Nibiru – Fra i sordidi meandri della pavidità artistica

 

G/Ab Volgar dei Deviate Damaen se la chiacchiera con Ardat e RI dei Nibiru intorno a cagoni, finti duri e sciacquapalle della musica estrema…

Allora, ragazzi, data la storicità del vostro nome facciamo a meno dei convenevoli e andiamo dritti alla meta: ovvero perché ho deciso di condividere proprio con Nibiru un capitolo delle mie “riflessioni sdangheriane” così cruciale come quello sulla “pavidità dell’artista”.
Già, perché al netto del nostro rapporto di amicizia, dopo la diaspora di musicisti, collaboratori e persino amici personali successiva all’uscita di Soqquadro Tanz, siete senz’altro la band che ha più da perdere a limonarsela col sottoscritto. Tanto per chiarire a chi legge, siete ospiti sul nostro brano di partecipazione al progetto ReDvci, una compagine artistica che è stata definita più simile a una informativa della Digos che non a una lista di gruppi musicali. Ebbene, Nibiru non è mai stato un combo politicamente impegnato; e allora dite la verità: vi siete rotti un po’ il cazzo pure voi, eh?!

ARDAT: “L’inferno esiste solo per chi ne ha paura“, menzionando Fabrizio De André, non è certo il mio ideale, ma sono sempre stato curioso, ho sempre avuto voglia di capire, di informarmi a prescindere. Chi giudicherà Nibiru, non so per cosa, sarà chi, nel suo ego malato, si vede eletto degno di sputare sentenze senza voltare la testa, se esiste, verso se stesso; chiaro che non avrà capito un cazzo del nostro percorso, non può interessarmi, perderei il mio tempo, fine.

VOLGAR: non conto più quante volte ho visto la paura per l’ostracismo, per lo shit-storming, per le infinite censure che ci hanno riguardato, dipinta sui volti di altri artisti che temevano di restarne contagiati per il solo fatto di frequentarci. Insomma, ho piena contezza del processo mentale che porta un individuo debole a non reggere emotivamente la graticola dell’inquisizione conformista. Ciò di cui, invece, proprio non riesco a capacitarmi è il cedimento di fronte a tale paura, la sottomissione alla sua minaccia. Che idea vi siete fatti su come funzioni questo cancrenico meccanismo?

RI: direi che il giorno 8 Settembre sia la data più appropriata per rispondere a questa domanda che racchiude il concetto di “sistema subdolo”. Io non sto festeggiando, non appartenendo alla massa greggiforme. Subdolo è stato il modo in cui i “liberatori” si sono proposti raggirando o direttamente annientando (anche con estrema, inquisitoria violenza e coercizione) le volontà individuali e collettive. Ma non andiamo a disturbare la Storia, quella Vera, non addentriamoci in paludi melmose dalle quali sarebbe difficile poi uscirne “puliti”.
Minaccia: “l’atto di minacciare, le parole con cui si minaccia, e in genere il fatto di promettere o annunciare un male, un danno, un castigo e sim.” (cit. Treccani). La massa si sottomette a questa condizione per timore ancestrale di un evento a loro sconosciuto e di non definita o riconoscibile origine, ma, nel nostro caso soprattutto, per un bisogno intrinseco di garanzia legato ad un falso, ipocrita e calcolato senso del benessere e della sicurezza delle proprie azioni/decisioni/investimenti futuri.
“Tu accetta, ubbidisci, comportati come ti diciamo (anzi “consigliamo”, ancora più subdolo) e vedrai che tutto andrà per il verso giusto, che i tuoi bisogni saranno garantiti e le tue voglie soddisfatte. Ci pensiamo noi, tu spegni il cervello, chiudi gli occhi e aspetta. Tutto si avvererà come chiedi tu.”
Con questa premessa, arrivare alla logica del politicamente corretto e via andare (con tutte le mille orgiastiche sfaccettature degne di una gangbang con Pippo, Pluto e Paperino) è un battito di ciglia, metaforicamente parlando, perché chi ha le palpebre cucite non può sbattere le ciglia…ma questa è un’ altra storia. 08/09/1943 – 25/04/1945

ARDAT: citando Erich Fromm: “la maggior parte delle persone finge di essere felice per se stessa, perché se si è infelici si è considerati un fallimento del proprio percorso di vita e si teme il giudizio degli altri. Indossare la maschera della soddisfazione è infelicità, ma è anche essenziale per mantenere credibilità e apparire normale…”.
Mi sembra limpido ed esaustivo.

