IL RAGNO
Il demone sotto la pelle è cominciato con un sogno che ho fatto, in cui un ragno usciva dalla bocca di una donna, di notte, mentre lei dormiva. Il sogno era molto lineare, non aveva nulla di spaventoso. Era semplicemente: “Oh! Sì. Il ragno che vive nella sua bocca”. Sembrava che quella creatura vivesse proprio lì, dentro di lei. Usciva di notte, girava per la casa e tornava nella sua bocca, dentro il suo corpo. Durante il giorno, lei non sapeva nulla di tutto ciò. In seguito, riflettendoci, ho pensato: “Oh mio dio, quella immagine sta davvero dando una forma fisica all’idea che dentro di noi accadono cose che sono strane e inquietanti”. Inoltre sembrava che fosse il ragno a darle vita quando era sveglia. Materializzare questo in un insetto o in un essere vivente era davvero l’aspetto originale del sogno, quello era realmente il nucleo intorno al quale si è sviluppato Il demone sotto la pelle.
David Cronenberg è percepito da molti anni come un genio inquietante, un tipo strambo capace di rendere poetica la sua alienante visione delle cose. Non c’è probabilmente un regista che si cali meglio nella griglia concettuale del cinema d’autore.
Ho sentito dire che un’opera prima (d’accordo, c’erano già altre cose ma il debutto vero e proprio nel mondo del cinema professionale e da risonanza festivaliera è stato Shivers – in italiano Il demone sotto la pelle…
Dicevo, ho sentito dire che un’opera prima di un grande autore, abbia già in bella mostra tutti gli elementi rappresentativi che l’autore stesso poi continuerà a sviluppare ed esplorare nel resto del proprio cammino filmografico.
Poniamo caso che Cronenberg fosse morto l’anno dopo l’uscita di Shivers. Avremmo teoricamente potuto concepire il suo universo basandoci solo su quel film? Dubito che questo sarebbe stato possibile senza il suo insistito riandare a certe questioni che ci permetta ora, a posteriori, di individuare tutti gli elementi della sua ossessione e snocciolarli partendo da quello che in apparenza era uno strambo B Movie.
Chi avrebbe mai potuto intuire la faccenda della “nuova carne” partendo dal parassita che rende la gente priva di tabù?
Leggendo vecchie interviste o stralci della sua biografia, Cronenberg ci racconta dei suoi primi film.
Per lo più sono cose prosaiche: problemi tecnici per girare quella determinata scena; scazzi con i produttori che non vogliono accontentarlo; difficoltà per aggirare la censura e ansie per gli incassi al botteghino.
Cronenberg è sempre stato infatti un uomo molto concreto. Ha realizzato le sue cose personali assicurandosi di confezionare il messaggio in una veste fruibile per un pubblico da drive-in, perché guadagnar soldi è il solo modo di continuare a fare film.
Per questo gli spunti dei suoi lavori, specie i primi, sembrano tutte idee riprese dal taccuino dei sogni di William Castle dopo notti gravate da indigestioni invincibili.
-Una sanguisuga che si infila nei corpi degli inquilini di un moderno palazzone e li trasforma in mandrilli assassini.
-Una vagina vampirica che si sviluppa sotto l’ascella di una ragazza. Potrei tagliar corto dicendo “ascella vampirica” ma non sarebbe esatto.
-Una donna partorisce dei mostriciattoli e li usa per vendicarsi dell’ex marito che gli ha portato via la figlia.
Insomma, sulla carta questi spunti sono sfide difficilissime che Cronenberg ha vinto, trasformando “robaccia” gore in qualcosa di molto serio e affascinante. In questo senso, il remake de La Mosca, facendo commuovere e vomitare allo stesso tempo la platea di mezzo mondo, è il suo più grande capolavoro di congiunzione tra alto e basso.
TRE ANNI
Ci sono voluti tre anni per convincere la Cinepix a investire del denaro sul film. I due o tre anni che ho dovuto aspettare, tra la stesura della sceneggiatura e la realizzazione sono stati emotivamente molto difficili: frustrazione in ogni momento di sonno e di veglia. Mi ricordo bene quei terribili momenti in cui mi svegliavo di colpo e pensavo che fosse tutto un sogno. Una specie di fantasia. Ero un ragioniere che ha questa assurda fantasia cinematografica e si sveglia di colpo per scoprire che non è assolutamente un regista.
