Qualcuno si chiederà, ma che diamine ci fa un cavallo in incognito al concerto di Tony Hadley?
Un sabato sera libero, un concerto gratuito, la tua ragazza che è una fan degli Spandau Ballet, e tu nel profondo qualche loro pezzo lo canti ancora oggi sotto la doccia. Ok, lo ammetto, sopratutto Gold.
Per l’occasione facciamo un’uscita “normale”, e sapendo che i miei genitori, sopratutto la mamma (del) cavallo, essere fan del suddetto cantante, e i posti in macchina non mancano… perché no?
Ricordate questo particolare, perché vi torneremo dopo.
Siamo arrivati almeno un’ora prima dell’inizio previsto del concerto, tipo le otto di sera. Il sole è già calato e s’inizia a notare un certo movimento nell’area, la città della moda a Molfetta.
Di fronte al cinema hanno allestito il palco, il sound check è stato fatto nel pomeriggio e le prime persone occupano già il bordo dello stage.
La signora cavallo consiglia di rimanere già da ora fermi lì, che a breve l’area diventerà impraticabile, e diamine se ha ragione.
Il padre del cavallo odia altresì gli ambienti stretti e decide invece d’andare in una zona più lontana dal palco.
Ricordiamo dopo anche questo punto.
Verso le nove inoltrate la band sale sul palco e una voce ci da il benvenuto alla serata, mentre Tony, con un sorriso a 52 denti saluta soave il pubblico. Mai visto un uomo più allegro di lui a dire il vero.
Non chiedetemi la set list, che in ste cose non sono bravo, posso solo dire che ha spaziato in una serie d’ottimi pezzi della sua discografia, puntando su classici e cover che non ti saresti mai aspettato.
Già al secondo pezzo lancia furioso una versione energica Somebody Told Me dei the Killers, pezzo che mi riporta indietro e che scatena in me una malsana voglia di pogare. Non sarà possibile, ma ehi l’importante è il pensiero. Cito anche tra gli omaggi successivi Somebody To love dei Queen, presentato dietro un’aneddoto tra lui e il compianto Freddie Mercury.
Il pubblico è composto per lo più da persone mature, credo d’essere l’unico (ancora) sotto i trent’anni presente, figli costretti da genitori a parte.
Si sta stretti come i polli e il pubblico copre quasi tutta l’area, anche i lati del palco. Ma Tony non disdegna nessuno, agitandosi tra un lato e l’altro, correndo come un cavallo imbizzarrito, lanciando sguardi lascivi sul pubblico femminile. Lui sa che pendono dalle sue labbra, ma sa pure che qualcuna vorrebbe pendere dalle sue mutande. I commenti che ho sentito dietro di me la dicono lunga.
Più rock di quanto lo ricordassi, grazie anche a degli ottimi strumentisti, dona nuova linfa a molti dei suoi pezzi, sopratutto alla conclusiva Gold. Ormai preso anche dai fumi dell’alcol, tra Jack Daniel’s e vino, con un viso tondo e rosso, dietro ogni sorriso e risata, Tony Hadley ci regala (letteralmente) un’ora e mezza di puro e per me inatteso piacere. Insomma, io mi scaldo con i Purulent Anal Pighole Ma è vero che l’arte non conosce genere, se dietro vi è la passione.
Squilla il telefono, il Padre del Cavallo m’avvisa che ci attende all’entrata del cinema e già che ci stava LUI ha stretto la mano a Tony Hadley.
Inutile la fuga per riuscire a rubare uno scatto fotografico, l’artista ci ha lasciato il calore e qualche cellula morta sul palmo della mano di mio padre, a testimonianza scientifica del suo passaggio nelle nostre vite.
Un culo della madonna oserei dire, ma parliamo della stessa persona, mio padre, che una volta al lavoro in un ristorante conobbe i Village People al completo. E sto cazzo, direi.