Il futuro del giornalismo metal è la fanzine!

Cominciò tutto con le fanze e finirà tutto (o ricomincerà) con le fanze. Fanzine, esatto. Del resto sarebbe davvero assurdo pretendere che delle riviste vere e proprie, sopravvivano in un mondo in cui le edicole chiudono, la carta è in crisi nera e il metal ha ridotto in modo vertiginoso le cifre che riusciva ad alzare anche solo fino a dieci anni fa. Nel 1995 in edicola uscivano Hard, Metal Hammer, Metal Shock, HM, Rumore, tanto per citare le più note riviste specializzate. Erano troppe già al tempo, per occuparsi tutte di quello che in fondo è sempre stato un sottogenere. In così gran numero durarono poco, ma ancora nel 2008 abbiamo avuto Metal Maniac, Metal Hammer, Rock Hard e Classix Metal. Dodici anni fa il metal vendeva ancora abbastanza da giustificare la presenza di ben 4 riviste che ne parlassero ogni mese?

Ma proprio no.

Oggi le cose sono peggiorate ancora.

Così tanto che persino Rock Hard e Classix Metal, restano bollettini demografici di un mondo semi-estinto.

Nel 2021 le band metal non hanno più un mercato vero. Si parla di riprendere con i concerti ma, senza fare il menagramo, la questione Covid non ce la toglieremo dai coglioni prima di dieci anni. In condizioni del genere, gente come Rob Zombie, Lacuna Coil, Monster Magnet… faccio i primi nomi “medi” che mi vengono in mente, è praticamente finita.

Lasciamo perdere che gli Iron Maiden, i Metallica, i Kiss, gli AC/DC… Questi giganti vivono dei propri capitali, a dispetto della situazione generale. Se non suonano si godono la pensione e tanti saluti. Non devono affidarsi a nessuno. Sono i veri indie rockers. Investono e amministrano con capacità imprenditoriali ammirevoli i milioni accumulati in 40 anni di successi. Chi dei nuovi big metal, quelli affermatisi nei limiti del possibile da vent’anni a questa parte, può godere di una situazione del genere? I Ghost? I Mastodon? Lamb Of God? Ma per favore.

Chi si salva da questo tracollo?

L’Underground, ovviamente.

L’Underground è ricco quanto i Metallica e Maiden. Perché?

Semplice, puoi chiudere i locali, abbattere le etichette ed estinguere i negozi di dischi, ma esso c’è sempre e invece di soffrire, prospera. Oggi molti grupponi tengono nel freezer l’album perché in tempi di Pandemia non vale la pena uscire con un disco, non puoi supportarlo.

A parte che supportavano il disco ma guadagnavano nel supporto e non nelle vendite del disco. Però oggi, questi grupponi passano il giro e le formiche dell’underground si godono lo spazio, il tempo e l’attenzione lasciate dai big. Se la gente non può ascoltare l’ennesimo album di King Diamond, magari darà una possibilità agli Attic, che suonano come i Mercyful Fate dei bei tempi mescolati ai primi Helloween.

Ma al di là del Covid, c’è un nuovo Underground, là sotto, badate bene. Non è quello di sei o sette anni indietro, per dire.

Non è fatto di band che urlano su facebook “diventeremo i nuovi Metallica” appena un’etichetta merdosa gli fa firmare un contratto-capestro di sette anni per otto dischi.

Il nuovo Underground  sa bene come stanno le cose là fuori e se ne fotte di Century Media e Nuclear Blast. Sanno che ormai non sono le etichette ad anticipare soldi e investire sui gruppi ma i gruppi stessi a sganciare il denaro che le etichette useranno per promuoverle e distribuirle.

Il metal indipendente di oggi, quello vero, è fuori dai riflettori e non è interessato a giocare alla rockstar. Il Neo Metal Underground, è piccolo, appassionato, scarpe grosse e cervello fino, non ci parte nemmeno per fare il botto.

Band come gli Eternal Champion, i Visigoth, gli Atlantean Codex, mostrano che si può realizzare qualcosa di eccezionale senza più inseguire le dimensioni di un passato lontano, ma accontentandosi degli strumenti e i contesti offerti da questo mondo micragnoso e infettivo.

Sono persone che hanno un hobby, un impiego e una famiglia e gestiscono queste tre cose con equilibrio e saggezza. Lavorano quasi sempre, creano e suonano quel che possono, ma non vanno in tour e non gli interessa nemmeno.

Fanno dischi finché gli tira farne e hanno un piccolo mercato di gadget vinilico che gli basta e avanza per continuare senza sentirsi completamente scemi. Tot investono e tot riprendono. Non rinunciano alla famiglia per mesi e mesi di tour dove a stento riuscirebbero a mangiare un boccone e dormire in quattro su un letto, solo perchè sperano un giorno di fare la vita dei Kiss. La strada è sempre quella, sacrificio e umiliazioni prima di esplodere, ma ormai è una via chiusa ancora prima di arrivare a metà del percorso. Sono crollati degli alberi gigantesci e impossibili da spostare o aggirare. I Kiss e tutti gli altri sono oltre quegli alberi e le miriadi di band che avrebbero potuto prendere il loro posto restano al di qua di quella diga. Cosa forma la diga? Il download, lo streaming, la smaterializzazione della musica, la cultura del gratis è giusto.

