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Luca Signorelli in una foto scattata troppo tempo fa |
Luca Signorelli dedica questa intervista alla memoria di Riccardo Valla, scrittore, traduttore, giornalista, editore ed umanista.
1 – Un tempo eri il redattore capo di Metal Hammer, oggi sei l’ex redattore capo di Metal Hammer. E basta. Insomma, chi sei in realtà, nella vita vera che lavoro fai, hai una famiglia, dei figli?
Sono un cinquantenne sposato e padre di famiglia (con due figli grandi), giacca / cravatta e capelli grigi (cortissimi, come li ho sempre portati). Faccio un lavoro difficile ma entusiasmante che non ha niente a che vedere con la musica.
2 – Perché mollasti il metal?
Non ho mollato il metal, ho mollato il giornalismo. I motivi sono stati due. Il primo è stato pratico: dopo l’esperienza come conduttore di Rai StereoNotte per sei mesi (assieme a Chiara Pacilli e Alberto Campo) era giocoforza smettere di essere un giornalista part-time e buttarsi nel professionismo – lasciando stare il resto. Le offerte c’erano, e anche abbastanza alettanti; ma questo avrebbe creato notevoli problemi e incertezze alla mia (complessa) situazione familiare.
Il secondo motivo è stato più personale: tredici anni fa ho capito che del giornalismo musicale non mi importava più nulla. Una perdita di vocazione completa. Per contro, “l’altro” mio lavoro – che da quel momento in poi è diventato l’unico – era ed è tuttora una sfida stimolante. Ho lasciato senza rimpianti, e tuttora credo che mollare in quel momento sia stata la scelta giusta (visto anche come si è evoluto il mercato).
3 – Nel bene o nel male, il tuo approccio al metal come musica non solo da ascoltare ma da vivere come emozione assoluta, a scapito anche dell’obiettività nella critica, e il tuo stile di scrittura unico, ai tempi di Metal Hammer, nell’unire ironia e a volte provocazioni un po’ viscerali, ha influenzato la maggior parte dei giovani scrittori di musica estrema. Come vedi questa cosa, te ne senti responsabile? Ti soddisfa, ti irrita?
L’obbiettività nella critica musicale, come in quella estetica generale, è solo una fola. La critica musicale è un misto di fiction, diario personale e arringa, non è una scienza. Rendi un buon servizio al pubblico quando scrivi cose divertenti, personali e che allo stesso tempo permettano di scoprire dischi e gruppi nuovi che valga la pena di scoprire.
Sono più dubbioso sulle stroncature; prima di tutto perché sono più facili da scrivere. E poi perché sono in genere pessimi servizi ai lettori. Raramente è una buona idea dire a qualcuno “non sentire questo gruppo perché fa schifo”, in teoria bisognerebbe sentire tutto e farsi un’idea da soli. Tra l’altro, Internet ha reso questo possibile, ma all’epoca in cui operavo, il ruolo del critico musicale di “indicatore” della musica che valeva la pena ascoltare era fondamentale, un stroncatura fuori posto poteva condannare gruppi magari decenti al non ascolto.
Anche solo per motivi anagrafici non sono così convinto di aver avuto tutta questa influenza (le cose che leggo in giro mi sembrano, fortunatamente, molto personali) ma se questo è veramente avvenuto, ne sono ovviamente felice e soddisfatto.
4 – “L’estetica del metallaro” rimane per molti che vissero l’esperienza di Metal Hammer e ammiravano il tuo stile, un libro impresso nella memoria. Cosa ti ricordi di quell’esperienza da “Autore”?
