Verdone e Metallica compagni di scuola

“Quando Mimmo prese il fucile…” – una distopica eufonia cinemetallara.

Un inizio di carriera folgorante con titoli bellissimi, capaci di andare oltre la propria valenza e diventare pilastri di un genere, plasmare un canone al quale molti si ispireranno per anni e anni a venire, citandoli come imprescindibili. Poi un lavoro diverso, che introduce molte novità, sfumature differenti, che per certi versi arricchisce lo spartito e per altri lo impoverisce. Tuttavia in tanti lo salutano come un capolavoro, per alcuni è addirittura il climax artistico, il momento più alto di una carriera. Indubbiamente un capitolo spartiacque, qualcosa che segna un prima e un dopo. Ed il dopo non sarà più come il prima, purtroppo. Di chi sto parlando? Mi sono reso conto che potrei intestare questo breve excursus tanto ai Metallica quanto a Carlo Verdone, tutto sommato starebbe in piedi. Nello specifico, mi sono reso conto di quanto io pensi al Black Album negli stessi termini nei quali penso a Compagni Di Scuola, anche se quando Verdone realizza quel film i Metallica in realtà sono ancora a And Justice For All, ma dopotutto la mia è una associazione di idee puramente platonica. Tra i due universi c’è però una curiosa consonanza, almeno per me è così.

Dopo tanta gavetta in tv Verdone esordisce grazie all’intercessione di Sergio Leone, financo con le musiche firmate da Ennio Morricone. I primi quattro film sono clamorosi, Un Sacco Bello (1980), Bianco, Rosso e Verdone (1981), Borotalco (1982), Acqua e Sapone (1983). Uno all’anno, uno migliore dell’altro, segno di una creatività inarrestabile e vulcanica, ancora giovane, fresca (e non sarebbe potuto essere altrimenti) che promette grandi cose per il futuro ed intanto regala un presente maestoso.

Verdone fa morire dal ridere, graffia, è feroce, la sua satira di costume dipinge un’Italia per certi versi terribile, meschina, misera, ma verso la quale c’è anche una comprensione e un amore di fondo. Il tratto che emerge sovrano però è la grandissima capacità caricaturale di Verdone, il suo non fare sconti, le risate sono di gusto, ruvide, crasse.

Cosa accade nel 1988? Che Verdone capisce di non essere più soltanto quel Verdone lì, sente il bisogno di crescere, maturare, espandere il proprio sguardo, toccare altre e nuove corde, anche a costo di diminuire i giri del motore. Compagni Di Scuola è indubbiamente un film che fa ridere, ha i suoi momenti in tal senso, ma si percepisce netto e chiaro che la risata non è più il centro focale del discorso, l’obbiettivo, la forza motrice, bensì lo diventano la malinconia, la nostalgia.

Verdone si scopre riflessivo, non indaga più il prossimo per sferzarlo ma per compatirlo, per rispecchiarvisi, per abbracciarlo. Un senso di pietas invade i fotogrammi, i graffi si fanno leggeri, di superficie, si mastica amaro assai più di quanto non si rida. Intendiamoci, la malinconia è sempre stata presente nei film di Verdone sin dal 1980, basti pensare a Leo e Marisol o a Mimmo e la sora Lella, per citare qualche esempio, per non parlare dell’accompagnamento del celebre fischio di Alessandro Alessandroni sulle note di Morricone in quel caldo agosto romano. Il punto è che quel magone dolciastro era uno degli ingredienti della ricetta, la quale tuttavia puntava assai più massicciamente sull’aggressività, sulla cattiveria, su di una spietatezza dai tratti assai meno bonari ed ecumenici.

Da Compagni Di Scuola Verdone esce trasformato, non sa o non vuole più tornare alla canaglieria di prima, quel film è una catarsi, un’epifania. Si convince che può accompagnare gli spettatori in una perenne riflessione dai tratti autoassolutori e lenitivi. Il senso di stordimento è evidente anche nel fatto che la pellicola immediatamente successiva è tra i titoli più incerti e meno incisivi della sua filmografia, Il Bambino e Il Poliziotto (1989).

Poi si riprende, almeno parzialmente, con Stasera A Casa Di Alice (1990) e Maledetto il Giorno Che T’Ho Incontrato (1992), ma sta di fatto che da quel momento in poi non solo Verdone alternerà buoni film ad altri meno buoni (e qualcuno anche mediocre, ad esempio C’era Un Cinese In Coma) ma sprofonderà sempre più nella melassa e nel paternalismo.

A tratti proverà a ruggire di nuovo (vedi Viaggi di Nozze, Gallo Cedrone, Grasso Grosso e Verdone) ma gli artigli risulteranno spuntati perché, più che una sua genuina necessità fisiologica, l’impressione sarà quella di aver voluto lisciare il pelo a un pubblico che a gran voce chiedeva di poter tornare ad assaporare il Verdone delle origini. La recente filmografia di Verdone, perlomeno per quanto mi riguarda, è pressoché irricevibile, lontana anni luce dal primo Verdone ma anche da quello mediano, giù più edulcorato e calmierato.

