Crown Of Thorns – Il class metal nella zona del crepuscolo

Torniamo sempre lì, è un’ossessione, ma… quando il Grunge cambiò il mercato dell’hard & heavy (e più in generale del pop), all’inizio degli anni 90, ci fu una frenata un po’ lunga da parte di tutte quelle etichette che avevano in calendario una marea di lavori class metal e AOR, già pronti da un paio d’anni e ancora in cascina. C’è chi se ne fregò, capì che era inutile consegnare ai negozi un disco del 1991 in stile Bon Jovi/Dokken di una band nuova di nome, che so, Heaven’s Trail e chi invece provò lo stesso a pubblicare cose ormai prive di speranza. La Interscope Records, fondata nel 1989, fatturò presto i suoi primi milioni grazie ad alcune hit hip-hop un po’ troppo zuzzurellone, ma aveva sotto contratto anche gente come Primus e Nin, quindi era ben equipaggiata per affrontare la fase evolutiva del rock di inizio anni 90, ora che era divenuto alternativo, strano, in guerra con le proprie radici. Purtroppo la Interscope aveva anche una serie di prodotti scaduti, per quanto con gente di peso, veterana della scena. I Crown Of Thorns, per esempio.

Dietro l’album che sarebbe dovuto uscire per la Interscope, c’erano Paul Stanley, Beau Hill e Jim Vallance. Il gruppo era tutto costruito intorno al moicano biondo platino di colore, Jean Beauvoir. Ex Plasmatics; ex Voodoo X, membro della band di Little Steven Van Zandt, un bel repertorio di uscite soliste e un curriculum come autore per gente come Kiss, Debbie Harry e Ramones, e non dimentichiamo il successone balneare che era sul film Cobra: Feel The Heat.

Questo ragazzo aveva di sicuro le qualità per farsi valere sul mercato (almeno se il mercato fosse stato quello del 1991). Purtroppo non era più il suo tempo, e anche Paul Stanley, Vallance e il Beaullitissimo Hill, avevano più voce in capitolo su ciò che vendeva o meno, agli occhi di un’etichetta arrembante e ambiziosa come la Interscope che…

…dopo aver atteso e rinviato per un bel po’ l’uscita del disco Crown Of Thorns, arrivò a pubblicarlo senza crederci granché un anno dopo gli annunci, nel 1994. Se fosse uscito nel ’93, sarebbe suonato comunque fuori dal tempo.

COT era un validissimo lavoro hard rock melodico anni 80. Le canzoni erano buone, alcune davvero sopra la media, ma solo qualche pischello in crisi col proprio tempo avrebbe accolto con interesse ed entusiasmo, un disco immerso profondamente negli schemi risaputi dei Journey o dei Foreigner, dei Winger e dei Bon Jovi all’indomani di Ten e Nevermind. Uno come me, per esempio, ma lasciamo stare.

Crown Of Thorns uscì e pare, ebbe comunque un discreto successo in qualche posto dell’Europa. La pagina di Wikipedia Italia dice così, ma è abbastanza un intruglio di inesattezze. Non vi posso consigliare di ricorrere a quella americana perché non c’è. Temo che negli Stati Uniti, abbiano smesso di seguire le prodezze di Beauvoir una volta uscito dalla band di Little Steven. E non biasimo l’America per questo.

A un certo punto, la pagina italiana sui Crown Of Thorns confonde la band del povero Jean con una omonima di non so dove. Fa addirittura risultare come genere del gruppo, sia l’hard rock che l’hardcore. Nella discografia infatti, l’autore persegue l’equivoco inserendo pure l’unico titolo di questi Crown Of Thornz, con la z finale, dal titolo Mentally Vexed. Effettivamente questi erano estremi,  tra punk e metal, ma nulla a che vedere con il cammino piuttosto coerente di Beauvoir.

Nel tempo il progetto Crown Of Thorns ha tenuto duro, stabilendo un buon seguito soprattutto in Germania e ha infilato album di una certa qualità generale, uscendo con regolarità ogni due anni circa, almeno fino al 2002. Dopo c’è stata una pausa interrotta credo dalla Frontiers, che li ha resumati.

La spigolosità anni 80 dell’omonimo uscito nel 1994, benedetto dall’entusiasmo di qualcuno che scriveva su Metal Shock, è stata via via smussata nei lavori successivi (di cui Last Cathedral è considerato il punto massimo di maturazione) con una scrittura tradizionale ma raffinata e combinazioni melodiche intriganti; sempre nell’ambito dell’AOR o dell’hard rock melodico di una volta però in una veste moderna e professionalmente impeccabile.

Trovo che l’omonimo resti un punto di partenza inattaccabile, preso per ciò che è e che voleva essere secondo tutti coloro che ci lavorarono. Si tratta di un ottimo, involontario esempio di tardo e se volete, crepuscolare class metal. Ci sono ballate schematiche ma tutto sommato accattivanti (Standing In A Corner), qualche titolo intermedio accattivante  come House Of Love e Secret Jesus (se non avessi mai sentito Sweet Sister Mercy dei Lynch Mob).

Il brano che invece mi ha preso per le palle e fatto ululare di entusiasmo è The Healer. Trovo sia uno degli ultimi grandi assalti anni 80, prima del rivivalismo stucchevole degli anni 2000. Non so se sia questo il brano su cui mise mano anche Paul Stanley. Potrebbe esserci qualcosa di suo, ma non sono sicuro e non ho fonti precise a cui affidarmi. Non importa.