“L’estetica” è l’unico mio libro a cui sono emotivamente legato. Scriverlo è stato un’esperienza faticosa (scrivevo in ritagli di tempo microscopici) ma era stupendo mettere insieme frammenti di testo che in qualche modo sembravano eruttare spontaneamente dal terreno. E’ stata divertente la promozione; era l’epoca dei cosiddetti “scrittori cannibali”, una forma terrificante di giovanilismo hipster anni 90 in cui persone di mezza età facevano finta di essere ggggiovvani nell’animo ma anche negli atteggiamenti… così io, allora già di mezza età, facevo una certa impressione arrivando alle interviste con il mio solito look vice-presidenziale giacca e cravatta e alzando lodi sperticate all’indirizzo di Motorhead e Machine Head…
5 – Durante il periodo di Metal Hammer, sei stato uno dei giornalisti musicali che più tentarono, in tempi poco sospetti, di introdurre nei propri articoli riferimenti a libri, musica “non metallica”, cinema, fumetti… Come hai deciso di tentare questo approccio quando ancora le riviste musicali tradizionali lo evitavano a priori?
Non ho “deciso”, per me è stato così sin dal primo momento che ho sentito musica, o letto un libro. Come diceva Borges (e come ama ripetere mio fratello Andrea) esiste uno solo libro, un solo disco, un solo film, e tanta gente che ne scrive un pezzo alla volta. Quello che non rientra in questo lavorio invisibile, non vale la pena. Parlare dei Motorhead e non parlare della Seconda Guerra Mondiale, oppure parlare dei Voivod e non parlare della scena fumettara francese degli anni ’70 è assurdo.
6 – Ti sei mai sentito un “educatore” più che un semplice giornalista?
No, giornalista e basta. Ci manca solo che io mi metta in testa di educare la gente.
7 – Molti dei tuoi lettori dell’era Metal Hammer svilupparono un legame quasi emotivo con la tua scrittura. Alcuni di loro ti vedevano come un amico o una sorta di figura di riferimento. Alcuni ti intravedevano a Torino e riportavano di averti visto, quasi avessero incontrato il loro idolo. Come ti faceva sentire e come ti fa sentire oggi?
Ovviamente mi faceva sentire bene. Come per tutti quelli che hanno vissuto un periodo di celebrità (anche se molto minore, come nel mio caso), la sensazione iniziale è di grande soddisfazione, ti senti in qualche modo “arrivato” (anche se non ti rendi forse conto dove…). Non dico che non ci siano stati problemi: non c’erano cellulari, e il mio telefono di casa era allora rintracciabile sulla guida telefonica di Torino, c’era gente che chiamava TUTTI i Luca Signorelli prima di arrivare a me (e il telefono a casa squillava di continuo, normalmente mentre io non c’ero!)
Oppure, alle sette del mattino trovavo gente che si piazzava sotto casa mia per avere l’autografo, oppure insultarmi, oppure spiegarmi per filo e per segno l’esegesi dei Blind Guardian. Per un po’ è stato divertente, poi non lo è stato più, e ho preso misure per sparire dalla circolazione. La visibilità è bella per chi la cerca a tutti i costi, per gli altri è una specie di gioco che dopo un po’ stufa. Va bene sapere di essere conosciuti, ci mancherebbe, ma è meglio esserlo nell’invisibilità.
Per contro, la mia totale immodestia continua ad essere solleticata dall’idea che ci sia ancora gente che si scanna su Internet per i miei vecchi deliri… spero continuino per molto! J
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Proprio un bell’uomo, Beppe Riva… e scrive anche bene! |
8 – Avevi anche tu una folle stima del “solito” Beppe Riva o erano altri i modelli da cui sei partito?
Beppe Riva e Claudio Sorge hanno fatto tantissimo per sdoganare in Italia la critica metal, in un’epoca di “puzzapiedismo” italico inveterato da parte di una certa critica musicale rock che si sentiva “seria”. Ma non sono stati i miei modelli. Detto questo, senza Beppe su Rockerilla il Metal in Italia non sarebbe esploso, oppure sarebbe esploso più tardi – punto. E certe tipicità della scena italiana sono prodotti del lavoro di Beppe più di chiunque altro (incluso me).
