Fenomenologia del musicista metal amatoriale… parliamone!

Non esiste metallaro di qualsivoglia estrazione, ceto sociale, età, sesso, razza e religione che non abbia provato almeno una volta nella vita, e al culmine della sua passione, a imbracciare uno strumento qualsiasi sognando di calcare palchi avveniristici in stile World Slavery Tour. Chi dice di no mente. Altrettanti sono quelli che hanno provato a mettere su la classica band, con gli amici della “cumpa”, magari esplorando la scena locale e oltre.
C’è un po’ di tutto in questo enorme calderone, giovani ambiziosi con la voglia di sfondare e spaccare il mondo; impiegati alla ricerca di un hobby per scaricare le tossine di una settimana lavorativa; cinquantenni che in gioventù hanno quasi assaporato lo status di rockstar. Queste più tutte le tipologie di situazioni che stanno in mezzo, incluso chi si riunisce dopo decenni perché ha fatto quel disco nell’83 “seminale per il movimento tal dei tali”.

Solitamente una di queste categorie punta l’indice su almeno una delle altre additandola come responsabile di tutti i mali del mondo, o meglio, come se fossero la radice di tutti i problemi del settore o della scena.
Io appartengo senz’altro (e lo dico senza vergogna) alla seconda categoria, quella degli impiegati pieni di tossine da sgravare.

Sono sempre stato un musicista amatoriale, non ho mai pubblicato dischi veri, firmato contratti con chicchessia o partecipato a tournée di un livello vagamente professionale. Però ho avuto la fortuna di suonare in tante band, situazioni e generi diversi, in posti abbastanza interessanti ma sempre in un contesto diciamo “locale”.

Ho bazzicato le backline di eventi grandi e piccoli, all’estero come in Italia, per cui ho potuto conoscere e vedere da vicino grandi musicisti, produttori, promoter e non da meno quelli che si spaccano la schiena per rendere possibile tutto il grande circo.

Questa non vuole essere una lista dei precetti messa giù alla meno peggio per insegnare qualcosa a qualcuno, me ne guardo bene. Rappresenta piuttosto un insieme di riflessioni a voce alta magari esposte un po’ a caso ma frutto di tre lustri passati fra un palco e l’altro, nella speranza di scaturire magari un dibattito o un confronto.

Non è forse l’obbiettivo non dichiarato di ogni appassionato quello di contribuire a creare una scena virtuosa e sempre più florida, che non si limiti soltanto a vivere di ricordi, sia dalla prospettiva del pubblico che da quella dei potenziali musicisti?

Questo mi consente di affrontare l’argomento in totale trasparenza, senza recriminazioni né sassolini da lanciare nell’occhio di qualcuno. Quello che chiedo e ho chiesto è di divertirmi e, possibilmente, di far divertire.

Posso essere professionale e consapevole che per molti dei miei “business partner” la musica è un lavoro che risponde a logiche imprenditoriali, senza per questo essere accusato di intasare i locali o rovinare la scena?

Se ci riesco, sì.

Che in giro ci siano quattro band tributo o migliaia di musicisti pronti a scalpitare nel nome del vero metallo è poco rilevante. La scena musicale è un mercato che risponde alle logiche della competizione e ritengo tutto sommato che sia anche, se non del tutto meritocratica, almeno realista e specchio della quotidianità.

Pensiamo un attimo al concetto di talento. Quante volte ci siamo sentiti dire che sul lavoro debbano essere premiati i cosiddetti meritevoli, o per lo meno le “persone di talento”, un concetto che ci ripetono anche quando disquisiamo di musica. Ma sappiamo tutti che le variabili sono innumerevoli, non ultimo quell’imperscrutabile famoso concetto quantistico denominato culo, traducibile con un banale “posto giusto e momento giusto”.

Se bastasse saper suonare a mille uno strumento, i diplomati al CPM farebbero la storia della musica italiana e metterebbero in riga il mainstream, e invece ne ho conosciuti molti (troppi, per i miei gusti) che dopo il diploma si limitano a suonare in cameretta guardando il soffitto in cerca di nuove crepe. Questo perché conta sapersi proporre, comunicare e relazionarsi, gestire le persone, arrivare preparati… proprio come in ogni lavoro e nella vita in genere

Ok partiamo con i numeri:

1) Avere una visione

“Hai qualche consiglio da dare ai giovani musicisti ?” Quante volte abbiamo sentito porre questa domanda al musicista di turno, uno di quei quesiti fatti col pilota automatico alla maniera di “hai qualcosa da dire ai fans italiani”? La riposta più gettonata è senz’altro “siate voi stessi”, che per quanto possa suonare banale e ripetitiva forse non è stata recepita abbastanza, considerato l’andazzo generale ormai votato al revivalismo spinto.

Tutti partiamo da qualcosa e quel qualcosa sono le tanto vituperate cover; sviluppare uno stile personale non è per niente scontato e non è detto che ci si riesca, ma liberare la testa da schemi, obblighi o condizionamenti di sorta aiuta senz’altro. Vale anche per cover band e i tributi, perché non tutte le band sono uguali e se volete distinguervi dovete metterci del vostro, sia nella scelta della band da tributare che nel modo in cui lo fate.