VOLGAR: avete qualche aneddoto “godereccio” a tema?

RI: nel maggio del 2020 in pieno lockdown, dopo 2 mesi di totale reclusione decidemmo che era arrivato comunque il momento di incontrarci de visu, nella nostra sala prove, nel nostro posto. A fare nulla. A guardarci, a raccontare, a confrontarci, a stare in silenzio. E a bere Gin, perché ne bevemmo molto. Tutti e 3 ne bevemmo molto. Perché in quel momento di clausura, chiusura, distanziamento (che risulterà essere stato chiaramente più mentale, comportamentale che fisico) non sottostemmo al Controllo, rischiando (pazzesco a ripensarci ora) di essere “puniti”, additati, minacciati e quindi esclusi. Le altre sale prova erano deserte. L’intero blocco delle sale era deserto. Le strade erano deserte. Solo silenzio. Ma noi bevemmo molto e con gusto, ridemmo, tanto, brindando alla Vita. E dopo 3 ore di bevute, dopo aver compreso quello che non era più possibile ignorare, ubriachi di Vita tornammo da dove eravamo venuti, sorridenti. Avevamo “vinto” Noi, non le videochiamate. Avevamo sconfitto il Male.

VOLGAR: ok, i pavidi li abbiamo indagati a sufficienza; ora occupiamoci dei finti gradassi. L’algoritmo ci aiuta a stanarli in quanto soggetti incapaci, ad esempio, di pubblici apprezzamenti a post scomodi, dato che potrebbero essere notati e sputtanati dalla psico-polizia orwelliana; e, viceversa, sempre l’algoritmo può mostrarci chiaramente chi lecca il culo a chi anche attraverso un semplice like. Insomma, millenni di Socrate e Platone sul groppone, e ci tocca affidarci a pollicetti, faccette o semplice inerzia per capire la reale indole di chi abbiamo per vicino di banco…

ARDAT: Rispondo a questa domanda menzionando un brano, Gli uomini piccoli di Enrico Ruggeri, si parla di decenni fa: “…se fanno qualcosa di cui si devono vergognare, gli uomini piccoli dicono che quello è il loro dovere”; e ancora: “gli uomini piccoli non fanno niente per gusto o per passione”.
Di cosa vogliamo parlare, si dà troppa importanza a personaggi patetici così carichi di insicurezze e alibi per giustificare a loro stessi la propria pochezza, da esplodere in un egocentrismo ridicolo supportato solo da coglioni che hanno bisogno di “guru” per diventare gregge. Peccato che i primi a essere gregge siano proprio i loro “ guru”.
In ogni settore è un continuo materializzarsi di questi pupazzi, nella musica la parola estremo si spreca, osservare pseudo rocker indiavolati atteggiarsi a superstar facendosi tutti insieme allegramente pompini a vicenda sui social in particolare, dove tutto è relativo e astratto, è nauseante.