Ho molti idoli letterari (Primo Levi, Tolkien, Gustav Hasford, Philip Dick, JG Ballare, Rigoni Stern, De Quincey, Lem etc), ma pochi modelli giornalistici. Il buon Riccardo Bertoncelli mi ha influenzato all’inizio, almeno durante i ’70 e nella mia fase di sopravvivenza “pre-metal”. Mi divertivano anche i giornalisti inglesi della scuola “Melody Maker”, presi con po’ con le pinze, mentre quelli di “Kerrang!” non li sopportavo.
Oltre a mio padre, il mio vero padrino e maestro sul fronte creativo è stato Riccardo Valla, mio grandissimo amico e uno dei guru della fantascienza italiana (oltre che traduttore sublime, forse il più grande in Italia). Purtroppo Riccardo è scomparso prematuramente pochi giorni fa, per me una perdita terribile. Senza Riccardo io non avrei potuto iniziare a scrivere, e senza Riccardo avrei scritto molto peggio.
Recentemente adoro leggere John Dolan (scrive per NSFWC.com), probabilmente il migliore critico letterario in lingua inglese attualmente in attività, oltre che quello più divertente! Il suo personaggio del “War Nerd” è una delle poche cose veramente nuove e valide lette negli ultimi 10 anni. Dello stesso giro c’è anche Eileen Jones, che scrive critica cinematografica in un modo incredibilmente cattivo e intelligente.
9 – Quale gruppo secondo te avrebbe dovuto meritare molto di più, chi tra i gruppi minori o sconosciuti dovrebbe essere un grande ma inspiegabilmente non ce l’ha fatta?
La lista è infinita… High Tide, Riot, Angelwitch, Coroner, Dark Angel, Skrew, Scarve, Mekong Delta, Prong, Last Crack … potrei continuare per sempre. A questi aggiungo anche Braindamage, il gruppo di mio fratello, secondo me nel loro genere in Italia non hanno paragoni.
Continuo anche a pensare che i Meshuggah, per quanto vendano, sono sempre apprezzati meno di quanto meritino.
10 – Visto che i gruppi metal non riescono a campare di musica, un giornalista che scrive di gruppi che non campano di musica con cosa campa? Girano soldi nel giornalismo metal?
Una volta sì, o almeno, Metal Hammer i soldi li faceva abbastanza girare. Funzionavamo e non ho remore a sottolinearlo, c’era un forte gruppo creativo, una struttura professionale e Claudio Cubito era un’ottima mente manageriale. Adesso credo che sia difficile chiudere in pareggio, ma sono fuori dal giro da un po’, dovresti chiederlo a chi è ancora dentro!
Un sacco di roba! I Meshuggah (il mio tormentone…) sono probabilmente la cosa più metal che il mondo abbia visto dopo gli Slayer. “Swarm”, un brano dal loro ultimo disco “Koloss”, è probabilmente il singolo pezzo più mostruosamente potente e allo stesso tempo più “avanti” della storia del metal dai tempi di “Raining Blood”.
Ma anche Decapitated, Gojira, High on Fire e un miliardo d’altri… e anche molti vecchietti si difendono bene, pensa agli Slayer o ai Testament.
Caso a parte fanno i Killing Joke, che non sono minori e – dal loro punto di vista – non sono metal. Eppure sono di nuovo in testa alle poll di fine anno di tutti i giornali metal del globo dopo 35 anni di carriera. Quanti altri gruppi di allora possono dire lo stesso?? Un caso unico nella storia della musica, credo. E se loro non sono Metal, sicuramente continuano ad essere una delle grandi influenze del metal attuale.
12 – Come mai secondo te, da 15 anni a questa parte non sono emersi nel metal grandi cantanti o grandi solisti come succedeva una volta?