Ora cambiate Verdone con i Metallica…

i titoli dei suoi film con quelli degli album dei Four Horseman, rispettate la cronologia; sostanzialmente avrete qualcosa di bizzarramente sovrapponibile e interscambiabile. I primi quattro album dei Metallica hanno fatto la storia del metal, ma anche volendosi limitare al loro valore e alla loro forza intrinseca, senza spalmarli su di un intero genere, stiamo parlando di quattro lavori superlativi, ancora oggi citati col cuore in mano e le lacrime agli occhi da molti fan affezionati.

Il Black Album arriva a sparigliare le carte. Il corrispettivo della malinconia verdoniana qui è la melodia, unita all’estrema semplificazione delle partiture, sciolte in pochi accordi, pochi riff e pochi drum patterns per ogni canzone. E anche qui, non che la melodia non fosse presente pure negli album precedenti ma era un elemento che concorreva al risultato d’insieme, certamente non il primario, non quello per il quale i dischi dei Metallica ti entravano in testa.

Il Black Album è diverso e ciò che di nuovo viene introdotto nella tavolozza dei colori della band deve giocoforza prendere il posto di ciò che c’era prima, aggressività, energia, violenza, velocità, tensione, occhi iniettati di sangue. I Metallica maturano, non sono più quelli del 1983, sentono il bisogno di aprirsi ad un pubblico più ampio, di sperimentare nuovi territori e sonorità, di abbracciare qualcosa che vada oltre i cliché costitutivi del metal.

Questo porta novità, porta anche molto apprezzamento, ma porta pure diverse critiche, Tuttavia, come per Compagni di Scuola, non sono pochi quelli che apprezzano l’album, che addirittura lo ritengono un disco superlativo o che lo collocano in cima alle proprie preferenze. Quel che accade dopo però è che i Metallica ne escono trasfigurati, del tutto incapaci di tornare alle sonorità precedenti e molto probabilmente non ne avevano neppure l’intenzione.

Gli album immediatamente successivi sembrano – nella migliore delle ipotesi – modesti, altrimenti decisamente brutti. Mi riferisco alla mini saga dei Load e Reload. Andranno ampiamente rivalutati alla luce di ciò che seguirà, a partire da St. Anger. I Metallica si danno anche ad una rendering orchestrale della propria musica, qualcosa che sembrava sideralmente distante dalla loro indole ed attitudine, ma del resto i Metallica inizieranno a produrre anche quintali di videoclip e materiale video, anch’esso piuttosto vituperato fino al 1986, tant’è che il videoclip di One (bellissimo per altro) fu accolto come una specie di big bang proprio perché realizzato da una band che ai video e all’effimera Mtv preferiva andare in tour e stare sul pezzo.

Pure loro provano a solleticare l’appetito dei fan orfani di Ride The Lightning e Master Of Puppets (penso a Death Magnetic e anche Hardwired… To Self-Destruct), suppergiù alle stesse condizioni e con gli stessi risultati del Verdone di Viaggi di Nozze e Grasso, Grosso e Verdone, qualcosa che doveva essere fatto più per dimostrare un vigore inalterato che per reale esigenza artistica.

Stendo un velo pietoso sulla più recente produzione dei Metallica che, esattamente come per Verdone, per quanto mi riguarda risulta irricevibile, capace di raggiungere vette di imbarazzo e vergogna non indifferenti. La stampa si è dimostrata più impietosa con i Metallica che con Verdone, in entrambi i casi si sono levate voci critiche ma, mentre per i Metallica ogni nuovo passo risulta fortemente divisivo ed i detrattori si equivalgono numericamente agli estimatori (compresi quelli a prescindere, sia in negativo che in positivo), per Verdone mediamente il riscontro è spesso positivo e generoso; oramai si è (meritatamente) guadagnato il titolo di padre nobile della comicità italiana e anche di fronte a film francamente insulsi o assai modesti faccio fatica a leggere critiche realmente severe.

Non tutto è uguale tra Metallica e Verdone, ad esempio è vero che dopo i primi quattro film ne seguono altri tre più interlocutori (I Due Carabinieri, Troppo Forte, Io e Mia Sorella), migliori dei peggiori e peggiori dei migliori; non si arriva abrupto a Compagni Di Scuola, il percorso di Verdone è progressivo nel giungere a quell’approdo, mentre nel caso dei Metallica lo stacco tra And Justice For All – un album da guinness dei primati per numero di riff e cambi di tempo – e il Black Album – l’esatto opposto, è infatti uno è pure tutto bianco e l’altro tutto nero – lo stacco è netto, nettissimo, si avverte con molta più forza, urgenza ed esplosività.

Così come le due carriere non sono pedissequamente identiche, Verdone ha realizzato moltissimi film, i dischi dei Metallica sono molti meno, quindi l’evoluzione (o involuzione) delle rispettive carriere va contestualizzata all’interno del proprio ambito. Ma alcune similitudini esistono e si rivelano disarmanti a mio parere. In entrambi i casi sento di aver perso qualcosa di veramente inestimabile, che appartiene oramai ad un preciso arco temporale che non potrà più tornare.

Sia Verdone che i Metallica non sembrano essere del tutto consapevoli di ciò e nemmeno del fatto che ogni nuova produzione scenda un ulteriore gradino nell’abisso, ma – aihmé – temo che non ci sia altra scelta che accompagnarli in questa discesa, se non rinunciare del tutto a loro, cosa che per la verità ho fatto da tempo.