La recensione di White Noise And Black Metal dei Craft, uscito nel 2018, a cura di Elena Morwena, la cavallina totale.
Quando sento nominare i Craft penso prima al black metal e solo dopo alle sottilette. Ma devo ammettere che il nome della band mi è rimasto impresso, le prime volte, per come suona e secondariamente per come i suoi menbri suonino e questo alle sottilette devo riconoscerlo. Tuttavia non posso amarle, le sottilette. Trovo abbiano un sapore un po’ troppo artificiale e francamente non sono neanche poi così più versatili rispetto a un bel pezzo di formaggio stagionato. Sembrerebbero quasi vogliano essere il formaggio ideale per chi non ha abbastanza palle da metterci del Grana Padano nell’hamburger. Provare per credere. Nel panino ci vuole del formaggio vero, quello puzzolente e dal sapore cagliato altrettanto raw, un po’ come quest’ultimo full lenght dei Craft.
Utilizzare il termine raw, però, significherebbe attirare l’attenzione di tutti i blackster intenti a idolatrare le loro librerie stracolme di vinili di band anni ’80 che vivono nella propria tana-caverna, conosciuta anche con il nome di “stanzetta di casa di mamma e papà”. Che restassero anche comodi davanti ai loro pentium a coprire il ruolo di difensori del vero metal sui social: White Noise and Black Metal potrebbe non essere l’ennesimo vinile da aggiungere agli infinitesimali scaffali.
Questo perché non ci troviamo di fronte all’ennesimo aborto satanico tutto rancore e ridicola blasfemia ma una a produzione un po’ più studiata e più tecnica. Un album di stampo tutto sommato più moderno ma che non rinnega gli aspetti tipici della seconda ondata black metal.
Questa ultima release esce dopo ben sette anni dall’album Void, il quale apparì quasi insipido, se accostato agli altri full lenght della band svedese: track lente e ripetitive, interrotte talvolta da qualche riff svogliato, dimostravano che i Craft avevano voglia di sperimentare qualcosa di diverso ma che, forse, non era il momento adatto.
I Craft hanno oggi abbandonato il loro aspetto più trve black, fatto di magliette rubate direttamente a corpi decomposti nei cimiteri (con sicuro grande disappunto dei blackster più devoti) lasciando sembrare il frontman, Nox, l’unico ragazzino mascherato al party di Carnevale.
A conti fatti White Noise and Black Metal sembra somigliare più a Fuck The Universe, uscito nel 2005, dove basse frequenze audio e riff sporchi e graffianti impastavano le chitarre e a una roca voce da vomito-esofageo post-mortem.
Insomma, un album privo di ogni demenzialità cultista che incornicia alle volte il black metal, ma solo musica genuina e tanto odio sincero. Attualmente la formazione è rimasta immutata dal 2011 se non per l’introduzione di un nuovo bassista, Phil A. Cirone, conosciuto per essere già negli Hypothermia e per aver collaborato con gli Shining assieme al fratello Tusk.
White Noise and Black Metal è un continuo assalto di blast beat e risacche doom, con varianti che che sfociano nel black n’ roll e speed metal, quindi omaggi a go go tra Venom e i Darkthrone, soprattutto nella voce, ma in chiave leggermente più pulita. A momenti si può udire la chitarra di John Doe che suona riff doom, come nel brano Tragedy of Pointless Game.
In definitiva, è un album che riafferma la noncuranza dei Craft nel seguire la moda del black metal e che può essere apprezzato anche da chi non partecipa ai giochi olimpici invernali in categoria Church Burning.