Il solismo inteso come una volta è morto (meno male), e il fatto che la gente rotea gli occhi ogni volta che si paventa un ritorno degli Stratovarious dovrebbe farne capire il motivo. Molto di quello che allora veniva considerato grande capacità solista era “solo” capacità esecutiva ma ben poca creatività. Per contro, ci sono stati grandissimi creatori di stili e suoni nuovi che non sono mai stati considerati “grandi solisti”. Di Jimi Hendrix o di Eddie Van Halen (grandi creatori e grandi esecutori) al mondo ne sono nati veramente pochi.
13 – Cosa ne pensi della tendenza in voga negli ultimi anni di aumentare a dismisura la componente tecnica a discapito del feeling. Non trovi che oggi dominino suoni plasticosi e un’opulenza ingiustificata di riff e cambi che generano solo una gran confusione?
La vedo al contrario. Adoro questa ricerca della complicazione nel metal, è rimasta uno dei pochi segnali creativi in un mondo musicale che, come tutto il resto, è dominato da una mancanza di coraggio incredibile.
14 – Ma tu scrivi ancora? Intendo in generale, non solo di musica…
La mia carriera professionale nello scrivere è finita. Di musica non ho mai più scritto una virgola. Scrivo molto raramente, più che altro per me stesso, ed in genere di montagna.
15 – Come passi la giornata?
Il novanta per cento del mio tempo è dedicato a lavoro e famiglia. Quel poco che rimane lo trascorro in montagna (molto meno di quanto vorrei) oppure leggendo e sentendo musica, più che altro nei trasferimenti da e per il lavoro.
16 – Quali sono oggi i più bravi giornalisti metal?
Di quelli attuali non ti so dire. Mi piace come scrive Marco Benbow, ma non scrive di Metal!. Dei classici, oltre a quelli che ruotavano attorno a Metal Hammer, e che erano tutti bravi, sono sempre convinto che “Heinz” Zaccagnini sia stata una grande voce, molto sottovalutata.
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Lo so, non è Heinz Zaccagnini, ma è l’unico tizio di nome Heinz che ho trovato su Google immagini |
17 – Che ne pensi delle riviste Metal italiane? Le compri mai?
Ogni tanto leggevo Metal Maniacs più che altro per rimanere informato sui nomi che girano. Non ho giudizi, perché sennò scado nel reducismo, che trovo fastidioso.
18 – Credi anche tu che Niccolò Carli sotto sotto sia un hipster?
Niccolò è un grande, una persona molto intelligente e preparata. Sente jazz e quindi è sicuramente un hipster, ma questo è un problema suo e non mio.
19 – Ti ricordi ancora il tuo primo articolo?
Sì, ma preferirei non ricordarmelo.
20 – La prima volta che hai guadagnato dei soldi scrivendo di musica e quanto?
Su Metal Hammer quando dipendevamo ancora dalla Germania. Non mi ricordo quanto ho preso, ma sicuramente era una cifra relativamente congrua con il lavoro fatto.
21 – Il momento più appagante vissuto da giornalista metal?
Sarebbe più facile ricordarmi quello MENO appagante… di momenti appaganti ce ne sono stati tantissimi, sicuramente alcune interviste sono state memorabili, forse più per me che per i lettori! Credo che, a parte “Estetica”, forse l’articolo sul “Clash of Tytans 1991” che fu tradotto e pubblicato su Metal Hammer USA sia stata una grande soddisfazione.
22 – Il disco che ha cambiato la tua vita?
Tanti, ma forse nessuno in modo profondo come “What’s This For?” dei Killing Joke. E’ un disco terrificante, che sonda abissi che tutto il black metal messo assieme non ha mai neanche sfiorato. Sentirlo a 20 anni ha avuto su di me un effetto incalcolabile.
23 – Torneresti a fare il redattore di una rivista metal? Se sì chi chiameresti in redazione a parte me?
Non tornerò mai a scrivere su una rivista metal. Non so chi potrei chiamare, non conosco abbastanza il giro attuale.
