Quando sentii per la prima volta i Conception, nel 1999, pensai che fossero latini; della spagna o dell’America del sud, per via dei frequenti inserimenti di chitarra acustica flamenco o roba simile. E credetti di dover pronunciare il nome con l’accento sulla seconda ò: Conceptiòn. Oggi ne riderete, ma tra le mani avevo una cassetta registrata da un amico, che se l’era fatta doppiare da qualcun altro. A parte il nome non c’era niente sopra. A lui non interessavano molto i credits. A stento leggeva i titoli delle canzoni. Diceva, “mi piace la terza e la quinta. La settima fa schifo”. Per lui era sufficiente questo per capirsi. Io invece mi posi diverse domande, mentre mi giravo tra le mani la custodia della TDK. Siccome non c’era internet e non conoscevo nessun metallaro che li conoscesse, mi diedi le risposte da solo, in attesa di ulteriori e più certe delucidazioni. Conceptiòn, spagnoli o messicani: prog-power metal. Ah, certo li trovai molto fichi, mi piacquero subito. E dopo parecchio tempo scoprii che stavo ascoltando il loro esordio: The Last Sunset, nella versione estesa rilanciata sul mercato a tre anni dall’uscita iniziale. Ignoravo questa cosa e anche un’altra; Roy Khan dei Kamelot, cantava in questo album e nei successivi dei Conceptiòn. Ah, dimenticavo, seppi dopo una decina d’anni che i Conceptiòn erano norvegesi; altroché cuba libre o quel che era.
In questi giorni, riandando indietro nel tempo con lo sfoglio, ho scoperto che negli anni 90, le penne esigenti delle riviste metalliche dichiaravano grande stima e fiducia nei confronti dei Conception. In effetti stavano realizzando dischi di qualità con un mix che andava dal power all’heavy classico, permettendosi pure delle suite progressive.
Sapete, verso la metà degli anni 90 ci fu, almeno in Europa, il ritorno in auge del metallo tradizionale, soprattutto quello molto canterino e inspiegabilmente ottimista, fantasioso, brioso e neoclassicheggiante. Nessuno di questi gruppi si negava qualche momento alla Dream Theater, che definivano, sia i musicisti che gli esperti di settore “progressive”. Ma non era progressive, era solo un’imitazione dell’essere progressive DEI Dream Theater.
Nel caso dei Conception e il loro primo disco, un pezzo lungo e articolato come Among The Gods, era qualcosa di molto più itinerante e tensivo delle sciarade in tempi dispari delle band teutoniche o svedesi imperversanti alla fine del secolo scorso; anche perché nel 1991, a cavallo tra When Dream And Day Unite e Images And Words, non era scontato allungare la solfa per dieci minuti: iniziarono a farlo in modo ridicolo anche gli Iron Maiden.
Le critiche di alcuni sono state rivolte proprio a Khan, considerato troppo fiacco e monotono come interprete canoro, eppure io l’ho adorato dal primo momento di questo album, perché nonostante una certa piattezza stilistica, mi ricorda il vecchio Don Dokken di Breakin’ The Chians, quando incideva canzoni in Germania Per Dieter Dierks. Mi riferisco in particolare alla bellissima e dolente Bowed Down With Sorrow o The Last Sunset, tra le altre.
A sentire Khan, i suoi punti di riferimento per il canto sono sempre stati Geoff Tate e Morten Harket, rispettivamente Queensryche e A-ha; evidentemente però la fusione tra i due mondi fa Don Dokken imberbe, senza voler togliere niente alle capacità di Roy, che trovo generalmente sottovalutato dalla critica. Esattamente come lui, nei Conception, a fargli da contrappeso, c’era l’ego di un chitarrista molto bravo ed estroso, se vi piace lo shredding; Tore Østby.
Tore poi si sarebbe unito agli Ark di Jørn Lande, il Pino Scotto svervegico, ma al contrario di Roy, identificato ormai come frontman dei Kamelot, il chitarrista rimane il ragazzone immagine dei Conception. Il loro primo album mi ha ricordato per certe cose l’esordio tribolato dei Morgana Lefay. C’è una buona attitudine alla melodia triste ma che non è ancora detta l’ultima parola e non si disdegnano le corposità sonore del thrash. Troverete diversi riff da scapoccio e una strana voglia di rasentare i margini del metal estremo, So che per questo gruppo, il bello vero sarebbe venuto fuori nei lavori successivi: soprattutto Parallel Minds e In Your Moltitude, ma non li ho mai sentiti. Cercherò di farlo al più presto e vi consiglio, se non conoscete i Conception, di sopperire a questa lacuna il prima possibile.