Allora, mi trovo davanti un disco come questo, Lost In Memories, Lost In Grief dei My Silent Wake e subito penso che è un bel lavoro. Ci sono delle melodie ricercate, un buon sound bozzone e gravido di iattura, un’atmosfera tagliagambe come un giorno di maggio in cui non dovrebbe piovere ma piove e piove e la vita sembra così difficile, inutile, cattiva e non esistono più le mezze stagioni. Anzi… forse non sono mai esistite! Poi però andando e riandando per tutta la lunghezza di questo lavoro, dai pezzi più tirati e da truzzo metalluzzo (Another Light) a quelli più lunghi e attendisti (No Time o The Last Lullaby) io inizio a domandarmi chi sia la band che sto ascoltando, che storia abbia alle spalle. Sapete, le solite cose che si chiede chi oltre ad ascoltare musica ne scrive o comunque, vuol saperne di più. Non tutti si fanno domande e forse vivono meglio. Molto meglio.
Ho immaginato che i My Silent Wake fossero una di quelle misconosciute band anni 90, riemerse dopo tanti anni e pratiche di una ricetta che definirono e usarono i grandi del genere (Paradise Lost, Anathema, My Dying Bride, Cathedral). Poi ho visto la data di uscita del primo loro disco e mi è venuta un po’ di tristezza; quella vera, non la sublime decadenza ispirata da brani doom britannici di buona specie. E quelli in Lost In Memories, Lost In Grief, lo sono. Fanno il proprio porco lavoro demotivazionale.
E mi sono domandato che senso abbia. Non la vita. i My Silent Wake se lo domandano in brani davvero poco incoraggianti che trattano di morte, disperazione, vita vissuta e sprecata, cose così, come per esempio in When I Look Back (metallari sulla cinquantina, sapete?)
Mi viene da notare il paradosso. Se la vita è così grigia e dolorosa, che senso ha una carriera di quasi vent’anni senza un cazzo di approdo? Insomma, io bazzico il metal dal 1991 e non li ho mai sentiti prima, questi My Silent Wake. Guardo la loro discografia e conto almeno una decina di album, usciti, recensiti e archiviati uno dopo l’altro dal solerte osservatorio (o meglio, ascoltatorio delle Webzines).
Ci penso su. Una grande tenacia nonostante sia tutto uno schifo. Vent’anni a sbattersi con un gruppo è un’inferno, credo. E per loro immagino sia un inferno senza mai uno spiraglio di cielo.
Torno al loro ultimo Lost In Memories, Lost In Grief e mi accorgo che i brani, per quanto siano ricchi di buone intuizioni, discrete evoluzioni melodiche e tutto sommato rappresentino mediamente quello che oggi si definirebbe del buon doom metal (da tre stellette su cinque, per intenderci) risultino nel complesso sempre un po’ sfilacciati, vaghi.
È come se questo gruppo, nonostante le qualità creative e l’ispirazione genuina, non sia mai salito al livello di chi davvero ha saputo condensare ed esprimere qualcosa di personale e definito. Ha avuto vent’anni per combinare qualcosa ed è ancora lì che non ha capito come si scrive una cazzo di grande canzone.
Probabile che continueranno a provarci altri vent’anni, nonostante non si venda più un disco; nonostante la musica stia morendo.
Quanto volete andare avanti in questo modo, vorrei chiedergli? Voi Silent Wake avete realizzato un altro disco, ok. E sono più di dieci, ma cosa ci volevate dire, esattamente, che Nick Holmes non ci abbia urlato nelle orecchie dal 1991?
Il vostro Lost In Memories mostra talento e buone intenzioni, ma non succede niente di davvero importante per me, mentre lo ascolto. Non mi scatta nulla. Davanti a un gruppo del genere mi si prende la nostalgia di quella tagliola del mercato. Intendo, quando esisteva davvero un mercato discografico… Se non vendevi zac, eri finito! Ti scioglievi pieno di debiti e sparivi nel dimenticatoio.
Con questi criteri abbiamo poi recuperato tante vecchie salme (gemme metalliche) gloriose ma sfigate, che erano avanti, o che non avevano goduto di un supporto adeguato e che tutte, dalla prima all’ultima ci dicono una cosa importantissima: per andare avanti, nel mondo della musica, almeno fino al 2005, non bastava la passione, non era sufficiente il talento. Occorrevano altre cose, pure spregevoli, ignobili, ma senza le quali non si vendeva e quindi, non si sopravviveva. Oggi non si vende ma si va avanti e avanti…
Sembra una favola per dei musicisti metallari, ma per uno che li recensisce è un incubo. Fanculo!