Un capolavoro ogni dieci giorni – Il riduzionismo nel metal

Nella live di ieri abbiamo discusso di giornalismo metal e rock in Italia. Tra le cose che sono venute fuori, ce n’è una che ha continuato a girarmi per la testa, stamani. Si diceva di come nel nostro paese, chi scrive su riviste e siti dedicati alla musica non faccia quasi mai del giornalismo e che uno dei motivi che spiegano questa incapacità è la passione che spinge tanti amanti del metal e del rock a scrivere, al di là della preparazione giornalistica che quasi sempre è nulla. Sono dei fans di un genere musicale e dato che lo coltivano da anni, sentono di poter parlare con una certa competenza di quel gruppo, di quel genere. Citando Giudo Chiesa e un articolo di Rumore di 30 anni fa sullo stesso argomento: se sei tifoso dell’Inter da vent’anni, questo dovrebbe farti parlare con competenza di Calcio?

Se entrate in una redazione di una qualche testata metal, vi sorprenderà, dati i tempi, ma sarete condotti alla catena di montaggio delle recensioni. Vi assegneranno, in base a quello che meglio sapete, un determinato filone musicale. Se amate più di tutto Tool e Meshuggah, vi arriveranno promo djent e modern prog. Se amate gli Helloween, come ci ha raccontato ieri Michele Marando, collaboratore a Metal Shock al tempo di Borchi e Grazioli, vi arriveranno quintali di promo di power metal.

Immagino abbiate capito di cosa sto parlando perché ho il sospetto che la maggior parte di voi lettori, abbia scritto o scriva di metal. A chi altri potrebbe interessare una questione così fuori dal mondo? Beh, non importa. Del resto, come dice il critico e saggista letterario Alfonso Berardinelli citando non ricordo chi, la cultura di solito è fatta da quattro, cinque persone, non di più. E in fondo il metal è anch’esso cultura. E noi saremo quattro o cinque, no?

E scrivere di metal è cultura, secondo me.

Quando uso questa espressione mi risuona in automatico la frase di Zappa a proposito della critica musicale: scrivere di musica è come danzare di architettura. Ma sì sa, Franky era un provocatore, per non dire anche un po’ stronzo.

Comunque. Ieri sono arrivato a una conclusione. Le recensioni sono ancora utili. So di aver scritto tante volte il contrario, e resto di quell’idea si parliamo della funzione informativa delle recensioni.

Quella è andata irrimediabilmente perduta nell’era di internet e tutta la musica in streaming. Ammesso che uno non preferisca scroccarla, pagando poche decine di euro al mese, può avere un gigantesco catalogo pieno di novità e farsi direttamente un’idea di questo o quel disco.

No, io credo che le recensioni siano utili dopo aver ascoltato qualcosa. Così come lo sono per i film o le serie “dopo” che io ho visto film e serie. Vado a confrontarmi “con chi se ne intende” a proposito di qualcosa che mi ha colpito, che non mi è piaciuto o mi ha sorpreso. Sento un disco e poi mi leggo le recensioni per capire cosa ne pensano gli altri. Ho bisogno di confrontarmi col prossimo per comprendere meglio cosa provo riguardo una cosa.

Anche i commenti in coda sono utili a capacitarmi della mia reazione rispetto a quella di altri.

Ciò che non mi piace delle recensioni e che reputo inutile, a parte il fatto che molte si scrivono per pubblicizzare un disco e non giudicarlo, è che l’autore della recensione sia un “esperto” di questo o quel gruppo e del sottogenere a cui appartiene. Lo è al punto che vorrei prenderlo a sberle.

Siamo a livelli di riduzionismo accademico spinto. E il riduzionismo fa schifo.

Ieri ho letto una review dell’ultimo album dei Deafheaven.

