Frantic Fest 2024 – Il giorno dei gonfiabili

Questo primo giorno del Frantic Fest potrei chiamarlo Good Morning, Vietnam. Ho capito che superati i trent’anni, passare una notte su un materassino gonfiabile, non è più una cosa piacevole. Visto che già si stramazza al suolo per il caldo, gli organizzatori del festival, hanno pensato di farci giocare tra noi, qui nell’area camping. Ci si sfida con gavettoni e pistole ad acqua. Devo dire che non è una cattiva trovata. Se non altro rimanere bagnati ci aiuta con le temperature e la birra fa il resto. Beeeeeeeerrra.

Partiamo dagli Otus. Belli. Death black con sintetizzatori. Cantante con il synth, nascosto da un tavolino con il logo della band. Stile secco, diretto, violento. Mi piacciono. Peccato che il palco piccolo inizia alle 15 del pomeriggio e la temperatura è un forno. Siamo in una serra. Solo il pubblico più disperato può scegliere di infilarsi qui e vedere le prime band.

I Death Mantra For Lazarus fanno Prog Rock psychedelico. Non mi hanno fatto impazzire. Il sole fondente e la totale mancanza di ossigeno sotto al palco, più questi smarmelloni rilassati è una specie di miscela che produce visioni terribili e depressive. Aiuto.

Poi tocca al gioco Sarapanda – Il gioco della musica malvagia. Chi vince si prende una bottiglia di Vodka. Bere Vodka con questo clima è tipo suicidarsi con l’aiuto del Kgb. Forse era meglio dare ai vincitori una ghiaccina a forma di pentacolo o un ventilatore a energia solare.

Poi arrivano i Gotho e finalmente ecco qualcosa di interessante. Mi arrivano sul palco sti tipi con i loghi e simboli dei gelati venduti in Italia, passati, presenti e futuri. Pensavo facessero thrash. Invece sono Avantguard, con influenza jazz, tipo i Lingua Franca. Gli strumenti usati dai Gotho sono la batteria e le tastiere. Il suono è originale e intrigante. E se vi state domandando quanto possano essere noiosi, beh, io mi sono divertito parecchio, invece.

Gli Hellripper fanno speed-metal. Il pubblico è aumentato e c’è una risposta più sentita. Come all’Obscene, la gente inizia a usare gonfiabili e altre robe eccentriche. Non credo che vedremo mai al Frantic, gente nuda che vaga sotto il palco, ma tra pistole ad acqua e degli acerbi circle-pit, talvolta incongruenti e pericolosi, il Frantic comincia ad avere uno stage più movimentato e interessante. Sul gruppo nulla da dire, nel bene e nel male. Dopo di loro i math rock Zu, che apprezzo io, ma non gli amici che mi hanno accompagnato all’evento. Gli El Altar del Holocausto li promuovo. Ero stanco ma li ho apprezzati davvero tanto. Sono vestiti come le confraternite religiose e suonano un doom molto personale. Il pubblico è incantato, mi sembra. O solo allucinato dalle temperature. Fate voi.

E poi ecco a voi gli Ahab, che sono bellissimi, magistrali. Peccato abbiano scelto quasi solo brani dell’ultimo periodo discografico, quindi con la voce in clean. Li adoro da anni e sono felice di averli visti live. Ho visto letteralmente Moby Dick, cazzo. Ci hanno stremati.

I Klimt 1918 fanno un post-rock prog molto tirato. Dopo gli Ahab, questo gruppo ci ha tramortito di cazzotti. E non eravamo dell’umore. Stavamo su una nave alla deriva, ubriachi e feriti. E questi ci hanno tirati in piedi, ci hanno sputato addosso e ci hanno gettato in mare.

Gli Ahab hanno fatto piovere. O forse sono stati gli Zu. I gonfiabili sono in aumento.