Gli Yard Trauma – Più sciolti di così si muore liquefatti

Gli Yard Trauma ormai sono sciolti. Lo sono talmente tanto, che in pratica erano già sciolti quando uscì questo ultimo loro album. Oh My God, festeggiato dal Fuzz come un irrinunciabile campionario di punk-garage-psych-death-rock metal. Se volete ci sono almeno un altro paio di etichette che potrei aggiungere per darvi un’idea. Siccome però ormai non abbiamo più bisogno di zoologizzare qualsiasi cazzo di gruppo, basta che andiate sul tubo e li cerchiate per capire di cosa stiamo parlando.

Che ne parlo a fare? Per segnalarvi che sono esistiti e che, almeno nell’ultima parte della loro carriera burrascosa, sono oggi reperibili su Spotify. Interessante sapere infatti che gli Yard Trauma non hanno sempre fatto punk rock essenziale, asciutte e dritto al punto. In passato erano molto più garage e, secondo una definizione di un tipo che si firma Reverendo Lys, facevano addirittura psichedelia dark. Se volete avere un’idea del percorso della band, cliccate sul link del nome e leggete. Mi piace come li analizza, racconta e ricolloca.

Intanto, tutto quello di cui posso parlarvi io, è il disco post-mortem Oh My God!; saluto finale di Lee Joseph e gli altri suoi consorelli. Il tipo è interessante, nato e cresciuto in Arizona, ha preso parte a circa nove progetti musicali e al tempo di questa uscita postuma degli Yard Trauma, era già in sella a una nuova avventura con gli OutsideInside, di cui forse scriverò tra qualche giorno o…. forse mai.

La storia del rock è piena di questi piccoli, grandi, epici perdenti. Il talento di Joseph è palese, la garra pure. Purtroppo per lui non era destino che facesse il botto, o se volete una spiegazione più tecnica: il Moloch capitalistico non ha ingurgitato lui e gli Yard Trauma, sputandolo più in alto sperando che abbia le ali abbastanza robuste per rimanerci il più a lungo possibile. C’era già troppa carne da hits nella bocca del cannone. E così crepati dopo un tentativo di ricambiare pubblico finito in un bagno di indifferenza.

L’album è schietto, breve, lucidissimo e pieno di pasticcini punk deliziosi. Vi cito la tikketetrakkete, Blink Of An Eye e Not Fair. giusto per mettermi sempre in mezzo con le mie preferenze personali, ma sono tutti brani pronta presa dai ritornelli appiccicosi. Ascoltandoli mi sono venuti spesso in mente i primi Bad Religion (dico i primi perché conosco solo quelli), i 13th Floor Elevator e bla bla bla bla, beware! dropping of name for show my big dick. Peccato che nessuno si ricordi degli Yard Trauma. You do the best you can, come cantano verso la fine dell’album Oh My God!, ma non è tutto lì. A volte non basta per un cazzo. Hanno realizzato buona musica e dischi con una certa consistenza creativa. Chi li scopre se li goda.