Ho sempre considerato incoraggiante e avvilente allo stesso tempo, che i dubbi e le paranoie sul proprio talento e sulla propria fortuna, siano gli stessi nei più grandi geni e negli aspiranti artisti fallimentari, quelli costretti a una vita di mediocrità e di rinunce. Cronenberg, così come Fellini, ha sempre temuto di essere un impostore. Questa cosa probabilmente succede quando un autore realizza il tipo di film in grado di scatenare la critica con teorie e considerazioni avulse dalle proprie reali intenzioni. A parte Fellini che in alcuni casi ha usato il mondo come un lettino di un analista, Cronenberg l’ha invece portato nel suo perverso laboratorio scientifico. Se c’è stato un dottor Frankestein vero, nel mondo della poesia e della scienza, questo è stato ed è ancora lui.
LOS ANGELES
Durante quel periodo pensavo che forse il Canada non avrebbe funzionato per me. Così sono andato a Los Angeles con Norman Snider, il mio compagno d’Università. Quella è stata la mia prima volta. Era febbraio inoltrato, quando il clima a Toronto è assolutamente triste. Siamo scesi dall’aereo e, mio Dio, il sole splendeva e c’erano le palme!
Abbiamo noleggiato una Mustang decappottabile, e ascoltando i Beach Boys abbiamo imboccato l’autostrada di Santa Monica con il vento tra i capelli e la musica nelle orecchie. Pensavamo: “E’ proprio tutto vero”.J. DEMME
Incontrai Jonathan Demme. Era in affitto nella casa sulla spiaggia di Barbara Steele. Eravamo seduti sulla spiaggia, e a un certo punto Demme mi dice: “ho letto la tua sceneggiatura”. Io dico: “Hai letto la mia sceneggiatura?”. Mi risponde: “Sì, un tipo della Cinepix è venuto a trovarmi e mi ha chiesto se volevo dirigere il film”.
Io sono andato fuori di testa. La Cinepix voleva disperatamente la sceneggiatura, ma non voleva me come regista per ovvi motivi. Fare tremila miglia per scoprire questo tradimento! Così tornai a Toronto davvero furioso. Ma quando arrivai, trovai un messaggio che mi aspettava, in cui c’era scritto che la Cinepix aveva finalmente trovato un accordo con la CFDC per finanziare Shivers. Così quello fu l’inizio della mia carriera come professionista.
C’è un aspetto dei primi film di Cronenberg che noi spettatori non consideriamo. Ciò che lui mette in scena non è solo un film, ma uno spericolato apprendistato. Non esiste regista che sappia davvero cosa stia facendo, specie all’inizio. Lui aveva scritto una valida sceneggiatura e veniva da una serie di medi e corti tecnicamente validi, ma per esempio, non sapeva assolutamente come gestire un’attrice che non fosse da sola in grado di prodursi in un pianto.
La faccenda ha generato uno degli aneddoti più divertenti che il regista racconta sul proprio lavoro, ma questa era la sua situazione su quel set; poteva perdersi in qualsiasi momento. E morire mille volte disperato ogni volta che affrontava i giornalieri. Sapete cosa sono i giornalieri di un film, vero?
Col tempo è diventato quasi un regista infallibile, ma quel senso di smarrimento credo abbia continuato a provarlo per molti anni e ogni tanto, si sorprenda ancora a sentirlo, magari esaltandosi anziché deprimersi.
La mutazione dunque è cominciata. E non poteva che partire dal profondo, dall’oscuro: dalla putrefazione del desiderio. Esemplare la prima scena del film: un vecchio (solo dopo si saprà che è lo scienziato) che strangola la ragazza, la spoglia, e la sottopone a una rapida laparatomia; dallo stomaco squarciato salta fuori qualcosa di vagamente fallico che si attacca al suo volto. E l’uomo, per liberarsene, a sua volta si taglia la gola. È la prima quota di sangue (denaro) versato per la nuova carne. Poiché il parassita agisce per via cutanea, sarà la carne a urlare (desiderio sessuale) per la repressione. E visto che il morbo si trasmetterà per via orale, di conseguenza, il bersaglio da stravolgere sarà il desiderio stesso, nella sua fase primaria di libido orale.
