrebbe da dire una noia mortale.

Tutto ebbe inizio a Monterrey con le consuete lezioni intensive di pianoforte somministrate alle giovani ragazze più o meno con la forza. Hai voglia a dire “la musica è tradizione di famiglia”. Poi sono arrivati il fund raising, YouTube e un master a Berkeley. Il resto, la cover di Enter Sandman, di cui non parlerò, i tour di supporto ai grandi nomi, dai Guns agli AC/DC, i concerti al Whisky A-Go-Go, sono stati la diretta conseguenza di un percorso frutto di una pianificazione scientifica ma che non ha comportato scorciatoie. Le ragazze hanno studiato e lavorato sodo e i risultati sono il frutto di una totale strategia di valorizzazione del talento.

All’epoca del loro EP di debutto datato 2015 Alejandra, Paulina e Daniela Villareal avevano rispettivamente 11, 13 e 15 anni. Avete letto bene; cioè, queste uscivano da scuola e dopo i compiti (o prima) si piazzavano in studio di registrazione. Nella title track del disco di debutto, XXI Century Blood, cantavano cose tipo:

Hey, yeah! What will our future hold?
Will we regret our addiction to the rush?
Hey, yeah! We’ve always been crazy so let’s fly away
And roam through the world that is slowly burning in the flames

Ora, di cosa si può parlare a quell’età? Il rischio di non essere credibili qualsiasi cosa si canti è altissimo. Passi appunto per la title track iniziale, una sorta di autopresentazione al mondo. “Siamo la generazione perduta, i figli del millennio, la retorica di noi anime perse in un mondo in fiamme”, ok ci sta. Da lì è un susseguirsi di ferite, cuori infranti, storie finite male, siamo già fortunati che le ragazze ce la raccontino senza il solito linguaggio adolescenziale, che poi anche se fosse stato, nel loro caso, che gli si poteva rimproverare?

Tenete presente che le ragazzine cantano e compongono in una lingua che non è la loro. Survive è già un pezzo che fa saltare dalla sedia, fosse solo per il pattern di batteria e il finale da paura. Questo in studio, figuriamoci poi dal vivo, ma il resto è un rockettino abbastanza innocuo, ben costruito e ben suonato, ma che, a un ascolto superficiale, trasmette meno del suo effettivo valore.

In rete gli articoli in italiano sulle The Warning si trovano con la lanterna, come se pubblico e addetti ai lavori le considerasse una baracconata. Ma è in US che le ragazze spopolano e investono risorse; non si contano le lodi sperticate su musica e soprattutto i testi, una roba che neppure Leonard Cohen. Io francamente tutto questo talento letterario faccio fatica a coglierlo, mi interessa il giusto e dopotutto scrivo su Sdangher!… avrò tempo per approfondire.

Da subito alle tre sorelline si pone un dilemma: siamo belle, giovani, ricche, brave e sgamate, ce n’è abbastanza per non essere credibili agli occhi dei vecchi rockettari. Alziamo l’asticella dei contenuti e pubblichiamo un concept album. Queen Of The Murder Scene è nobile negli intenti e nello script ma è un mappazzone allucinante. Il fatto di saper suonare passa in secondo piano, zavorrato da una trama incentrata sulle ansie maniaco depressive di una donna e da tanti, troppi pezzi soporiferi che non decollano.

E’ al terzo giro che il trio trova la quadra: Error è un gran bel disco di rock alternativo, pezzi brevi e smussati che vanno dritti al dunque. La formula di Survive viene asciugata e iniziano a fioccare le prime hit. Le ragazze nel frattempo sono cresciute e diventate tutte maggiorenni, i testi sono messi più a fuoco e il nome inizia a girare anche qui, al punto che i festival europei iniziano ad accorgersene e arriviamo al Wacken 2024.

Keep Me Fed esce nel pieno dell’estate ed è il disco che non può sbagliare. La forma canzone è la stessa di Error ma i suoni sono più ciccioni e oscuri, i chorus scolpiti nella roccia come quello di Six Feet Deep, spuntano tempi in levare (Escapism), groove ai limiti del ballabile, pezzi un po’ hard e un po’ alternative pieni di energia.

