Internet è davvero frustrante, a volte. Sembra impossibile che nel 2024 non si riesca a risalire alle informazioni generali di una band che fu distribuita molto bene negli anni 90 e andò in tour, principalmente nel regno unito dal 1991 al 1996 beccandosi un sacco di elogi. Le recensioni erano piene di paragoni illustri con nomi che è meglio non vi dica. Parlo degli Swampwalk. Chi? Esatto. Qualcosa si trova, per carità. Su you tube ci sono per intero il primo e il secondo disco. L’esordio, Strangled At Birth è quello che preferisco tra i due perché poi pigliano una via troppo alternativa e non mi interessano granché. Ma andiamo da capo.
Gente di Sheffield, la città di Arctic Monkeys e Def Leppard. Incisero un paio di lavori. Li mise in giro per l’Europa la Music For Nations, ve la ricordate?. Dopo il 1997 se ne sono perse le tracce e oggi non si sa quasi più nulla di loro. Quando li recensirono su Metal Shock, parlarono di una street metal band e li paragonarono a un piccolo numero di gruppi che proprio la MFN stava rilanciando sul mercato, nonostante fosse chiaro che al tempo non era più aria per quel tipo di musica.
Chi scrisse di loro ci andò giù dolce. “Fanno le solite cose, senza neanche provarci e forse hanno ragione loro, tanto a cosa serve?”. E ancora: “Se li ascolti una volta ti diverti, ma difficilmente tornerai a sentirli di nuovo”. Cazzo, io se mi diverto poi ritorno, no? E lui, no, ti diverti ma non torni. “Sarà il destino a rimetterteli davanti al grugno”. Ah, ok, quindi eccomi, io sono il destino che per la prima volta dopo quasi 30 anni e in tutta l’internet, torna a parlare degli Swampwalk.
Di sicuro al tempo, tra il 1993 e il 1994, c’era tanta fame di questo semplice abc dell’hard rock, almeno in Italia. Strangled At Birth, come suono può far pensare ai riff di granito di D.A.D. del classicone No Fuel Left For The Pilgrims, mescolati agli Helmet di Strap It On, ma se escludiamo il primo brano, Torn, dove il vocalist ha l’ardire di partirsene con una melodia ascendente, perdendosi per strada la palandrana raucedinica e rimanendo vocalisticamente in mutande, se escludiamo questo, dico, non è che musicalmente, davvero, succeda granché.
Ma non pensate male, Torn è fichissima. E così la successiva I’m Sick e Bangin’ On Your Head e via così fino alla traccia undici, Bastards. Tutto banalotto e un po’ ubriaco ma con un fondale di genuinità contagiosa. Questi ragazzini si spaccano la schiena ai piedi di quei riff scippati per una notte al tempio di Angus Young.
Eppure, ascoltando e riascoltando l’album mi suona sempre più chiaro che forse non ci provarono nemmeno a fare qualcosa di particolare, perché non era quello, per loro, il punto della questione. Anche quando virarono in alternativo punk-rock senza metallo ma con un nuovo naso sottopuzzista, si guardarono bene dal dire qualcosa.
Erano rimaneggioni e ultra-referenziali, ma in quella veste avrei preferito non sentirli. Sono esistite già abbastanza rock band inglesi alternative nel mondo e io non vado oltre il numero a una cifra nel mio phanteon personale. Tecnicolor Vomit non è brutto, così come non lo è Strangled. Dei due però preferisco il primo, perché è un blocco hard rock bello grasso e setoloso, mentre il secondo lavoro ha la zazzera da nevrotico che legge troppo e beve poco.
Dimenticatevi il secondo album. Facciamo finta che non ve ne ho nemmeno parlato. Concentriamoci sul primo lavoro. Strangled At Birth. E correggiamo cosa scrissero i semplicioni di Metal Shock: lì gli Swampwalk non erano street-rock nemmeno per il ciufolo. Come diavolo potevano esserlo, con un nome così? Mi piace la definizione che danno ora sul tubo di loro: “hooligans british rock band”. Ecco, loro erano dei fottuti britannici che facevano a schiaffi fuori dallo stadio, si sente ancora in quei pezzi volare le sberle e i calci.
E dopo me li vedo ancora, mentre entravano sanguinanti e vomitanti a rifugiarsi in un pub. Tuffarsi sugli strumenti lasciati incustoditi al centro della pista, girarsi e menare con la musica peggio che con le mani, la testa e i piedi. E accorgersi che sono attorniati da una platea molto partecipe, di tifosi della squadra avversaria.
Gli Swampwalk, (con quel nome), non volevano mica passare per degli abbronzatissimi figli bastardi dei Motley Crue cresciuti nelle fredde strade d’Inghilterra sognando California in color (vedi gli LPMD). Erano dei maledetti sheffieldiani e facevano una musica nata dalla loro terra; ce la tiravano addosso a manciate, a zolle purulente di rock and roll, fino a seppellirci.
Pare che Strangled At Birth fosse una leggera presa per il culo ai Cannibal Corpse, con quel titolo. Ma non è molto importante appurarlo. Swampwalk, il nome del gruppo e non quello del disco, attira incessantemente la mia attenzione. Sembra perfetto per una di quelle band doom estreme della Relapse, non vi pare? Non pare adatto a quattro punkettoni con l’accento metallico. E se cercate il nome senza specificare a quale band vi riferiate, potrete sorprendervi di non trovare granché nemmeno così.
Deve ancora nascere il gruppo doom-sludge-metal chiamato Swampwalk. E io spero che non venga mai fuori. Abbiamo già così tanto doom che stiamo bene per i prossimi ottocento anni. Intanto onoriamo la morte della street-hooligans-metal band di Sheffield. Mi piacerebbe tanto parlarci, ma non so nemmeno come si chiamino per cercarli su facebook e farmi bannare. Non ho trovato uno straccio di line-up. O forse non l’ho cercata abbastanza, ma che cavolo… Ehi voi, possibile che siano rimaste davvero solo quelle scarpe?