Meat Puppets – La rivoluzione di stare al mondo

Non so molto dei Meat Puppets, ma ne so abbastanza per capire che 1) avrei voluto che fossero al mio fianco negli anni del delicato passaggio da adolescente disagiato ad adulto disperato, e 2) il disco di cui ora sto per scrivere, Too High To Die, è sì il più famoso ma di sicuro non è, come spesso accade, il più rappresentativo.

Too High To Die è un album coi fiocchi, pieno di ottimi brani, spaziante tra molti generi, dal classic rock al country, dal grunge al blues. Dire che fanno grunge è una grossa mancanza di rispetto per i fratelli Kirkwood e il batterista Bostrom, però essendo arrivato a loro dalla fine del viaggio, la mia prima reazione davanti a un riff come quello che si sente nella fase conclusiva del brano Violet Eyes è, cazzo, bello, però sembra una roba dei Soundgarden di Jesus Christ Pose. Mentre il bridge di Blackwater, il loro singolo più celebre, ricorda i Nirvana.

Ma la verità è che i Nirvana e i Soundgarden hanno preso ispirazione dai Meat Puppets e sono loro i debitori verso lo stile di questa band, così irrequieto, versatile e contro-business. Da giovani, per capirsi, li chiamavano cow-punks, perché mettevano insieme il punk e il country. Non è certo grazie a una raccomandazione che proprio loro finirono ospiti al concerto Unplugged dei Nirvana, immortalato da MTV. E alcune delle canzoni volute a tutti i costi suonare da Cobain, erano proprio le loro.

Ho parlato di Blackwater come della più celebre ma di sicuro Plateau, Oh Me e soprattutto Lake Of Fire, grazie alle interpretazioni di Cobain la superano in popolarità. Solo che la gente non sa che si tratta dei Meat Puppets. Pensano siano brani dei Nirvana.

Ma quale Cobain, quali Nirvana? Questi sono i Meat Puppets del cavolo!

E a proposito di Blackwater, che è tra i miei brani preferiti degli anni 90, non doveva neppure esserci. Intanto il pezzo era nato come uno scherzo, scritto dal batterista Bostrom e non come succedeva per il 99,99 per cento dei brani, da Curt Kirkwood. Però, dopo aver tanto indagato sulla storia del pop metal anni 80, so che generalmente, il singolone basta che ci sia, chi l’abbia scritto non importa. Se non ce lo si fa realizzare a un esperto o lo si compra da qualcuno che ne ha già uno pronto e adatto al caso. Se è la band ad averlo realizzato, sovente neanche lo capisce. Ci vuole uno come John Kalodner , un A & M in seno all’etichetta che sappia riconoscerlo e che spieghi al gruppo di avere per le mani un biglietto vincente della lotteria.

I Meat Puppets si ribellarono alle pressioni dell’etichetta riguardo il singolo. Blackwater non valeva un cazzo, per loro. E l’idea che la London Records volesse spingere proprio quel pezzo, dopo avergli provocato diverse risate, finì per farli inorridire. Si resero conto che quei tizi non mollavano. Soprattutto Curt era perentorio nel non darla vinta alla London. L’autore vero del gruppo, per la prima volta, non artefice della stesura di un brano, rischiava di vederlo salire in classifica. Era uno schifo, non poteva permettere che accadesse.

Però, sapete una cosa. Quando vai con le major, dopo anni e anni in cui ti sei smazzato e spezzato nel giro indie, quando vai alle radio e nelle redazioni delle riviste, chiedendo umilmente scusa per aver snobbato o addirittura insultato questo o quel giornalista, significa che la tua intransigenza è divenuto un muro di pasta frolla.

Alla fine i Meat Puppets si fecero convincere a registrare il brano. L’etichetta era talmente sicura del suo successo, che pagarono diecimila dollari per inciderlo, a sessioni ormai finite.

Blackwater fu pubblicato e per disgrazia del gruppo fu un trionfo.

E io lo adoro. Senza quel pezzo non credo che starei qui a scrivere dei Meat Puppets, non oggi. Secondo me somiglia un po’ a All I Wanna Do di Sheryl Crow, uscito un anno prima di Blackwater, ma sono cose che capitano. Bostrom non l’ha mica copiato. E io amo entrambi i brani. Trovo che il mondo sia migliore da quando sono stati pubblicati e vengono sparati nel mondo per contrastare l’ossido di azoto.

Too High To Die uscì dopo la bellezza di sette dischi dei Meat Puppets. La maggior parte di essi erano stati realizzati con la SST, etichetta di proprietà dei Black Flag. Come molti altri gruppi che lottarono e contribuirono a creare il circuito indie, arrivati alla fine degli anni 80, con le emorroidi, il tic all’occhio e qualche ascesso psicosomatico, anche loro provarono a guadagnare dei soldi; se non altro per fare una cosa diversa dallo scavarsi una fossa con badilate di odio verso tutti e picconate di miseria esistenziale. Questo passaggio, tra il 1990 e il 1991, decretò la fine dell’era indie e la nascita del genere alternative.

L’alternative rock morì presto perché tutte le band che lo rappresentarono tra il 1993 e il 1996, erano “rinate” dopo tutti quegli anni di austerità purgatoriale, trascorsi a battersi per creare davvero un sistema alternativo al mercato musicale dominante. Appena MTV propose anche i Meat Puppets, forti della sponsorizzazioni di Cobain, a pochi giorni dal martirio, questi collassarono. C’erano già dipendenze e depressione e No Joke, uscito nel 1996, era davvero una richiesta d’aiuto, non uno scherzo, appunto.

Lo stress di riuscire a creare singoli di successo fu ancora più insopportabile di quello che erano abituati a combattere con la vita che facevano alla SST, tra le notti passate a dormire sul pavimento puzzolente di vomito di un ostello, il regime alimentari dal post-guerra o dagli sputi e le bottigliate di Acqua Evian, lanciati contro di loro per protesta dagli straight-edge in fissa con l’hardcore.

Comunque si giri la questione, Too High To Die è una meravigliosa sconfitta. Quello che è venuto prima, i sette album, i millemila concerti, spesso in condizioni inenarrabili però, erano stati una resistenza gloriosa o una patetica forma scellerata per apprendere come si fa un disco di successo? Entrambe, l’intera loro carriera fu la preparazione epica a questo epilogo d’alta classifica. Trovo sia la cosa davvero interessante, secondo me, di tutta la questione indie Americana, di cui i Meat Puppets sono validi rappresentanti. Loro e tutti gli altri, mentre si immolavano per la rivoluzione, imparavano piano piano, non come si cambia il mondo, ma come ci si sopravvive. Triste? Non ha senso giudicare.