Shocker, uscito in Italia come Sotto Shock, è uno dei più brutti e infelici film di Wes Craven. A quasi 35 anni dalla sua realizzazione, solo i malati di mente come me possono farsi venire in mente la voglia di scriverne, ma cosa volete? Qui a Sdangher siamo immortali e ci concediamo le attività più ignobili per tirar via dall’oceano del tempo, secchielli di minuti da versare sulle sabbiose aridità della rete mediale.
Sotto Shock è stato realizzato in mezzo a due dei migliori titoli della filmografia di Wes Craven. Il primo è Il serpente e l’arcobaleno (1988). Il secondo è La Casa nera (1991). Entrambi furono dei successi commerciali. Grandi horror, siamo d’accordo, e non fallimentari al botteghino. E per un regista di Hollywood è fondamentale incassare. Lì il Cinema è industria e deve fatturare di continuo. E quindi Wes, dopo il suo film più sentito, profondo e incompreso, decise di rilassarsi un po’ e vincere facile, creando un nuovo Freddy Kreuger e far guadagnare tanti soldi alla Universal, ma stavolta, stando bene attento a ricavarne parecchi pure lui.
Si sa che Nightmare On Elm Street, ideato, scritto e diretto da Wes Craven, oltre a essere il più bel film della serie, è anche uno dei più grandi capolavori del Cinema horror anni 80 e del Cinema Surrealista in generale. Dalì avrebbe adorato Freddy Kreuger, così come lo amarono gli adolescenti occidentali di almeno un paio di decadi.
Ma Freddy Kreuger non è mai stato di proprietà di Wes Craven. Tutti i seguiti realizzati dopo il suo primo film, non solo furono fatti nonostante lui non volesse, ma trasformarono il personaggio da killer tenebroso di poche parole, in una specie di farsesco eroe slapstick della commedia nera, con freddure puntuali tra un omicidio e l’altro e situazioni sempre più grottesche e deprimenti per chi avrebbe voluto, vale a dire il suo papà, che Kreuger fosse il più atroce orco mai creato e non c’è un cazzo da ridere, gente.
Dopo questa esperienza, pensando di avere in tasca la ricetta magica per dar vita ad altri pseudo-Kreuger, Craven scrisse Shocker, slasher su un nuovo cattivone di nome Horace Pinker (Mich Pileggi) serial killer elettricista in fissa con Satana che, attraverso un rituale di magia nera, sopravvive alla sedia elettrica divenendo puro etere e imperversando nei corpi e poi nella mente degli spettatori direttamente dalla TV.
Il film si potrebbe dividere in due. C’è un Sotto Shock concettuale molto divertente e coraggioso in cui si critica aspramente il medium televisivo, colpevole di aver invaso e compromesso la cultura e i rapporti sociali (era niente in confronto a Internet). L’altro Sotto Shock è invece puramente narrativo, un filmetto horror splatter senza neanche tante scene violente, e lì è tutto un dolore. Personaggi privi di spessore, trama piena di inverosimiglianze che un ritmo altissimo non ci impedisce di notare. Se poi si rivede il film dopo 30 anni, risulta con tale evidenza una puttanata, che è quasi penoso doverne spiegare le ragioni su un blog.
Craven ha cercato di rifare Nightmare On Elm Street. Ha usato praticamente gli stessi ingredienti. Se si mettono a confronto i due film è tutto così palese che non vale neanche la pena elencarne le somiglianze, però ha fallito. Anche se gli è andata bene con gli incassi. Ma non da impazzire, sia chiaro.
Wes qui è così cinico che, non solo ruba a se stesso, ma pure agli altri. Sicuramente avrà assicurato a tutti che si era trattato di una coincidenza, ma la parte del film in cui Horace Pinker entra nei corpi degli altri, è tale e quale a L’Alieno di Jack Sholder, uscito due anni prima e colpevolmente poco considerato, sia allora che oggi.
Poi, forse in questo caso si trattò di caso fortuito, ma tra il 1989 e il 1990 uscirono tre film in cui il cattivo è condannato a morte, giustiziato e torna in altre forme a fare più danni di prima (House 3 – The Horror Show con quel sublime pazzoide di Brion James, uscito da noi col titolo a dir poco fuorviante di La Casa 7; The First Power, distribuito da noi come Pentagram, con l’orrido Lou Diamond Phillips, in cui il maniaco di turno muore nella camera a gas e poi resuscita).