24 – C’è un gruppo che all’epoca recensisti male e che poi hai rivalutato?
In genere no, a parte un paio di strafalcioni presi all’epoca per troppo entusiasmo, le rare stroncature fatte le avevo ben calibrate e pensate. Per esempio, continuo a pensare che i Morbid Angel siano dei pagliacci, e quello che hanno fatto in questi anni non ha contribuito a farmi cambiare idea.
25 – Quando hai perso la verginità?
La cosa?
26 – La tua perversione preferita?
Sentire lo stesso pezzo a palla per ore e ore e ore e ore… aspetta, tu per perversione intendevi dire qualcosa di divertente? J
27 – Definisciti con un insulto.
Logorroico (un tratto della mia personalità che mi da molto fastidio e su cui cerco di operare un certo controllo, senza molto successo)
28 – Ti è capitato di intervistare un tuo idolo e vederlo sgretolarsi in terra davanti a te?
Anche qui, sono stato fortunato. L’unica intervista veramente disastrosa della mia carriera è stata con Ozzy Osbourne, all’epoca di “No Rest For The Wicked”, in un momento in cui era più malandato del solito (si diceva in giro che avesse superato un ictus da poco). Rispose alle domande per monosillabi, e si svegliò solo quando gli chiesi cosa pensava dei Beatles.
Rob Halford era in un periodo del cavolo quando lo intervistai (epoca Fight), e passò tutto il tempo a lagnarsi del mondo, del tempo e dei Priest, ma non si rivelò inferiore alle aspettative, solo diverso da queste. Invece Dave Mustaine fu esattamente come me lo immaginavo: puro Padre Mustaine, nei sotterranei del Palatrussardi invece che nella chiesetta nella neve. Dopo dieci minuti stavamo per picchiarci, uno spasso.
Ho avuto un bizzarro “incidente” telefonico con Slymenstra Hymen dei GWAR, nel senso che nel bel mezzo di un’intervista che stava diventando veramente bizzarra mi dice “ASPETTA ASPETTA ASPETTA TI RICHIAMO SUBITO”. E chiude. Mai più sentita. Tra l’altro pare che sia adesso in guerra con i GWAR per una storia di royalties mai pagate.
Per il resto, anche gente per cui io non stravedevo musicalmente (tipo King Diamond o Billy Milano, oppure Bruce Dickinson) si sono rivelati articolati, intelligenti e piacevoli da ascoltare.
Quanto ai miei idoli-idoli-idoli, ho incominciato a scrivere a 30 anni, quando l’epoca delle infatuazioni senza se e senza ma era finita da un pezzo, ma in realtà nessuno di loro mi ha mai deluso. Per esempio, difficile pensare a persone più intelligenti e disponibili di Blue Oyster Cult, Voivod o Carcass.
29 – Ti rendi conto di essere l’unico convinto che Time Does Not Heal dei Dark Angel sia un disco storicamente importante?
Ti rendi conto di essere l’unico convinto che a quei parpagnacchi dei Cradle of Filth forse bisognerebbe dare una seconda / terza / quarta possibilità, quando il mondo sa che anche la prima possibilità che hanno avuto è stata di troppo?
30 – Che studente eri?
Purtroppo distratto dal fatto che durante le ore di lezione leggevo per conto mio cose diverse da quelle che in teoria non avrei dovuto studiare!
31 – Se fossi Dio chi uccideresti, oggi?
E’ una domanda senza senso. Non voglio uccidere nessuno, e spero di non dover mai considerare seriamente l’eventualità. La gente parla di uccidere troppo casualmente.
32 – Sei sempre convinto che il metallaro sia molto meglio di come lo dipingono?