VOLGAR: hai citato Ruggeri; ammetto che sia stato uno dei pochi cantautori italiani a tenere la schiena dritta in svariate occasioni. Certo, io sono un massimalista: e mi sarei aspettato da un nome come il suo, ovvero un nome capace di spostare masse critiche, maggiore coraggio durante l’ignominia del green pass e le relative manifestazioni. Va infatti smontata l’ipocrita massima che chiede indulgenza per chi ha troppo da perdere nell’andare contro il sistema; sarebbe proprio quel “troppo da perdere” a dover essere messo, da chi lo possiede, a disposizione dell’ideale in cui dice di credere e a sfavore delle randellate della polizia.
Ma torniamo sul Metal, anzi sul Black Metal: la pacchianata dei gonfiabili al Frantic è stata superata solo dalla tragicomica iracondia di 4 soyoni imbufaliti per la libera opinione di chi ha espresso critiche verso l’accaduto. Proprio loro, le zecche, i priddini, gli antifa inclusivi e arcobalenati, pretenderebbero di censurare la libertà di stampa di Sdangher che ha pubblicato una nostra serena riflessione su un fatto di costume. Secondo voi è un caso che abbiano preso di mira proprio il BM, infiltrandolo di finti “blackster” che in realtà odiano con tutte le forze la profondità spirituale di questo genere?

RI: Il Frantic Fest. Sinceramente tutto questo sgomento l’ho compreso fino a un certo punto. Il delfino plasticoso mal si addice al messaggio propagandato da Mortuus? Ma davvero, in questo caso i Marduk (ma poteva essere qualsiasi altro progetto mainstream BM) potevano aspettarsi qualcosa di diverso? Ma davvero… nel 2024? Mortuus ha deciso, pare indignato, di chiudere in anticipo l’esibizione ma non credete che il problema non sia il (povero) gonfiabile ma invece la testa gonfiata dell’oltranzista “pubblico BM”? Ma nel 2024 ancora vi divertite a gonfiarvi di birra, piscio e scappellare automaticamente al primo blastbeat fatto da mio zio perché così la Fede Nera si compatta e si autocelebra in una pratica pseudo onanistica tipica dei sedicenni in piena esplosione ormonale? Questo è il vostro concetto di BM? E cari Marduk e compagnia varia, è buona cosa fare sold-out a ogni evento di transumanza metallica così da riempire il sacco il più possibile? Se sì allora mi sa che dovrete digerire con un sonoro, ma dovuto, rutto l’arrivo del delfino. Oggi. Domani magari sarà un’orca, più aggressiva, più cattiva più “true”. Addirittura con lo stesso vostro painting.

Ho amato il BM da prima forse che ancora esistesse (mi autocelebro con convinzione), l’ho visto decadere e lo vivo ancora attraverso le entità che in maniera carbonara lo vogliono comunque tenere in vita (rispetto eterno). Il resto sono solo rovine, solo e unicamente rovine di un tempo glorioso che voleva strisciare nell’ombra distaccandosi dal Sistema e invece è stato portato (da chi? Da cosa? Retorica applicata) a sguazzare nel moderno e politicamente accettato, condiviso e sdoganato mare di merda. Il BM non è nato per essere “condivisione” o “inclusività”. Non lo è per natura e lignaggio. Non può diventare “evento”, non gli è concesso. Ma fare cassa, oggi, sì. Questo gli è concesso. Sottolineo “cesso”. One Movement, one Flock, one Dolphin. – RI dei Nibiru

VOLGAR: prossimo step a rischio per voi, oltre a ReDvci, sarà il progetto “Fiabe Bandite”, edito dalla Masked Dead Records, che proporrà letture musicate di fiabe tradizionali che la fetida cancel culture sta bandendo qua e là in quanto troppo deficitarie di personaggi meticci o di finali a incularella. Se non sbaglio avete musicato una fiaba ove protagonista è un povero vecchio vessato tutta la vita da una moglie crudele. 1): non temete le ire di qualche borchiata front-woman in latex e cellulite delle tante senza le quali ormai il Metal sembra non batter più chiodo?
2): andiamo un po’ sul tecnico: come musicano una fiaba i Nibiru?

