Parliamo di Cockroach. L’immagine qui sopra mostra degli schifosi scarafaggi, perché è proprio questo che significa la parola Cockroach, per quanto Cock- potrebbe farmi gioco con i galli che ho scelto per titolare il pezzo. Mi riferisco ai due galli che hanno cantato su un lavoro dimenticato e dimenticabile di cui oggi voglio scrivere, alla faccia vostra e del tempo che mangia il grosso e risputa le briciole che noi scrittori dovremmo farci bastare per ricostruirlo.
Solo i fan della band conoscono la storia di questo lavoro posticipato, rilavorato, abortito. Doveva essere (ed è) il terzo album dei Danger Danger; Ve li ricordate? Già… questo era il successore di Skrew It. Doveva essere pubblicato inizialmente nel 1992, già in tempi difficili per il genere glam-AOR-class-street-cazzo vi pare dalla band, e probabilmente avrebbe fatto un tonfo, provocando la rescissione del contratto con la Elektra e la discesa in purgatorio per la band. Non successe perché Ted Poley, dopo aver inciso tutte le sue parti, ci pensò su e decise che era meglio fermarsi lì e salutare tutti.
I Danger Danger non si arresero e decisero comunque, con un disco pronto, di cercare un nuovo cantante e vedere il da farsi. Tardi per tardi rispetto ai programmi, con la Elektra sempre meno interessata all’epilogo, Bruno Ravel, bassista e leader fondatore del gruppo, reclutò una canna da paura, Paul Laine, canadese di belle speranze definito dalle sue parti, il nuovo Bon Jovi. Non solo lo nominò ufficialmente il nuovo cantante ma gli fece reincidere tutte le parti di Poley e pubblicare l’album con lui.
Le cose in sala di registrazione andarono alla grande. La versione del canadese era anche più spaccosa della precedente. Il gruppo vide la luce in fondo al tunnel ma non capì che era solo il treno che gli veniva incontro. Annunciò l’uscita di Cockroach, tra sbadigli e hum hum… dello stesso mondo che solo quattro anni prima aveva premiato i Danger Danger con vendite ricche e sovra-esposizione mediatica di rito.
Ted Poley, il quale pareva essersi tirato indietro dal gruppo in modo pacifico e con l’intento di voltare pagina, dedicandosi a un nuovo progetto “più personale”, appena seppe che gli ex compagni avevano deciso di “rimpiazzarlo” anche sul disco, intentò causa ai Danger Danger facendo crollare definitivamente l’interesse della Elektra, che si tirò fuori e augurò il meglio a Ravel in sede di tribunale.
Il disco non uscì e dopo un paio d’anni i Danger Danger, in formazione ridotta, pubblicarono un lavoro grunge intitolato Dawn che, dato il cambio di direzione stilistica fuori tempo massimo, fece la fine di tutti i dischi voltafaccia che le band anni 80 realizzarono nei 90’s, tentando disperatamente di rilanciarsi: piombò nel cestone dei Nice Price.
Ma tornando a Cockroach, è curioso che abbia ritrovato una vecchia recensione del 1994 uscita su Thunder. Non importa il fatto che un certo P.C. (Paolo Piccini?) lo trattò bene, parlando con entusiasmo di alcuni titoli che oggi a me risultano tra i più mediocri dell’intera scaletta. Mi incuriosisce piuttosto questo affacciarsi del terzo album dei Danger Danger nelle redazioni metal italiane, nonostante i casini legali che ne avrebbero decretato temporaneamente il coma clinico.
A risentirlo oggi c’è poco da salvare. Si tratta di un lavoro pieno di potenziali hit. Cosa si intende per hit potenziale? Fare una versione simile di una hit vera e sperare di fregare il pubblico con un facsimile; cosa riuscita solo a Desmond Child, almeno in ambito hard rock.
Nel 1993 certe progressioni alla Del Leppard/Bon Jovi non avevano più il coraggio di imbroccarle nemmeno loro, ma i Danger Danger erano convinti che un prodotto del genere avrebbe trovato un pubblico favorevole. Immagino Kurt Cobain vagare per i boschi intorno alla sua villa, pensando sempre con più insistenza al suo fucile e dalla selva di abeti raggiungerlo il ritornello di Good Time. Che ficata.
In Cockroach, oltre all’incoraggiamento a prendere la vita in modo completamente irresponsabile e pensare a godersi la figa e il denaro appeso agli alberi, c’è il consueto contraltare di melanconia post-sbornia, quello delle preoccupanti canzoni romantiche da disturbo di personalità (Shot Of Love).
Che volete, non c’è niente che mi piaccia di più di questi dischi destinati al fallimento, realizzati con molti soldi e vane speranze di successo. Amo la carriera anni 90 dei Firehouse per dire e ogni tanto me la rivivo disco dopo disco. Non potete capire quanto mi prenda il dramma che c’è dietro quelle spensierate canzoncelle edoniste all’ombra dei baffoni di Saddam Hussein e poi in coda alla deflagrazione di un fucile a Seattle. Ancora, già.
Ma non è solo perché posso godermi il declino di chi pensava di continuare la festa in eterno e sbagliava. In quel periodo di passaggio che va dal 1992 al 1995, ci fu un tentativo graduale in alcuni casi, di insaporire l’influenza dei Metallica/Alice In Chains con il class metal anni 80 e la cosa mi è sempre piaciuta molto. Mi riferisco a dischi come Psychoschizofrenia dei Lillian Axe, Ultraphobic dei Warrant, Disfunctional dei Dokken, Bust A Nut dei Tesla.
Anche i Danger Danger diventano dark in un paio di brani di Cockroach, nonostante pensino ancora a far pieni gli stadi. Per me sono i migliori momenti del disco. Uno è Sick Little Twisted Mind che gonfia le tegole con un riff massiccio stile Dokken e una melodia grigia degna di Load dei Metallica. Il ritornello da scapoccio sbanga e poi c’è una chiusa di archi sintetici, loschi come Gotham City a Pasqua.
Il secondo pezzo è in coda nel disco con Laine e non presente in quello con Poley. Si tratta di un brano completamente acustico che fa pensare più alle folk ballad anni 70 che alle solite melensaggini stile Bon Jovi. Si chiama Time In a Bottle e va recuperata dall’oblio. Ascoltatela sulla spiaggia di un lago, una notte senza luna, mentre le rane scopano alle vostre spalle e voi siete soli, mollati da tutte le donne del mondo inclusa vostra madre.
Tranne questi due momenti, il resto di Cockroach non è niente di speciale ed era meglio se non usciva neanche nel 2001. Sicuramente la versione con Laine è più potente, quella con Poley è più moscetta e datata ma amen, dai.