Affermatasi la fase primaria del contagio (attraverso il sesso e il sangue, la bestialità e l’omofilia) non resterà altro ai protagonisti-simulacri (tra cui è da segnalare solo la rediviva Barbara Steele, non a caso nel suo ancient role di lesbica) che discendere dalla casa/fallo (personificazione dell’uso “privato” della trasgressione erotica) per andare a diffondere al mondo la lieta novella della mutazione che annuncia la nuova carne. (Domenico Cammarota – Storia del cinema dell’orrore 3)
Non c’è niente di più noioso di un critico che scrive sui film di Cronenberg. Almeno per me è una palla da leggere. Non sto dicendo che vedano cose che non ci sono nei suoi film e che per questo siano noiosi – va bene interpretare in modo personale un’opera d’arte, andando oltre le intenzioni di chi l’ha fatta. Penso però che sentono tutti, riguardo lo scrivere su Cronenberg, di dover apparire intelligenti. E siccome sospettano di non esserlo abbastanza, sovente si nascondono dietro un linguaggio oscuro e complicato.
Non voglio generalizzare. Di sicuro ogni tanto si incappa in pagine illuminanti, ma sotto sotto c’è quel senso di esagerazione della critica, pronta a parassitare qualsiasi visione e sovrapporvi o svilupparvi, come in una protesi carnale cronenberghiana, la propria visione.
Diciamo che il rapporto tra Cronenberg e gli esegeti che lo assalgono da vivo, come avvoltoi impazienti di aspettare che sia almeno una mezza-carogna, è un ideale visione stile “nuova carne” tanto cara a Canova, con bitorzoli concettuali e cucurbitacee che affiorano e si protraggono dalla ciccia visiva del regista stesso.
Uno scienziato crea una razza di parassiti che possono cibarsi dei tumori umani. Sarebbe la scoperta del secolo, se quelle lumache viscide non fuggissero al controllo del loro geniale “papà”, infettando il resto dei condomini che, a loro volta, li trasmettono ai rispettivi partners, tramite i rapporti sessuali. Una situazione che avrebbe fatto la gioia di qualsiasi produttore di film porno si rivela un vero e proprio incubo a luci rosse: i contaminati infatti non diventano degli amabili stalloni o delle accoglienti ninfomani, bensì delle bestie furiose che strappano non soltanto gli abiti ma anche la carne delle vittime.
Con qualche piccolo debito alla saga degli zombi di Romero e a L’invasione degli ultracorpi, Cronenberg nel suo primo film per il circuito commerciale, anticipa tutta la “poetica” (diciamo così) delle opere successive: la contaminazione e la metamorfosi dell’essere umano in un organismo provvisto di funzioni vitali totalmente sconosciute e inaspettate. “Ci sono malattie che vengono considerate delle schiere di barbari che distruggono una macchina ben funzionante, il corpo umano. Io penso invece, che queste malattie trasformino il corpo umano in una nuova macchina, con altri scopi. (Nuova carne come nuova macchina)
(Maurizio Colombo – Almanacco della paura 2007)
Si viene a scoprire che il medico conduceva esperimenti atti a sostituire il trapianto di organi con l’uso di parassiti da inoculare nel corpo umano e in grado di fare il medesimo lavoro degli organi malati. Ma lo scopo finale del dr. Hobbes era quello di potenziare col parassita in questione la libido sessuale umana. Il parassita così inoculato risulta riprodursi con i rapporti sessuali (sconvolgente anticipazione dei meccanismi dell’AIDS) (Pino Bruni – Il cinema Northern
Riguardandolo per l’ennesima volta, mi colpisce improvvisamente un particolare che non avevo mai notato. Il tavolo. Quando il dottor Hobbes sta per posizionare il cadavere della ragazza sul tavolo, nella fortissima scena d’apertura, quello è ancora apparecchiato per la colazione di una persona. Mi domando come possa aver fatto un’azione così banale, il dottore, visto ciò che poi si sarebbe risolto a uccidere l’assistente. Forse ha sorseggiato il caffellatte e poi ha detto fra sé: “eh, non vedo alternative. Dovrò ucciderla e suicidarmi”. Non so cosa ne pensiate voi.