RI: “1” Non rispondo io, lascio la parola all’emerito Colonnello Kurtz: “Ho visto degli orrori, orrori che ha visto anche lei. Ma non avete il diritto di chiamarmi assassino. Avete il diritto di uccidermi, questo sì, ma non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario a coloro che non sanno cosa significhi l’orrore”.
2): diciamo che fondamentalmente di base il sistema è il medesimo per quello utilizzato per creare i nostri brani. Partiamo da uno “stimolo”, che in questo caso è la “trama” della fiaba, il quale ci fa immaginare, visualizzare un suono (sia un drone di una macchina, una timbrica di chitarra piuttosto che una base di synth) sul quale poi si stratificano ulteriori suoni e strutture ritmiche, sia acustiche che elettroniche. Dopodiché il tutto viene intrecciato con le parti vocali, si “lima” nella sezione dedicata al mix e il pezzo è pronto. Teniamo a precisare che quando questi “suoni” si visualizzano contemporaneamente nelle nostre menti, il tutto viene registrato in presa diretta, simultaneamente, e in seguito al riascolto si decide se intervenire aggiungendo altre piccole parti di completamento, ove necessario. Tutto qui.

ARDAT: dovremo temere ire perché proviamo a creare arte, qualcosa di nuovo, di particolare. Siamo stati indicati dalla stampa musicale, non solo in Italia, come innovativi, sperimentali e sempre coerenti; gli unici personaggi che possono urtarsi sono coloro che cercano alibi dentro se stessi per qualcosa che nessuno accusa o prende in considerazione, ma quel loro senso di disagio che, ripeto, è solo loro, viene rigirato attaccando persone o situazioni esterne, personalmente non ho mai giudicato o, perlomeno, mi sono sempre impegnato per non cadere in un atteggiamento che odio per quanto umano, ma sono stato spesso giudicato da chi si presentava come il perfetto esempio di un sistema vivendo nella sua dissonanza cognitiva, e sputava sentenze assurde verso il prossimo.

VOLGAR: fateci caso: si respira un’aria mortifera in giro. Pessimismo ovunque, discredito verso qualsiasi poetica di rimembranza, totale condanna di sentimenti nostalgici, ageismo discriminatorio verso “boomers” colpevoli di invecchiare (capito, gli “antirazzisti”, quelli che mollano nonna all’ospizio per farsi l’aperitivo in pace, e poi si fanno inculare dal primo moretto che li chiama “bro”?!).
In particolare nel Metal, uno specifico fenomeno nichilista è l’abbondanza di band che mollano tutto e senza un perché; e la stampa di ogni ordine e grado ne megafona i casi con la stessa macabra ridarella di chi ci fracassava lo scroto coi morti di covid. Ma mentre un tempo fans e ambiente si accaloravano a perorare un ripensamento negli sparuti artisti che s’arrendevano o che vivevano un momento difficile, oggi son tutti lì a festeggiarne il funerale con tanto di “interviste d’addio, semmai non fossero abbastanza menagrame quelle ordinarie.
Il concetto di “resa artistica” dei generi musicali più bianchi e maschi è oramai pura statistica, mentre i giovanissimi con capelli lunghi e kiodo sono dei piccoli eroi da riserva indiana.
Noi Dame Deviate “ce ne fottiamo, facciamo una carezza e con l’altra una sega…”, su tutta quest’immensa distesa di sfiga. Forza, fateci sognare anche voi Nibiru per un finale di intervista da urlo…

ARDAT: c’è chi vuole i cambiamenti e chi non li vuole, questo è sempre stato e sempre sarà il motivo di scontri ideologici e non solo. Ma, oggi, ciò che viene propinato sono imposizioni, solo imposizioni dove non viene accettata una diversa opinione, per quanto costruttiva, nessuno ci chiede un parere, una scelta; e se vengono richiesti è solo un teatrino ipocrita. C’è ancora chi non vede tutto questo, anzi, è contento di fare parte di questa mandria, ne è fiero perché ciò che ci viene presentato è solo “per il nostro bene“. Applaudo tutto ciò e rimango nella mia indifferenza tappandomi le orecchie da tutto questo belare che mi impedisce di pensare.

VOLGAR: …in effetti sarebbe meglio mandarli a cagare tutti senza starci a pensare troppo.

ARDAT & RI (NIBIRU)
Suaviter, G/Ab VOLGAR

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