Il disco, lasciatemelo dire, è una festa, uno di quei lavorti da ascoltare mentre scapocci e canti a squarciagola. Iniziano a girare i primi filmati almeno per chi si imbatte solo ora nella band e fischia, queste suonano di brutto. Sembra di vedere i Rush, sono in tre e sembrano otto, tutte cantano, tutte suonano, tengono il palco con una naturalezza che fa spavento, anche se pesano cinquanta chili in tre.

Questo succede quando si nasce nel posto giusto al momento giusto, una famiglia messicana benestante che ha investito, pianificato e organizzato il percorso verso la celebrità che appare oggi tutto in discesa.

Pose sparate a profusione, utilizzo compulsivo di Instagram, foto con le bocche a culo di gallina e tutto l’armamentario social dei millenials, ma a noi non ce frega un tubo perché queste sul palco accendono letteralmente le micce. Non passa giorno in cui le pagine social della band, Facebook, Instagram, Threads o qualsiasi altra. non propongano contenuti di vario tipo, dalle semplici interviste ai reel di spezzoni live.

Quando invece si va fuori tema, ecco il Trivial Pursuit della band, la partecipazione a varietà in modalità Q&A fino alla presentazione della mamma data in pasto ai fans (tale madri, tali figlie…).

Se dietro quegli account ci fosse una sola persona, gli avrei già diagnosticato la sindrome di Asperger, la stessa che porta Elon Musk a condividere contenuti in modo compulsivo su “X”, ma sappiamo benissimo che tutto questo è frutto di una strategia fortemente voluta e ormai consolidata soprattutto fra le band di nuova generazione.

Vola, The Warning, Ghost, Falling Reverse, Sleep Token e tanti altri ricorrono alle stesse tecniche di marketing, il risultato di un conformismo di mezzi dettato dal ruolo prevaricante delle piattaforme. Un tempo era senz’altro tutto più artigianale ma anche più caratterizzante e probabilmente creativo.

Si tratta di un aspetto che contribuisce a rendere ancora più arido un contesto che invece potrebbe stuzzicare gli appetiti musicali di tante persone assai più di quanto avviene, e a quel punto Gene Simmons che farnetica “il rock è morto” sarebbe trattato alla stregua dello scemo del villaggio. Sto per addentrarmi in un territorio estremamente scivoloso.

E’ senz’altro positivo che tre ragazze si facciano apprezzare per come suonano e per cosa suonano, non per gli abiti succinti, le curve, o le pose provocanti. Qui c’è un “però” grande come una casa, perché è pur vero che le ragazze fanno una musica meravigliosa, potente, melodica e ad alta tensione emotiva, rock n’roll in una parola, ma il grande assente qui è tutto il contorno che lo rende magico.

Fa strano vedere tre ragazze nel pieno della loro giovinezza che non trasmettono niente oltre alla musica, nessuna pulsione erotica, né concessione alla sacra triade che per carità, siamo d’accordo che di vittime e danni ne ha fatti sin troppi e che sarebbe ora di voltare pagina…eppure l’hip hop, la trap e lo stesso pop mainstream regalano tonnellate di sessualità ed erotismo, giocano con stereotipi e provocazioni senza avere la pretesa di mandare messaggi in qualsiasi direzione.

Il metal e il rock sono diventati generi per intellettuali, da gente che porta gli occhiali, come ebbe a dire qualcuno. La buttiamo sulla tecnica e sui contenuti solo oggi, proprio nell’epoca in cui l’attenzione per i contenuti tende ormai a zero.

Detto questo, vedremo cosa le The Warning saranno capaci di fare, l’età è senz’altro dalla loro parte e i presupposti per partorire grande musica ci sono tutti. Quello dei social alla fine è un falso problema, basta fregarsene e concentrarsi sulla musica. Dopotutto se Nergal può vendere i croccantini vegani su Instagram, tre millenials che si vendono sui social non possono costituire un problema. Io lo sostengo da anni, togliete internet e i social ai cinquantenni che sono conciati molto, ma molto peggio dei loro figli.