Anal Cunt – Uno scherzo da restarci secchi

Uno dei miei sogni nel cassetto è scrivere la biografia di Seth Putnam e penso che potrei fare un gran bel lavoro. Peccato che sia morto, ma la morte non è un impedimento sufficiente, anzi, sovente è il fatidico punto, necessario per mettere le cose in una prospettiva soddisfacente, se si tratta di scriverci su un libro. Intanto vi parlo degli Anal Cunt, anzi degli A.C. Giorni fa, sfogliando un vecchio Metal Shock, mi sono soffermato su una recensione che iniziava così: Quest’album meriterebbe di essere recensito con una sola parola: vergognoso.

L’incipit non è una novità. Negli anni tra il 1990 e il 1994, la rivista metal più amata dagli Italiani che non amavano di più HM o Metal Hammer o Flash!, riservò ai gruppi estremi un trattamento vergognoso. Alcuni di quelli che oggi sono considerati come dei classici del black o del death o del grind, allora erano ridotti in poltiglia da poche parole caustiche di Massignani o chiunque fosse costretto a occuparsi di quella frangia dell’heavy music. La redazione, fino all’arrivo di Borchi, non ha avuto nessuno in grado di occuparsi di quei sottogeneri con amore ed entusiasmo.

Nonostante questo bisogna dire che usciva un sacco di merda, soprattutto nell’estremo, e così talvolta le stroncature erano legittime. Ma chi saranno stati questi A.C. così vergognosi da suscitare l’ira di Metal Shock? Poi ho letto il titolo del disco: Everyone Should Be Killed (Earache).

Al tempo le due parole, Anal e Cunt, erano così oscene, che molte riviste preferivano mettere le iniziali puntate, invece di scriverle per intero. Dubito che in Italia, nel 1994, il pubblico dei lettori sapesse cos’era una cunt. La parola cunt è entrata nella cultura nostrana con la famigerata maglietta dei Cradle Of Filth, un po’ di anni più tardi. Con Anal ci si poteva arrivare, ma alla fine io penso che la rivista metal che più amava Frank Zappa, avrebbe potuto concedersi una simile licenza, e aggiungo che avrebbe potuto avvicinarsi con un altro spirito alla scherzosa provocazione volta a sistema di Seth Putnam.

Capisco che al tempo, la politica della Earache, sembrasse un’escalation irrefrenabile verso il grado zero del casino più casino. Dove stava andando la musica con i Napalm Death o i Torture Garden di Zorn? Direttamente nell’ombelico lanoso e purulento di un grassone, laido e olezzante di Boston. E mentre tutti gli altri dopo sono tornati indietro dal baratro del caos verso cui avevano guidato a grandi passi, Seth Putnam saltò dentro e mai più lo vedemmo risalire.

Gli Anal Cunt non erano inglesi, come scrisse Luca Signorelli nel suo libro sull’estetica del metallaro, parlando molto bene di loro. Erano americanissimi. Una cosa giusta però la disse: non erano hardcore ma metallari fino al midollo. Everyone Should Be Killed non era nemmeno del semplice grindcore, anche se ne calcava la morfologia compositiva. Era molto altro. O almeno era grindcore oltre le soglie del vinile o del dischetto digitale.

Non è semplice da spiegare, tanto più che nessuno ha inventato una nuova etichetta per la zona tra il fondo e lo sprofondo del barile in cui la band grufolò con grande entusiasmo tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90. Non si trattava di un gruppo di amici in vena di scorregge, rutti e improvvisazioni con la chitarra. Se si guarda alla storia di Putnam, ci si accorge che lui era quella provocazione: la musica, i grugniti, l’odore, il sudore, le dipendenze, la morte facevano tutti parte dello stesso album.

Oggi le sue canzoni sono troppo lunghe persino per i livelli di attenzione alimentati da TikTok, mentre l’ironia nichilista pungola sullo scroto la Woke Culture. A maggior ragione vorrei scrivere di Putnam, prima che qualcuno proponga di cancellarlo dalla faccia della terra. Everyone Should Be Killed è fatto di una sessantina di tracce, alcune della lunghezza di un rigurgito biliare e altre (pochissime) più articolate (mai superiori ai due minuti). Lo si può ascoltare con la disattenzione che si presta al traffico o a una strage dei soldati in strada, dipende a quale urbanità si è abituati. Lo si può sentire in silenzio ritualistico, accendendo un candelotto di dinamite sotto al santino di Seth e bearsi di quelle che non sono canzoni, ma macerie di canzoni.

In ogni caso si cercherebbe dalla parte sbagliata perché il senso degli Anal Cunt e il loro genio assoluto non è nella musica e tanto meno nei testi, che non esistono, almeno in questo album. Bisogna puntare l’attenzione sui titoli. Ne elenco alcuni:

Non mi è più permesso di apprezzare gli A.C. da quando hanno firmato per Earache

Quando penso alle vere band punk rock, penso ai Nirvana e ai Melvins

MTV è la mia fonte di nuova musica

I titoli delle canzoni sono fottutamente stupidi

Dover inventare i titoli delle canzoni fa schifo

Svendersi avendo titoli di canzoni sul suo album

Cosa è associato musicalmente a questi titoli? Nulla. Del rumore, catarro, urla, sproloqui di chitarre sature e batterie sconclusionate. Ma non è quello che bisogna esaminare e giudicare. Se ci si fissa su quello è palese la perculata e basta. Bisogna infilare nella ricezione tutto quanto. Seth sul palco, schifosamente nudo, mentre si fa spompinare da una battona e si infila l’ago nel braccio è un’altra canzone senza titolo degli Anal Cunt.

Per tornare alla recensione di Metal Shock, fa quasi tenerezza quando, al termine di quello che è solo uno sfogo e non un’analisi critica, l’autore giudica gravemente irrispettoso verso gli altri gruppi grind seri e volenterosi, uno scherzo del genere, buono solo a far soldi in fretta. Soldi? Impegno? Success?

Ecco, io ho letto le memorie dei musicisti che realizzarono alcuni dei dischi grindcore più importanti della storia e non c’era impegno o serietà. Quelli servono per costruire qualcosa, non per distruggere. I Napalm Death si sentivano dei perfetti falliti mentre il mondo li acclamava per aver realizzato la canzone più corta della storia della musica pop.

Gli Anal Cunt stavano solo scherzando? Può darsi. Di certo le immagini di Seth Putnam in coma etilico su un divano al termine di un concerto e la notizia della sua morte, potrebbero aver condotto lo scherzo un po’ troppo oltre, laddove non fa più ridere e anzi, fa male, fino ad ammazzarci stecchiti.