Insomma, se non fosse solo una questione di malafede da parte di Craven, il tempismo per fare Shocker non sarebbe comunque stato dei migliori.
E tuttavia Sokkoló, come fu distribuito in Ungheria, incassò bene. Costò cinque milioni di dollari e ne incassò circa sedici. Fu un successo, voluto, programmato e raggiunto, ma rispetto a opere più audaci e personali come le citate Serpente e Casa nera, incassò meno. E resta uno dei momenti peggiori del Craven anni 80.
Ho visto che in rete si possono comprare i pupazzetti di Horace Pinker. Ce ne sono alcuni firmati da Mich Pileggi che valgono parecchio. Non riesco a immaginare chi sia rimasto affezionato a questo personaggio. Non ha sfaccettature. Non ha una motivazione precisa, a parte sbudellare tutti quanti e ridere di gusto prima, durante e dopo averlo fatto. Il protagonista del film, Jonathan, (Danilo Arona nel suo bellissimo saggio su Craven notò che era il nome del figlio di Craven) è il pargolo naturale dell’assassino.
Attraverso i sogni lo vede massacrare la sua famiglia adottiva. Pinker sa che i due sono legati naturalmente, ma non ha alcun interesse a portarlo dalla sua parte, riaverlo con se e fare una ditta dello sventro stile Butcher Father And Son. No, lui vuole solo ucciderlo. Lo ricopre di insulti, lo sbeffeggia, gli sgozza la ragazza e prova in ogni modo a farlo fuori. Mah…
C’è un chiaro messaggio da parte di Craven in merito alla posizione di chi vorrebbe trattare umanamente anche i peggiori criminali, abolendo per prima cosa la pena di morte: ci sono esseri che meritano di morire e che non vanno trattati da uomini perché sono bestie. Questa visione sembra frutto più di un’esperienza mediale: tre anni prima, a Los Angeles imperversava il Night Stalker, ultimo di una lista di assassini seriali terrorizzanti che la TV e i giornali avevano introdotto nelle case degli Americane all’ora di cena. Non c’era alcuna pietà in queste persone o almeno così venivano raccontate dai giornalisti. Erano solo aberranti sadici interessati a massacrare e seviziare chiunque finisse nelle loro grinfie, quindi cosa poteva farne la società, a parte friggerli sulla sedia?
La società narcisista USA, capite? Che colpa ne aveva?
Dostoevskij, dopo aver trascorso molti anni in Siberia, a fianco di alcuni dei peggiori criminali della Russia di allora, dichiarò di non aver conosciuto un uomo, per quanto deplorevole, che non avesse dentro di sé un soffio di umanità, di compassione, di anima.
A chi vogliamo credere? A Wes Craven e ai media USA o a Dostoevskij?
A me piacerebbe illudermi che Fedor ne sapesse di più di Wes.
Shocker è interessante per il pubblico metal perché è uno dei pochi progetti cinematografici ad aver puntato, alla fine degli anni 80, sull’heavy metal. La colonna sonora ha coinvolto i Megadeth, Iggy Pop, Alice Cooper e molti altri artisti di quel periodo, con la supervisione generale di Desmond Child.
Ora, Shocker, come disco aveva fama di essere una bella raccolta di pezzoni, ma non è vero. A parte la cover No More Mr. Nice Guy, che è anche uno dei titoli con cui è conosciuto il film nel mondo, fatta dai Megadeth, il resto è paccottiglia hair metal scadutissima. Certo, dai Bonfire, Saraya e Dangerous Toys non ci si poteva aspettare chissà cosa, ma le canzoni peggiori sono della misteriosa band The Dudes Of Wrath che quasi mi vergogno a dirvi chi ci suonava: Tommy Lee alla batteria, Vivien Campbell alla chitarra, Alice Cooper alla voce, Rudy Sarzo al basso. Nell’intero progetto furono coinvolti anche Paul Stanley e Kane Roberts, che è pure nel film con una particina.