MOSTRARE L’INIMMAGINABILE
Io devo mostrare certe cose, perché sto mostrando cose che la gente non potrebbe immaginare. Se le lasciassi fuori dallo schermo non esisterebbero. Se tu stai parlando di sparare a qualcuno, o di tagliargli la gola, puoi farlo fuori dallo schermo, il pubblico avrebbe un’idea di cosa sta accadendo. Ma se immagini Max Renn in Videodrome e il taglio nel suo stomaco… se lo avessi lasciato fuori campo che cosa avrebbe pensato che stava accadendo, il pubblico? Semplicemente non avrebbe funzionato. Presento al pubblico delle immagini e delle situazioni che devono essere mostrate, non c’è altro modo di farlo. Non lo faccio con l’intenzione di sconvolgere.
Io non gli credo quando dice ‘sta cosa, e la ripete spesso. Insomma, c’è sempre un modo per mostrare senza far vedere, con risultati anche più tremendi. La verità è che a lui piace mostrarti le cose più bizzarre che riesce a concepire sottovalutando la tua capacità di immaginazione. Ha bisogno di rendere vere le sue immagini mentali e non voglio dire che sia inutile o gratuito. Penso sia più sano ammettere che la scena in cui la mamma della covata (censurata in TV) allatta la prole, sia magnifica, per una sensibilità che Tolstoj definirebbe malata, come la mia che far dire al protagonista di aver visto qualcosa di inenarrabile, in stile Lovecraft.
Se The Brood e Rabid sono due film davvero tetri e permeati da una cupezza e una malinconia tremendi che ritroveremo in La mosca, La zona morta, Inseparabili e via così, Shivers è un po’ diverso e non sono in molti a notarlo. A parte l’idea da serie B pura delle sanguisughe che si inseriscono nei corpi della gente e ne scatenano gli impulsi come in un porno, ci sono parecchi momenti comici, siparietti messi lì con un effetto cumulativo. Molti personaggi sono macchiettistici e il ritmo generale è più quello del film demenziale che di una “roba seria” di Cronenberg.
E come delle diapositive esemplificative arrivano via via che comincia la mattanza, tutti i tabù violati, con effetto inventariale, una specie di Sade incontra Freud:
Al minuto 57 c’è una scena a tre, un’orgia in cui sono coinvolti una ragazzina, sua madre e un cameriere del ristorante. Impensabile rifarla oggi. Ed è proprio la bimba a darsi da fare più degli altri due col portiere. (Pedofilia)
In un’altra scena ci sono due gemelle tenute al guinzaglio, come cani e tali si comportano voluttuose. (bestialità)
In un appartamento dove il dottore si nasconde per sfuggire a due uomini in costume diretti alla piscina, c’è un uomo barbuto e una ragazzina bionda. Lui dice di essere il padre e gliela mostra con orgoglio prima di baciarla e invitare lui a unirsi a loro. (incesto)
La mutazione ha spinto l’uomo e la donna oltre ogni barriera morale: concetti come tradimento, stupro, pedofilia non hanno più senso, nella nuova unità sociale creata a immagine e somiglianza del virus. Homo Homini Lupus, di nuovo e per sempre nella successiva filmografia cronenberghiana, macro-testo in costante anticipo sui tempi evolutivi di un mondo che, soltanto nel 1981, riconoscerà l’AIDS come concreta e letale malattia ereditata da coloro i quali, nell’estate del 1975 escono trionfanti dai garage delle ST a bordo delle loro auto. Ha inizio la diffusione. (Claudio Bartolini – Nocturno)
Il dottore dal canto suo, rappresentante della scienza, della razionalità, è oltremodo sbrigativo nel risolvere la faccenda. Uccide le cavie scatenate, anziché tentare di capire gli sviluppi dell’esperimento. L’elettricista di colore lo massacra con un bastone di ferro e poi spara subito al portiere che sta aggredendo l’infermiera/amante. Lo punta alla schiena, rischiando di uccidere anche lei.
