I Blood Divine e le cose giustamente dimenticate

Siamo nel 1996 e c’è una band in uscita che si chiama Blood Divine. La formazione coinvolge tre ex dei Cradle Of Filth (i fratelli Ryan e Paul Allender), il batterista degli Extreme Noise Terror War Sarginson (già pure lui con i COF nel 92-93 e poi di nuovo nel periodo 1999-2002) e il cantante e paroliere degli Anathema, Darren White. Ripeto: 1996, un gruppo con questa bella gente e un disco di debutto, Awaken, prodotto sia da Pete Coleman che da Mags, e pubblicato da Peaceville Records. C’è da aspettarsi una gran cosa, no?

No.

O meglio, vanno riconosciute una serie di cose a favore dei Blood Divine e quello che tentarono di fare, ma dirvi che, ehi, avete perso una band della madonna, presi come eravate a sciropparvi le evoluzioni/involuzioni del black metal di fine anni 90 e le bizze pop delle band goth metal, sarebbe una bugia.

Oggi è facile recuperare qualunque cosa su internet ma non so voi, a me in fondo, via via che scopro e riscopro gruppi e dischi, non mi sembra al tempo di aver perso davvero chissà che. A leggere le riviste sembravano uscire dieci capolavori al mese e ovviamente erano troppi per la mia paghetta natalizia. Quindi mi dolevo di perdere tanta di quella roba eccezionale. Oggi il tubo mi assicura che avrei buttato i miei soldi…

Ma torniamo ai Blood Divine. Come dicevo, i fratelli Ryan venivano dai Cradle Of Filth più ispirati e originali, quelli a ridosso di The Principle Of Evil Made Flesh; Paul Allender era con loro negli anni intorno al debutto. Insomma, si trattava dell’esatta metà della formazione più geniale e innovativa di uno dei gruppi più fichi d’Inghilterra degli primi 90. Il vocalist, Darren White, era appena stato mandato via dagli Anathema, dopo la realizzazione di quell’EP talmente lungo e impegnativo (per essere un EP) da venir considerato un disco completo: Pentecost III.

Secondo i Cavanagh, si erano liberati di lui perché gli ultimi testi facevano cagare e perché come cantante stava peggiorando vistosamente, mentre loro miglioravano tutti intorno a lui.

Ora, io ho letto i testi di Pentecost e li trovo fichi, e quelli dei Blood Divine di Awaken ancora di più (prendete Moonlight Adorns). Spulciando in giro la rete, ho scoperto che i due dischi sarebbero molto più connessi, sia in termini musicali che lirici, di quanto sembri a un primo ascolto. E anche a un secondo e un terzo. Per la verità potreste passare la vita a mettere a confronto Pentecost III e Awaken e non trovarci nulla in comune, ma va beh. Chiaro che nelle intenzioni di Darren, quanto fatto da lui e dagli Anathema in quel disco era la strada buona, quindi non ha esitato a proseguirla con il suo nuovo gruppo.

Il punto è proprio quello, però. I Blood Divine non erano gli Anathema del 1990-94. E non si tratta di mettere a confronto i singoli musicisti. Puoi assemblare Steve Harris, Jeff Hanneman, Kerry King e Ian Gillan e ottenere musica terribile, così come nel calcio, le squadre morattiane proprio degli anni musicali di cui sto parlando, create con le figurine, non portarono quasi nulla nelle bacheche nerazzurre. I gruppi funzionano al di là del valore di chi è chi. Magari quattro pipponi fanno una grande band (prendi i Ramones) e cinque grandi strumentisti fanno una loffa di band (Shadowking).

Questo per dire che i Blood Divine, d’accordo, erano insieme da appena sette mesi, non si rivelarono un gruppo chimicamente riuscito, mentre gli Anathema in quel periodo lo erano eccome e crescevano, crescevano… La separazione da White, pur trovando io discutibili le motivazioni, avviò quella metamorfosi che oggi li ha resi i grandi che sono. Grandi quel che vi pare, ma grandi!

Del caro Darren non si sa praticamente più nulla, così come dei Blood Divine si ricordano in pochi.

Il disco non decolla mai, nonostante alla gestione delle incisioni siano state affidate a due dei professionisti del suono tra i più illuminati del momento in Inghilterra.

Pete Coleman aveva mixato Elegy degli Amorphis, prodotto Erase dei Gorefest e forgiato il suono dei Paradise Lost di Icon e Draconian Times.

Mags (Mr. Magoo) aveva prodotto The Principle Of Evil Made Flesh, i tre migliori album dei My Dying Bride, i Solstice, i Primordial… avrebbe persino lavorato con i Death SS di Do What Thou Wilt).

Entrambi questi signori però non salvarono l’album. La presenza di entrambi come produttori, sembra un indizio delle difficoltà e della confusione alla base della realizzazione di un album sciapo e irrisolto.

Su Awaken White canta in modo diverso rispetto a quello che faceva negli Anathema. Usa un growl più vicino a Nick Holmes del periodo Icon/Draconian Times con qualche momento più sperimentale che ricorda un po’ le facezie malate di Tom Warrior di Into The Pandemonium (in Heart Of Ebony, per dire). Non è irresistibile, però in Inghilterra quasi tutti i vocalist erano un po’ in cerca di un equilibrio continuo tra la violenza degli esordi e le evoluzioni melodiche dei rispettivi gruppi. (Vedi My Dying Bride, Anathema, Cradle Of Filth, Cathedral e gli stessi Paradise Lost).

E le canzoni. Beh, di sicuro non sono simili a niente, ma la maggior parte sembra andare un po’ per l’aia, tra momenti folk-prog un po’ così (These Deepest Feeling e Warm Summer Rain) e altri decisamente più randomici e di respiro (l’opener So Serene) passaggi goth metal canonici (Aureole forse è il pezzo più decente) e un generale senso di confusione. Il disco è in cerca di luce ma la poca che trova è un pallido riflesso lunare poco prima di un’alba tra le più bigie che l’Inghilterra possa donare al mondo.

Nel 1996 le aspettative erano troppe. I Blood Divine se la cavarono, ma avevano davvero un sacco di lavoro da fare. Provarono. Mystica, uscito un anno più tardi confermò questo bisogno di definirsi. Per dire, Ryan inserì tastiere alla Doors in un contesto ancora piuttosto gothic e forse è ancora la parte più intrigante di un lavoro meno chiaro e ispirato di Awaken.

Finirono per mandar via proprio Benjamin Ryan e le sue tastiere, dicendo che lo facevano per arrivare a capire cosa volevano essere davvero, come sound e direzione. Lui ci rimase talmente male che mollò la musica. Oggi fa l’ipnoterapista. I Blood Divine collassarono poco più tardi. Uscì una raccolta nel 2002 che li ricorda. Su Spotify è la sola cosa che potete trovare. Se la ascolterete, converrete con me che non fu una gran faccenda.