Agli inizi del 1994, quando uscì Cerebral Implosion, si parlò davvero molto bene degli Alligator. Sembravano, per la stampa borchiante, l’unica band a poter competere nel campionato internazionale del thrash. Due anni dopo, quando uscì Rules, le cose si capovolsero: nonostante l’evoluzione tra i due dischi fosse del tutto naturale e credibile, la gente si sentì come tradita. C’è chi profetizzò addirittura la fine del gruppo… e ci prese.
Non credo fosse questo cambio di considerazione da parte delle riviste specializzate a decretare la fine del gruppo; così come le recensioni esaltate di Massignani e Signorelli, non erano state in grado di determinare davvero una impennata nelle vendite. Purtroppo in quegli anni era tre volte più difficile sopravvivere in Italia facendo thrash metal a tempo pieno, nonostante la fiaba a lieto fine degli In.Si.Dia. e l’apparente crescita nei consensi per gli Extrema e i Sadist.
La Last Scream Records aveva messo sotto contratto band molto promettenti (per essere italiane) e grazie al lavoro del suo boss Michele Bonasegla, la produzione di album come Cerebral Implosion mostravano una potenza e una pulizia notevoli (per essere metal e italiane).
Gli Alligator (pure qui, per essere italiani) erano una vera forza. Ma non ce la fecero a tirare avanti, già la realizzazione di tre album fu un’impresa. E oggi nessuno ne parla più. In rete non c’è praticamente nulla. Gli ha dedicato una bella paginetta Eduardo Vitolo in Subterra (Tsunami) e c’è una voce alla lettera A, per quanto di pochissime righe, pure sul dizionario Italian Metal Legion di Della Cioppa. In generale è difficile reperire informazioni sulla band, oggi.
Vorrei tanto intervistare qualcuno degli ex membri, ma non so dove cercarli. Su facebook non li trovo e io non ho molti altri sistemi per scovare qualche desaparecido della scena italiana o straniera. Se Melino, Capasso, Sganaboni leggessero questa mia cosa, vorrei che mi contattassero via mail (Francesco.cecca@hotmail.com). Ci terrei a far loro alcune domande e magari ripercorrere la storia del gruppo.
Per ora posso dire a chi non lo conoscesse, che Cerebral Implosion è notevole, anche a distanza di anni, non solo per essere un disco prodotto, suonato e creato da italiani negli anni 90. Ridurre tutto a un mix tra Sepultura e Pantera, come ho letto in giro, significa sminuirlo. Intanto la band mantiene parecchi elementi del thrash tradizionale, soprattutto Overkill e Testament; poi si concede intermezzi progressivi e parentesi acustiche, chitarra e tastiera, che i gruppi “moderni” di quel periodo non si sarebbero mai permessi di aggiungere al proprio menù.
Gli Alligator avevano qualcosa da dire ed erano tecnicamente messi molto bene in un paese di ghisa andata a male. “Non li avrei definiti i Meshuggah del Bel Paese”, però, come scrisse Signorelli. Non si aiuta un gruppo facendo certi paragoni altisonanti. Forse le lodi sperticate, espresse con le intenzioni più buone, per carità, crearono una pressione eccessiva e magari fu anche questa la causa della resa degli Alligator, dopo un terzo disco buono e un cammino fin lì, di rara capacità, per l’Italia di ieri e di oggi.