Un novizio buddista chiese al proprio maestro: “Maestro quali sono i dogmi dello Zen?” e il maestro rispose “nello Zen non ci sono dogmi perché lo Zen non è una religione ma un’esperienza”
Ogni volta che penso ai Quiet Riot mi viene in mente questo breve scambio di battute. Pure la band americana, sembra da anni ormai più una sorta di “laboratorio” musicale che un gruppo vero e proprio; sperando che il rientrato Rudy Sarzo sappia prendere in mano le redini in maniera più incisiva del compianto Frankie Banali. Tant’è che secondo me negli anni i Quiet Riot hanno avuto più musicisti in formazione che groupies nel backstage!
Il botto lo hanno fatto “subito” con la formazione mark II ma poi sono lentamente scivolati nel limbo delle bands di seconda fascia…
Partiti a bomba nel 1983 con Metal Health e complice una cover di Cum On Feel The Noise azzeccatissima che ha trascinato le vendite in maniera esponenziale, si sono arenati quasi subito con la pubblicazione di Condition Critical; non un cattivo album ma poco dirompente e probabilmente zeppo di “scarti” del primo lavoro, secondo la logica commerciale di battere il ferro finché è caldo.
Segue la svolta pomp/apr del successivo QR III ( e seguente flop) e il bluesy e scialbo Quiet Riot. Ho ovviamente tralasciato l’ennesimo cambio di bassista e di cantante (!!!!!) avvenuto in quegli anni, perché siamo qui per parlare di un disco in particolare e non per giocare al piccolo ragioniere tenendo conto di chi è entrato e uscito neanche fossimo in un bar.
Nel 1993 tornano con la formazione “quasi” originale e pubblicano Terrified, un album nato nel momento sbagliato ma che aveva qualcosa da dire!
Terrified esce nel 1993 per la Moonstone, un etichetta dedita alle colonne sonore che, chissà per quale motivo, aveva raccolto i nostri beniamini tra le sue braccia. E già questa notizia ci fa capire due cose: 1) che la
Band era alla frutta a livello di mercato e 2) che, visto il core business della label, lo sarebbe stata ancora per molto!!
In line-up però risultano Kevin Dubrow, in rientro alla voce, accompagnato dai classici Carlos Cavazo alla chitarra e Frankie Banali alla batteria.
Al basso arriva Kenny Hillary ma ce ne frega poco perché durerà quanto un gatto in tangenziale.
A fronte di tutto questo però Terrified è un signor album!!
L’opener Cold Day in Hell apre con un bell’incedere di batteria e un riff convincente, proseguendo con un ritornello efficace che sa, in positivo, di anni 80; Loaded Gun è un pezzone rock assoluto; il brano Terrified invece gioca su tempi rallentati ma è l’intensità che le dona quel qualcosa in più. Cito anche la bella e scanzonata Dirty Lover e la strumentale Resurrection per lasciare sul fondo quella che in realtà è la terza canzone del platter ovvero la cover di Itchycoo Park degli Small Faces.
E qui casca l’asino, nel senso che per l’ennesima volta i Quiet Riot danno il meglio nelle reinterpretazioni di vecchie di altri che nelle composizioni originali. Mentre però in precedenza le cover avevano un senso nell’insieme di un album (Metal Health, Condition Critical), tanto erano affini e fatte “proprie” dalla band, qui invece a mio parere la cover degli Small Faces non ci azzecca per niente.
Intendiamoci, è fatta benissimo, resa addirittura migliore dell’originale in termini di arrangiamento, ma assolutamente fuori contesto.
Nel complesso però il disco è veramente un piccolo gioiello nascosto, non un esercizio di stile. Mostra una band che al tempo aveva ancora qualcosa da dire e che successivamente (oltre ai citati balletti di formazione) toccò dei picchi in basso notevoli (Down To The Bone) e diede qualche flebile segno di vita (Guilty Pleasures) ma sempre ad uso e consumo di un pubblico underground che viveva di nostalgia dei “tempi che furono”.
Difficile, ma non impossibile da trovare in CD grazie a Moonstone Rec, Terrified è’ secondo me da riscoprire e rimettere sul piatto perché è stato l’insperato colpo di coda di una band che comunque ci ha sempre creduto, nonostante le difficoltà sul mercato e l’instabilità cronica.
P.s. E cosi come lo Zen, pure sto disco è un’esperienza, visto che in due delle dieci canzoni ci suona (per motivi ignoti) Bobby Rondinelli!
Si sente subito la differenza rispetto a Banali ma lascio a voi scoprire quali sono i pezzi in questione.
(Demian De Saba)