Shivers è comunque un passabilissimo film da drive-in. Dubito che i giovani degli anni 80, uscendo dal parcheggio si dilungassero in confronti con le proprie pischelle sulle prospettive filosofica dell’orgia con le sanguisughe. Ancora oggi bisogna aspettare certi momenti in cui fa capolino il David autore per capire quanto lui sia strano e che ha strane cose da dirci; ma se prendete I carnivori venuti dalla savana (Squirm), uscito praticamente nello stesso periodo e diretto da un regista-regista di cui scriverò più avanti, Jeff Leibermann, l’idea è allo stesso livello, Non sono vermi contagiosi di qualcosa, ma divorano tutto, come termiti. Non c’è il sovraccarico poetico di Cronenberg a renderla un’orgia “intellettualmente stimolante”, è solo un bisogno “carnale” di andare al sodo e far passare un’ora e mezza di svago alle coppiette.
UN FILM COME UN PALAZZO A TRE PIANI
Creazione postmoderna per eccellenza, le cui innovazioni confortevoli e iper-tecnologiche vengono illustrate in diapositive sui titoli di testa, è un centro residenziale autonomo e isolato dal contesto sociale, nel quale l’essere umano dovrebbe trovare la pace e la tranquillità che nel mondo contemporaneo gli sono negate.
Un’unità in crisi peculiare, epicentro di un progresso abitativo, industriale e conseguentemente sociale che mette in crisi le precedenti strutture fornendo una chiara, edonistica ed edificante alternativa. Ma il virus altera ogni equilibrio, insinuandosi nel corpo inanimato delle ST ben prima che in quello vivente dei suoi ospiti. Le strutture mostrate in diapositive (giardino, locale lavanderia sotterraneo, stanze, corridoi, piscina) diventano i gangli della proliferazione virale, che percorsi dal parassita, trasformano i significati dei significanti iniziali. Nel riposante giardino strisciano le nuove creature; nella lavanderia appaiono, attaccando; nelle stanze proliferano per contagio; nei corridoi si diffondono; in piscina, poi, deflagrano in un rituale orgiastico che profuma di catarsi (dalle inibizioni residuali della contemporaneità) e puzza di marcio, di putrefazione, di materia umana alla deriva. La permeabilità del luogo sociale, la casa non è che il corrispettivo strutturale di quella del corpo, inteso come materia orgnaica flessibile e continuamente aperta a un processo circolare di contaminazione, trasformazione e nuova contaminazione. Claudio Bartolini – Nocturno
Partiamo dal nome: l’arca. Solo la traduzione italiana ha questo rimando biblico. E quando la voce off dice “l’arca non potrà contenere tutti” è un chiaro riferimento al mondo che va a puttane e l’oasi che salva i pochi eletti (che possono permetterselo), ma nel doppiaggio italiano, perché il nome originale è Starline Towers. La metafora dell’arca comunque è sottesa, siamo d’accordo.
Inoltre, guardando le diapositive all’inizio, al di là dell’arrendo Radical Design degli anni 70 e della visuale sul mare, il palazzo da fuori sembra uno scorcio di una qualsiasi periferia cittadina. Sembra Ostia. E non è un bel vedere. Mi riferisco alla diapositiva del parcheggio esterno.
Più avanti, nella scena del garage sotterraneo, mi accorgo che anche le macchine parcheggiate sono vecchie e cadono a pezzi. Difficile credere che appartengano agli inquilini agiati che occupano gli appartamenti dell’Arca, visto che l’affitto è costoso e l’agio economico è il vero discrimine per chi si può salvare dal diluvio incombente. In un mondo neo-capitalistico, Noé venderebbe i biglietti ai soli animali in grado di pagare.
In un certo senso, lo scenario paesaggistico desolato che circonda l’Arca e le macchine nel garage, mi ha ricordato lo stridente rapporto tra il futuro prossimo di Crimes Of The Future e le tecnologie obsolete, le scenografie decadenti della Grecia post-fallimento economico, ma se lì è un aspetto voluto, nel caso di Shivers, resistendo a qualsiasi correlazione autoriale, sembra più un effetto di verosimiglianza che lascia a desiderare. Per rendere davvero appariscente lo Starline Towers, ci volevano soldi che Cronenberg non aveva a disposizione. Ecco perché i particolari più credibili (il campo da tennis, le piscine) sono mostrati con delle diapositive.