2) Studiare, adeguarsi al cambiamento

“Il metal”, diceva un amico produttore, “è un genere che si suona “di pancia” e difficilmente troverai un musicista capace di leggere il pentagramma”. Ok, tutto bello e affascinante, però se vuoi fare di qualcosa un mestiere, regola generale, a un certo punto occorre aggiornarsi o comunque mettersi in discussione in qualche modo, perché se non lo farai tu ci sarà qualcun altro pronto a prendere il tuo posto.

Le biografie delle band presenti sul mercato editoriale raccontano tutte all’incirca la stessa storia, i sogni di gloria non sopravvivono a un periodo di 6-7 anni per essere generosi, dopodiché occorre adeguarsi al cambiamento delle mode, degli umori, ai casini contrattuali e agli scazzi con i compagni di viaggio; anche se oggi i musicisti sembrano più preparati e consapevoli di come vada gestito il business, questo va detto

I Metallica del ’91 rappresentano ancora l’esempio lampante di band capace di campare di rendita su quanto fatto nei primi otto anni di carriera, consolidando il cambiamento quando era il momento di farlo, ma questo discorso si può fare anche per una band come i Saxon, tanto per dirne una.

Comprendo che il metallaro veda tutto questo come fumo negli occhi, la storia del nostro genere è piena di esempi in cui fantastiche band hanno mandato la carriera a puttane per rincorrere un cambiamento che magari non era neppure nelle loro corde. Grande responsabilità ce l’hanno anche pubblico e addetti ai lavori; spesso eterni Peter Pan refrattari a qualsiasi novità, che si accontentano di coccolarsi con la coperta di plaid griffata Helloween, la birra Stout dei Maiden o il cofanetto deluxe a 150 euro dei Survivor.

3) Concentrarsi sulla composizione

Fregatevene se il riff è uguale a diecimila altri, voglio dire, non fermatevi lì: la storia della musica è piena di canzoni scritte sui soliti accordi. Piuttosto, concentratevi su una bella melodia da schiaffarci sopra; è quella che fa tutta la differenza del mondo. Mick Jagger diceva che il cantante è il membro più importante di una band, e aveva ragione. Provate a comunicare qualcosa, anche sul palco, non siate dei semplici esecutori.

4) Essere professionali

Certi atteggiamenti da rockstar di provincia credo che ormai appartengano alla memorialistica, ma sbraitare contro locali e magazine nel nome del vero metallo, magari per una recensione negativa o per una data negata, è un atteggiamento anche quello da eterni Peter Pan, oltre che da idioti. Ricordo che i soggetti di cui sopra ci mettono faccia, reputazione e soprattutto soldi, per cui se volete che qualcuno investa su di voi dovrete essere assolutamente convincenti.

5) Niente di personale

Spesso il musicista ha gli stessi difetti dell’ascoltatore e non a caso nel metal i due ruoli coincidono. Essere se stessi non vuol dire chiudersi al mondo. Siate consapevoli che col passare del tempo e della vostra crescita come musicisti, vi ritroverete a suonare con persone sempre più lontane dal vostro contesto di partenza e quindi culturalmente lontane da voi. E se volete combinare qualcosa dovrete concentrarvi su un obbiettivo comune, non prendere ogni minima questione sul personale, dal calendario delle prove a qualsiasi altra quisquilia.

6) Adottare una strategia promozionale

Qui si va oltre il marketing e il ruolo del social media manager, mi riferisco a questioni più spicciole e forse più legate al contesto amatoriale. Una volta che avete confezionato la vostra offerta, fate sviluppo: entrate in contatto con produttori, fonici, gestori, giornalisti, magazine. C’è un solo modo per farlo, ed è essere presenti fisicamente. Fatelo di persona! Mandare mille mail o richieste di amicizia a locali che magari un domani spariranno, genererà in voi soltanto frustrazione.

7) Cazzuti e motivati

Per quanto suonare alla fine possa essere un hobby, dato che buona parte di voi lavora in banca, o al più un modo divertente per arrotondare grazie a quel disco di culto che avete pubblicato a vent’anni, mentre oggi vendete le cucine all’Ikea, una cosa è certa: dovrete essere estremamente cazzuti nell’attitudine.

Suonare non è come farsi la partita di calcetto al mercoledì sera, è qualcosa di più. I metallari, ma diciamo pure gli appassionati di tutti i generi, prendono la musica molto seriamente e non può che essere così, quindi fatevene una ragione.

Ho una collega con la passione per il teatro che da anni lavora con piccole compagnie di provincia, le classiche situazioni amatoriali che investono tutto sul classico spettacolo all’anno; beh, non avete idea dell’impegno, della passione e del lavoro che stanno dietro a realtà come quelle.

Affrontare il palco è sempre difficile e provare a farlo con degli strumenti in mano lo è ancora di più. Ho visto gente scannarsi per un logo, cover band litigare sui social per la titolarità di un monicker, figuriamoci se parliamo di band affermate e a contratto… voglio dire, è sotto gli occhi di tutti.

Se pensate che essere parte di una band sia solo un modo per togliervi da casa o per ritagliarvi una serata libera lontano da vostra moglie o dai figli, lasciate stare. Personalmente, a casa mia ci sto parecchio bene e siate pur certi che questo si rifletterà in tutto ciò che fate. In bocca al lupo a tutti quanti!