Il metallaro non è “meglio” di come lo dipingono, è diverso. I giornali (o le webzine) devono vendere, e quindi devono per forza attaccarsi a quel 5% che porta avanti un folklore da quattro soldi che era già vecchio 25 anni fa. Il 95 per cento dei metallari non ha i capelli lunghi, non si veste con le borchie, eppure sente metal e soprattutto del metal capisce gli aspetti più complicati e sottili. Poi so già qual è la tua risposta: “Vai a vedere il pubblico dei concerti”. Forse – ma il pubblico dei concerti metal è solo la punta dell’iceberg.
E soprattutto, il 95% dei metallari non ha il quoziente di intelligenza modello patata che il cliché storico sembra volergli obbligatoriamente affibbiare. E anche il metallaro “folkloristico” non è necessariamente stupido, anzi!
33 – Hai una religione?
Ho un compito da portare avanti. Forse è questa la mia religione.
34 – Non credi che Lemmy sia ingiustamente sottovalutato proprio dal suo stesso pubblico adorante?
Lemmy è (o meglio, era, sono quindici anni che non gli parlo) diverso dal personaggio pubblico che lui continua ad interpretare (a pagamento). Io ho avuto modo di conoscerlo “in borghese”, negli ultimi anni in cui abitava a Notting Hill a Londra, prima di trasferirsi a Los Angeles. Lemmy aveva due modalità: una affabile, simpatica, sorniona e in grado di discutere di tutto (di Seconda Guerra Mondiale, ma anche di cinema, politica, letteratura… tutto!). L’altra è quella di una persona molto privata, a volte depressa, che quando vuole stare in pace DEVE stare in pace, soprattutto quando è “in botta” oppure sta leggendo, per essere chiari.
Nessuna di queste due modalità emerge sul palco e raramente una delle due emerge nelle interviste. Il “vero” Lemmy è sottovalutato perché il “vero” Lemmy non è quello che fa vendere i dischi dei Motorhead (che sono comunque un gruppo la cui importanza nella storia del rock è per sempre sottovalutata).
Il pubblico di Lemmy adora una macchietta che non è Lemmy, o almeno, una volta non lo era.
35 – Non credi che i Voivod abbiano avuto la sfortuna di scegliersi un pubblico troppo imbecille?
No, direi proprio di no. “Voivod” e “Imbecille” sono antitetici. Sinceramente non vedo come si possa definire imbecille il loro pubblico. Il loro ultimo disco è strepitoso, per inciso.
36 – Non credi che i GWAR andrebbero insegnati a scuola?
I GWAR sono già insegnati a scuola – negli USA. Assieme a South Park, i GWAR sono un perfetto simbolo del delirio e del nichilismo totale della suburbia americana. Pensa al recente massacro nel Connecticut: i dettagli sembrano usciti da un testo dei GWAR, sono che sono reali, e quindi non fanno ridere.
37 – Non credi che questa intervista sia durata abbastanza?
Sei tu il proprietario della webzine, non io!
38 – Abbiamo quasi fatto. Oggi cambieresti qualcosa del tuo libro?
Dovessi farne uscire una secondo edizione, più che cambiare aggiungerei. Chissà… forse fra qualche anno.
39 – Hai mai ri-considerato la tua tendenza a vedere il metal ovunque?
No. Il Metal è dovunque. La realtà negli ultimi 10 anni ha inseguito il metal in modo quasi ossessivo. Pensa alla cronicizzazione delle guerre, all’incertezza economica, ai deliri di violenza al cinema…
40 – Mi vuoi un po’ di bene?
Come mai per te è importante che io ti voglia bene? Nessuno te ne vuole? ;)0 – Sono affamato di affetto per dei traumi infantili collegati ai cartoni di Calimero Pulcino nero che poi è collegato con Hell Awayts e i collant di Raffaella Carrà su quella trasmissione che… ma ehi… non sono io l’intervistato, sei tu! Le faccio io le domande, capito?
Nota bene: l’intervista è concessa a Sdangher e a NESSUN ALTRO. Non può essere pubblicata in parte o per intero su altri blog o webzine senza che Luca Signorelli ne dia l’autorizzazione.