Gli artisti underground di oggi sanno queste cose. Non si indebitano la casa per pagare Bob Rock che produca il loro prossimo disco da stopparsi al culo nei secoli dei secoli, come hanno fatto per esempio i Black Veil Bride, ancora convinti di trasformarsi un giorno nei Metallica o i Motley Crue.

I nuovi piccoli elfi del metal fanno le proprie cose, usano con sapienza artigiana un cazzo di mixer, un computer e gli strumenti. Sfruttano al cultura che internet gli ha messo a disposizione, insegnandogli alla prima elementare che Thin Lizzy, Manilla Road e Iron Maiden vanno sentiti tutti con la stessa assiduità e attenzione se si vuol capire come fare grande musica metallica.

Partecipano a una scena autarchica dove pochi produttori-musicisti  forgiano suoni e offrono alle band il poco di cui hanno bisogno per veder realizzato il loro cazzo di album da paura. Chi sono? Ce ne sono vari ma io penso soprattutto ad Arhtur Rizk, Kurt Ballou, Chris Fielding.

C’è chi tira avanti con uno studio di registrazione e chi magari disegna copertine e locandine. C’è chi suona come turnista e chi fa il lattaio o il fabbro. Sono questi i nuovi James Hetfield e Steve Harris e per loro comincia tutta un’altra storia.

Ci sono gruppetti ormai che riescono a tirar fuori dei lavori da spazzar via le smorfie alla miscredenza attempata e senza l’aiuto di un Andy Sneap o di un altro guru della consolle. Prendete il nuovo Ecclesia. De Ecclesiæ Universalis. 

Gli Ecclesia sono franzosi e hanno fatto tutto da soli. Sentite che roba sono riusciti a realizzare! Da questo punto di vista non si può negare che il metallo riesca ormai a bastare a se stesso, fregandosene di quello che succede là fuori.

In una situazione del genere, e con i mezzi tecnologici che ci sono ora, la fanzine è davvero la sola forma giornalistica attendibile e in grado di dimensionarsi al contesto che ho descritto sopra. Non più le fanzine realizzate con la colla e i pennarelli, oggi abbiamo programmi e collegamenti che non costano quasi nulla e permettono impaginazioni e risultati davvero entusiasmanti. Aggiungete la fantasia, l’esperienza che magari alcuni neo-fanzinari hanno accumulato sulle riviste o scrivendo in rete come dei pazzi, ed ecco che ne leggeremo delle belle, credetemi.

Il metal di oggi da prendere sul serio, quello sano e duraturo, è secondo me un contesto di appassionati che godono del poco che riescono a fare, per il semplice gusto di farlo. Abbiamo finito, è conclusa la stagione dei mega-tour, delle band che vendono il culo per entrare in classifica, degli scioglimenti improvvisi per troppi debiti verso l’etichetta multimiliardaria.

Non c’è più David Lee Roth e le coppe di champagne, le fighette unte aggrappate alle sue cosce da trainer. Si torna a fare metal con la serenità dei ragazzini, senza quell’atteggiamento paranoico di chi lotta contro un mercato che vorrebbe escluderlo oppure omologarlo.

Non ci si aiuterà tra noi. L’ambiente resta una merda, intendiamoci, a tutti i livelli, ma le fanzine rispunteranno e si affiancheranno alle esponenze di un mercato piccolissimo in termini di costi ma sterminato per necessità creative e ludiche.

Saremo felici di non pensare ad altro che non sia la musica.

Ovviamente se ne venderanno poche copie e privatamente, ma in armonia con i costi e le vendite dei dischi di cui scriveranno.

Vi sento, vi sento: Ma le Webzinne???

Sono imbattibili per le news (tradotte male da un sito straniero già poco intelligente) ma non rappresentano un luogo adatto alle passioni, alla critica o al giornalismo d’approfondimento.

Certo ok, chissenefrega della critica e dell’approfondimento, ma non sto dicendo che la massa chieda questo. La massa è andata. Io dico solo che le fanzine metal cartacee saranno per pochi intimi, come ora lo sono le riviste, ma resteranno la cosa più vicina al vecchio giornalismo metallico che c’era al tempo di Riva, Signorelli e Pascoletti.

L’indifferenziato della rete è di tutti e nessuno. Tra vent’anni non riesco a immaginare uno scaffale a casa di qualcuno con le dispense piene di recensioni di Metalitalia.

Voi, sì? Ma allora prendete droghe davvero pericolose, eh?!