L’autore parlava bene dell’album, molto bene. Inoltre l’autore esprimeva una competenza innegabile. Questo tizio aveva un’idea molto chiara dell’evoluzione dei Deafheaven ed esprimeva in una rapida carrellata della loro discografia, pareri sentenziosi su ogni loro titolo. Io ho pensato al dramma di una vita passata appresso a questi qui. Non parliamo dei Metallica o dei Led Zeppelin, di cui l’eccessiva coltivazione conduce comunque a una sterile competenza da nerd. Ma i Deafheaven… Che cazzo di vita hai vissuto per diventare esperto di barbabietole giapponesi e in Italia?

Il tipo faceva anche una serie di riferimenti precisi ad altre band mai sentite che in questo momento hanno pubblicato cose molto interessanti e il cui raffronto avrebbe dovuto delucidarmi su come suona l’album dei Deafheaven. Io ascolto metal da 30 anni ma quei gruppi non li ho mai sentiti, se non di sfuggita. Di cosa mi parla costui? Che parametri usa per intendersi con me? Da che mondo proviene? Possibile che oggi sia così inadeguato nominare Maiden, Metallica o Anthrax? Bisogna dire i nomi di Chopper Steel, Tiger Grey o qualsiasi versione recente, provinciale e miniaturizzata delle vecchie band classiche?

Quando ho finito di leggere la recensione sono andato a sentire il singolo linkato in coda su Youtube e l’ho trovato discretamente interessante, come tutte le cose che ho ascoltato dei Deafheaven negli anni scorsi. Poi ho avvertito un senso di frustrazione. Non ho abbastanza anni per dedicarmi a tutto ciò che merita un approfondimento. Figurati i Deafheaven.

Con tutto il rispetto stiamo parlando di una band che nella Storia del Metal occupa una piccola nicchia e che sì, vada bene scrivere con competenza di un gruppo, ma mi domando quanta conoscenza abbia questo autore di tutto il mondo, quello vero, non la microsfera algoritmica in cui è sepolto.

Essere esperti di qualcosa richiede grande dedizione, anni di impegno e coltivazione assidua, ma nel mentre la vita va avanti. Accadono tante cose e tu potrai pure sapere tutto dei roditori nord-europei, ma il tempo che hai dedicato a essi per poter riconoscere tutte le sfumature fecali e le tonalità del pelo e poter così dire in qualche angolo della Norvegia abbiano fatto il nido, non hai potuto dedicarlo a molto altro. Ora sai tutto di cacche di topo nordico, ma se il sapere si misura con la profondità e continuità del tuo studio, allora non sai quasi nulla del resto. Quindi sei un cazzo di ignorante in materie molto più importanti dei topi norvegesi? Per dire, hai mai visto una gallina?

E un ignorante completo cosa può dirmi dei topi del nord Europa che mi permetta di capire in quale cazzo di mondo sto vivendo al momento? Conoscere è connettere. Internet almeno questo poteva insegnarcelo e lo fa, se uno evita di farsi fregare.

In altre parole, sapere tutto dei Deafheaven mi fa capire che non sai molto delle altre cose e che il tuo canone di riferimento e la tua conoscenza generale di scrittore metal, evito di dire giornalista, ti spingono a esprimere pareri estetici da una piccola palude su tre donne e un ibrido che si sono iscritte a un concorso di bellezza indetto dalle sette persone che vivono a un raggio di duecento chilometri.

Se per te che mangi Deafheaven dalla sera alla mattina, il nuovo dei Deafheaven suona benissimo, dal momento che sei così preparato da riconoscere le tonalità fecali delle chitarre rispetto ai dischi precedenti dei Deafheaven, per me che ascolto musica e la valuto in un contesto molto più ampio, che va dai Neurosis ai L.A. Guns, ma che resto, attenzione, in fondo rischio di essere solo un altro riduzionista un po’ più allargato, come può suonarmi il nuovo Deafheaven e perché dovrebbe giustificare la mia attenzione?

Ho idea che nel metal ci siano tanti espertoni di quisquiglie. E che per uno che vive in mezzo alle quisquiglie, un capolavoro possa essere poco più di una quisquiglia per chi tenta di alzare un po’ il tiro e guardare le cose da una maggiore altezza.