Dopo Truly, Twitch, Quicksand e The Hum ho deciso che mi prenderò una vacanza dal rock alternativo anni 90 e tornerò a occuparmi di metallo (probabilmente della stessa decade). Prima però voglio scrivere un ultimo pezzo su una rock band post-grunge che ho scoperto poco tempo fa, piluccando vecchie riviste dimenticate: i Green Apple Quick Step. Non cercate di ricordarvi se li avete già sentiti nominare. Probabilmente a livello subliminale qualcosa è rimasto dentro di voi, tra il 1994 e il 1997. All’inizio della loro breve carriera erano abbastanza grunge ma già con un piede nell’alternativo fighetto, questo nel ’93, vale a dire quando l’onda di Seattle si stava ritirando e lasciava sul bagnasciuga siringhe e scatole di antidepressivi.
Intanto il nome. Pare sia preso da un vecchio brano dei Byrds, uno strumentale incentrato sul benjo e le chitarre acustiche; sapete, il genere di roba che parte quando nelle commedie americane in una birreria uno picchia un altro e tutti intorno se le danno senza alcuna ragione.
Per la verità però, sembra che Green Apple Quick Step non si riferisca alle risse o agli inseguimenti on the road, bensì alla diarrea che ti viene quando mangi troppe mele verdi; il passo svelto è di chi cerca un bagno dove svuotare le viscere dopo l’indigestione. Lo strumentale dei Byrds, poco più di uno scherzo, non intendeva commentare nulla di meno, a parte l’andatura sfrenata e buffa di un uomo che deve cagare e non riesce più a trattenersi.
Quindi i GHQS si sono chiamati come un attacco di diarrea.
Tra il 1993 e il 1994, ricordo che ne uscirono diversi di gruppi con dei nomi lunghi. Nessuno di loro riuscì a sfondare. Per dire, vi ricordate i Zambian Goat Herders? E gli Screaming Cheetah Wheels? Ecco.
Chi lo sa, forse pensavano che dopo Red Hot Chili Peppers, fosse quella la strada per il successo. Di sicuro i gruppi nuovi non avevano paura di usare tre o quattro parole per darsi un nome fresco e originale, ma probabilmente non dipendeva da quello, se un gruppo rimaneva o meno impresso nella mente del pubblico.
Del resto i Green Apple prima si chiamavano più sinteticamente… Inspector Luv & The Ride Me Babies, quindi possiamo dire che le cose erano migliorate.
Anche il genere che avevano fatto alle origini, immortalato nell’EP Another World e con l’altro diffusissimo monicker, era una specie di hardcore provinciale piuttosto lontano dal grunge. Non stiamo parlando di innovatori, sia chiaro. Questi sono solo gli ennesimi che hanno imbroccato la via buona al momento giusto e sono riusciti a percorrerla abbastanza a lungo prima di perdersi.
Nel ’93 quei ragazzi avevano all’improvviso guadagnato tutti gli ingredienti per firmare il grosso contratto: erano carini, giovani e disoccupati, come dice il titolo di una delle commedie manifesto degli anni 90. Non solo, facevano grunge e venivano da Seattle. O meglio, stavano qualche chilometro lì vicino, nella città di Tacoma, però non le major al tempo non sottilizzavano.
Quando uscì il loro primo album, Wonderful Virus, Gianni Della Cioppa su Metal Shock ne profetizzò il grande avvenire. E in effetti, con quei singoli e videoclip gagliardi e à la page, sembravano perfetti per arricchire i ciccioni col sigaro.
Convinsero persino Stone Gossard dei Pearl Jam (coadiuvato da Nick DiDia) a produrgli il secondo album, vale a dire Re-loaded. Fu da lì che la band fece il salto definitivo per il mainstream, perdendo se stessa.
Le asperità che la critica aveva messo a verbale all’uscita dell’esordio, erano praticamente risolte e da gruppastro di insopportabili studenti fuoricorso a metà tra Nirvana e Bad Company (senza sospettare nemmeno chi fossero) i Green Apple Quick Step avevano guadagnato una compiutezza autoriale invidiabile. Basti ascoltare T.V. Girl o la ballad trasognata Underwater, il sofisticato incedere di Alligator e l’attitudine rock senza tempo di Los Vargos.
Anche nel primo disco c’erano bei momenti di qualità: Dirty Water Ocean era perfetta per le radio collegiali americane e Rapid mostrava già il potenziale di una verve intimista profonda e non banale, ma bisognava aiutare il gruppo a salire al livello successivo, mettendo a fuoco i punti di forza e spingendo il vocalist Tyler Williams a trovare se stesso, invece di scivolare a tempo indeterminato tra il timbro birichino di Whitfield Crane, il lirismo da discount di Bon Jovi e quello sacerdotale di Perry Farrell. Non si sa quanto possa averlo aiutato eleggere a seconda cantante la bassista Mary Ann Braeden, ma è innegabile che Williams uscì da Re-loaded con qualcosa di più, un abito canoro sartoriale.
Re-loaded e il tour di supporto convinsero la Columbia a scritturare i Green Apple Quick Step e trasformarli in fenomeno adolescenziale definitivo. Il singolo Kid, che uscì in anticipo sul nuovo disco, mostrava Tyler con un taglio più sobrio, il faccino ripulito, l’aplomb giusto per un crooner punk-rock da affiggere nelle camerette femminili. Il brano fu anche inserito in So cosa hai fatto, ennesimo slasher di successo scritto dal genietto Kevin Williamson (Scream e Dawson Creek), ma quando pareva che tutto fosse pronto per il colpo decisivo, qualcosa andò storto.
Il gruppo fece prima uscire l’album con la Columbia, poi si sentì deluso dalla scarsa promozione e decise di ritirarlo dal mercato per offrirlo a qualcun altro. Chi? Non si è mai saputo. New Disaster è rimasto nel limbo fino a oggi. Si può ascoltare su You Tube, ma a parte Kid e forse altre due o tre canzoni, non sembra questo granché. Scaruffi, dopo aver detto bene dei Green Apple, liquida questo loro terzo album come un concentrato di assoluta mediocrità. Personalmente non sarei così drastico, ma…
Sapete cosa ho scoperto occupandomi di tutte queste band alternative anni 90? Che se da una parte emersero alla grande poco dopo che gente come Warrant o Motley Crue erano finite a baciare il selciato, nemmeno tre anni dopo, finirono tutte nello stesso vicolo, addirittura con il culo più rotto delle glam metal band.
I Green Apple Quick Step non rappresentano un gran rammarico, sia chiaro. Per esempio dai Truly o dai Sunny Day Real Estate ci si poteva aspettare qualcosa di importante e la gestione da parte delle etichette, oltre agli impicci mentali di alcuni dei musicisti dei due gruppi, vanificò la loro ascesa, ma nel caso dei Green Apple Quick Step, avremmo avuto probabilmente, se New Disaster fosse andato dove era stato pensato per andare, solo un altro elemento da giardino tipo i Maroon 5 o i cazzo di Stereophonics. Quindi chi se ne frega.
Però che dirvi? Fino a un certo punto, probabilmente grazie all’appoggio di Stone Gossard, la band arrivò a realizzare del rock giovanile davvero buono e che ancora oggi, almeno in certi momenti (Underwater) rivendica un proprio perché nell’universo. Almeno nel mio.