Il culo della ex e le storie finite male

Non ho avuto molte storie sentimentali, nella mia vita. Ho trascorso molto tempo a sognare prima di iniziare a vivere sul serio le cose amorose. Sono diventato padre, marito, ho divorziato, mi sono riaccompagnato, ho avuto le tipiche storielle di sesso, ma sapete cosa mi manca? La storia d’amore lunga e che finisce senza che ci sia qualche catena a tenere i partner avvinti l’uno all’altra, nonostante in cuor loro desiderino stare nel punto più lontano dell’universo, almeno per un lungo periodo.

Ho avuto il cuore in pezzi, ho dovuto ricostruirmi, ma avevo due figlie con quella donna e la cosa ci ha impedito di perderci di vista e rifarci una vita. L’abbiamo fatto e lo stiamo facendo, ma siamo stati e siamo ancora costretti, per via della prole, a rimanere in contatto. Solo chi è separato sa quanto sia difficile far coabitare sentimenti così contrastanti. Per un recupero sano, al termine di una storia, la ricetta più appropriata, secondo i terapeuti, è il distacco fisico.

Non sto però scrivendo dei fatti miei per lamentarmi di questo. Vorrei solo condividere una curiosità. Mi domando come sia lasciarsi e non vedersi più per tanto tempo e poi ritrovarsi e sentirsi quasi degli estranei. Ci sono diverse grandi canzoni che parlano di questa cosa. Ma non mi bastano. Conoscere è un riconoscere, come diceva Platone (mi pare sia stato lui).

Immagino sia simile all’avere davanti a sé un amico d’infanzia e non provare più nulla per lui. Rivedi gli anni vissuti a giocare, fantasticare, confidarsi, litigare e poi… ora è un tizio grasso, con gli occhiali, che potrebbe essere chiunque altro. Anzi, lo è. Ma credo che questa dell’ex amico, sia solo parente prossima dell’esperienza di un incontro di un vecchio amore. L’amico d’infanzia non te lo scopi, non gli gridi ti amoooo sotto la pioggia. Non gli piangi addosso tutte le tue lacrime e non gli prometti cose inverosimili che sfidino la morte o roba del genere.

Un giorno un mio collega, mentre andavamo in giro a fare recupero di abbandoni dentro le cunette delle strade, ha indicato una donna. Passava lungo la strada in leggings, e io ricordo di essermi lasciato sfuggire un commento sul suo di dietro. Lui ha annuito e poi mi ha detto che anzi, quindici anni prima quel culo era anche meglio. E poi ha aggiunto che lui e quella lì erano stati insieme per otto anni, fino a vivere nello stesso appartamento per almeno sette mesi.

Un sacco di tempo, ho detto io. Ci sei ancora in rapporti?

E lui: no. Non ci parliamo più.

Però non è che me l’ha detto come se la cosa lo toccasse. Sembrava una frase buttata lì, senza importanza. Non ho sentito rancore e lui poi mi ha assicurato che nemmeno lei provava rabbia verso di lui, o almeno così credeva. Il loro addio era stato davvero uno schifo, fatto male, senza dirsi niente di sincero. Il motivo era che non sapevano, o almeno lui non immaginava che quello sarebbe stato un addio. Pareva solo un’altra litigata. Magari brutta, ma ce n’erano già state di peggiori tra loro due. Non sembrava la fine del mondo. E invece lo era.

Era finita e lui non lo aveva capito. Forse lei invece sì. Ma non ne era sicuro.

Ripensi mai a lei, ai momenti che avete passato insieme?

Lui ha alzato le spalle e mi ha detto: “è passato un sacco di tempo. A che dovrei ripensare?”.

Forse non voleva aprirsi del tutto. Non è detto che condividere otto anni significhi rimanere uniti nel ricordo. Non so, ho avuto l’impressione che davvero non ci fosse più nulla e che quel culo dentro i leggings fosse solo un bel culo, per lui come per me.

Allora mi domando cosa sarebbe del rapporto con mia moglie se non ci fossero due figlie a tenerci ancora lì. A volte ho avuto quasi la tentazione di abbandonarmi a dei vecchi ricordi di quella relazione e viverli con dolcezza. Ma non mi è riuscito davvero fino in fondo perché la realtà mi ha ricordato presto, che ero ancora molto vicino a quella fornace e che a volte, avvicinandomi troppo, ho rischiato di squagliarmi.

Immagino si abbia davvero bisogno di una certa distanza per godersi con leggerezza fasi complesse della nostra vita passata. Oggi rivedo con affetto i merdosissimi anni delle scuole superiori e quelli ancora più cancrenosi dell’Università. Mi sono anche domandato se in fondo quei due, il mio collega e la sua ex, siano ancora molto lontani dal dirsi addio e che il non averlo fatto, essersi lasciati scivolar via, in due direzioni diverse alla chetichella, non abbia del tutto chiuso la porta tra loro. Oppure non c’è davvero più nulla, è tutto finito e loro l’hanno capito un giorno, incontrandosi per caso, riconoscendosi e lasciandosi scorrere davanti, senza pensieri, ricordi e rimpianti.