In ogni caso, l’idea del palazzone modernissimo fatto apposta per la società in via di alienazione, che diventa trappola e delirio per i suoi abitanti agiati, è presa da Condominio di Ballard che a sua volta si ispirò a La maschera della morte rossa di Poe, secondo me.
Cronenberg lo sa, tutti lo sanno che lo Starline è l’High Rise. Infatti quando si parlava di cosa avrebbe potuto scegliere come nuovo progetto il regista, all’inizio degli anni 90, si disse di American Psycho (avrei tanto voluto tanto che lo dirigesse lui) e il libro di Ballard. Poi lui optò per Crash, sempre di Ballard, e il resto lo sapete da soli. Ma sarebbe stato assurdo per lui fare Condominio, a meno che non avesse scelto di girare il remake del suo Shivers e dichiarare le fonti letterarie da cui l’aveva preso. Quello è l’aspetto che rende davvero Il demone sotto la pelle un interessante teorema sociologico.
Il film infatti è da vedere su tre piani:
Il primo è puramente pornografico. Sesso, violenza e schifezze varie.
Il secondo è una riflessione sull’uomo e la modernità.
Il terzo, che è il più assurdo, è l’inizio della visione iper-scientifica e se vogliamo, proto-transumana di Croneberg. Dico proto perché il film esce cinque anni prima del 1980 ed è da quell’anno che nasce il movimento transumano, con i primi romanzi, pubblicazioni, riunioni e via dicendo.
IL SESSO E’ L’INVENZIONE DI UNA MALATTIA VENEREA MOLTO INGEGNOSA
Si viene a scoprire che il medico conduceva esperimenti atti a sostituire il trapianto di organi con l’uso di parassiti da inoculare nel corpo umano e in grado di fare il medesimo lavoro degli organi malati. Ma lo scopo finale del dr. Hobbes era quello di potenziare col parassita in questione la libido sessuale umana. Il parassita così inoculato risulta riprodursi con i rapporti sessuali (sconvolgente anticipazione dei meccanismi dell’AIDS) (Pino Bruni – Il cinema Northern
Non voglio farla troppo complicata, ma in fondo le idee di malattia e corpo come possibili tentativi di evoluzione della razza umana e non come parabole mortifere, è qualcosa che il pubblico di allora, non poteva assolutamente concepire ed è il vero motivo per cui stiamo parlando di Cronenberg e non di Ballard. La faccenda del palazzo è secondaria e potremmo ricondurla allo scrittore inglese, ragionando sul suo modo di affrontare le cose e di vedere il presente e il futuro. Croneberg però non è lì. Prende in prestito la cavallina ballardiana, così come quella freudiana, per fare il suo salto nelle deliranti e seducenti teorie anatomiche e psicotiche della specie in divenire, di cui sempre più noi uomini siamo frementi basi di partenza.
Il sogno che l’infermiera racconta al dottore poco prima di rivelargli che è contagiata, esprime chiaramente la poetica di Cronenberg e del film. Trascrivo qui sotto il monologo dell’attrice Lynn Lowry.
Roger, ho fatto un sogno sconvolgente, l’altra notte. Io stavo facendo l’amore con uno sconosciuto. Ma mi trovavo in gran disagio perché era vecchio, morente. Emanava un cattivo odore ed era molto repellente.
Ma a un certo punto mi dice… che ogni cosa è erotica, che ogni cosa è sessuale e può dare piacere. E aggiunge che perfino la pelle di un vecchio ha una carica erotica. Che la malattia è l’amore di due creature strane e contrastanti che cercano di unirsi. Che perfino la morte è un atto di erotismo, che la parola è erotica. Che anche il respiro è erotico, che anche l’esistere fisicamente è erotico. E mi riesce a convincere. E facciamo l’amore in un modo meraviglioso.https://youtu.be/uJInkIXNbeM?si=rqQ7J0CAHn8GlOcC