Uno dei settori dell’intrattenimento che pare non conoscere crisi è quello ludico.
I giochi di società credo siano conosciuti e praticati anche a Sdangher e potrà sembrare azzardato, ma la miriade di connessioni con la musica rivela quanto sia precario. Se si guarda attentamente lo scenario, le arti tradizionali sono in crisi e pure cinema e fotografia raschiano il fondo del barile rincorrendo mode effimere, così tagliando il ramo su cui sono sedute. Per ciò che è acquistabile a cifre umane, chi crede il fumetto sia immune scoprirà, interrogando gli esperti del settore a livello mondiale, che i distributori sono in affanno ed essi sono l’architettura senza la quale tutto crolla. Il collezionismo rappresenta una parte considerevole (anche del fascino) di quest’arte e la lettura dei classici fa ancora numero, ma l’espressività è falcidiata, come il cinema, da una carenza letale di buone sceneggiature; l’energia di cui si nutre una storia. Senza linfa il fumetto rischia d’estinguersi nel giro di pochi decenni. Scenario analogo in musica.
Eppure il settore ludico pare prosperare: come funghi spuntano negozi in ogni centro urbano, i rivenditori, i canali di acquisti in rete hanno le loro stabili sezioni, i siti d’annunci fra privati sono anch’essi frequentati dagli appassionati, il mercato secondario del collezionismo è un magma di soldi e follie, i saloni del gioco si rincorrono e la parola crisi pare fuori luogo, come parrebbe per il fumetto.
Invece c’è una serie di sintomi: proliferazione incontrollata, raccolte fondi dal basso, elegia della competizione, rincorsa delle mode, degenerazione estetica, affarismo.
Vi ricorda qualcosa?
La proliferazione: se nel 1999 venivano pubblicati centinaia di giochi, vent’anni dopo si è arrivati a 9000. E non è per l’emersione dei mercati asiatici o la libertà dal basso. Da noi, le legioni di gruppi Doom, Black, Heavy loffio e Death si moltiplicano in modo analogo. Piccolo aiuto: non esistono coincidenze nell’Universo.
Quando i Marillion raccolsero fondi per un loro disco, si aprì una nuova era, che continua imperterrita. Nei giochi è la norma: patreon e kickstarter sono parole d’uso comune.
Possiamo dividere i giochi non solo per ambientazioni e meccaniche, ma soprattutto per modalità: cooperativa, competitiva, mista. Può sembrare incredibile, ma le prime due categorie sono in netta crescita di numeri, con la seconda che domina sulla prima; è la terza a essere in crisi. La competitività è un altro dato conosciuto da noi musicofili, con le scene che nascono morte per idiote rivalità.
Un altro problema in comune è la polarizzazione stilistica che distrugge le forme intermedie. A ogni nuova pretesa di novità, molti (specie i più piccoli creatori) cercano d’agganciare il supposto treno. Come nel nostro underground metallico.
Il pupazzettismo dilagante che degrada l’estetica è la norma: capolavori come Citadels sono stati sconvolti da nuove grafiche prive d’ogni bellezza.
Ecco, scendiamo nel pratico con alcuni dei giochi più venduti e\o premiati al mondo. Monopoli oggi è il Signor Creosoto dee giochi, una bulimia di versioni più o meno variate sul tema del gioco principale in costante aumento (ora circa 300) per capitalizzare pescando nel mucchio.
Risk-Risiko e la loro famiglia di versioni sono in crisi per i tempi di durata delle partite, oggi non accettati dalla gran parte dei giocatori come invece 30 anni fa.
Nella musica, la crisi della durata dei dischi e delle canzoni, per andare incontro a un pubblico sempre più incapace di mantenere l’attenzione, è stranota.
Carcassonne invece distrugge una possibilità di cooperativo per un ridicolo formato competitivo. Azzoppare bei progetti, non è una prerogativa di molte etichette e agenzie.
Pandemic è ingegneria sociale, come molti gruppi attuali.
Dixit è più utile in contesti d’orientamento e riconfigurazione professionale a causa della grafica; una vetta rispetto alle meccaniche di gioco proposte.
E continuando il paragone col metal di oggi, quanti dischi della NWOTHM hanno copertine sublimi e musica demenziale?
Dominion è anch’esso popolare, in ambito anglosassone, ovviamente, è gioco competitivo, che sembra intelligente, ma in realtà è solo ingegno meccanico ed esibizionista privo d’umanità. Come molti dischi Prog, math, “djent” e anche Industrial.
Cards against humanity ha lanciato il genere del “cinismo da quattro soldi che si finge comico titillando la scorrettezza”, senza far ridere e spendendo per qualcosa che si fa meglio da sé; il cadavere squisito inventato dai surrealisti, è gratuito e divertente – figlio della cultura che si finge indipendente e poi pensa solo al commercio più bieco.
Gloomhaven fa in peggio quel che era Heroquest, un avvicinamento ai giochi di ruolo. E’ caratterizzato dalla grafica penosa e avvilente, rifacendo male quel che in passato si faceva bene, come nel Metal.
C’è poi il paesaggio totale dei giochi di carte. Abbiamo giochi collezionabili e non, competitivi (acronimo inglese CCG) e cooperativi (LCG). Nascono tutti da Wiz-War, simpatica sfida fra maghi in un labirinto che ha ispirato il famoso Magic.
Quest’ultimo, porta nella sua lunga storia tutti i fenomeni sopra esposti, con inizi promettenti nel primo decennio e un tasso di caduta progressiva che pare inarrestabile. Ispirati a esso Yu-Gi-Oh! e le sue meccaniche di gioco comprensibili solo da avvocati-ingegneri e Pokemon, che è la culla ammorbante del più becero pupazzettismo.
Magic è talmente in decadenza che sta prendendo da ciò che ha ispirato tutte le caratteristiche peggiori. Come la musica che insegue le mode fino al punto che i gli artisti storici scimmiottano tristemente chi hanno ispirato.
Se s’inseguono modelli e idee di altri, la propria creatura si svilisce, il panorama decade anche per una connivenza dei grandi alla decadenza generale. E tutto questo per la sopravvivenza, per persone che in fondo vogliono il loro posto al sole, sgargianti esteriormente, ma dentro sempre grigi impiegati che ciucciano le mammelle di mammona, partecipando alle “trickle down economics”.
Solo che il problema è che se non hai niente da dire, se insegui modelli altrui e criteri sbagliati, potrai sempre cercare d’arrangiarti a salire più in alto, ma prima o poi il soffitto arriva e non lo puoi sfondare.
E chi s’illude d’essere all’aperto o un martello, è perché sta solo scavando il fondo del barile in cui s’è cacciato.