Sweaty Nipples – Quando i capezzoli sudavano di brutto

Nei primi anni 90 ci sono state diverse band pazzerelle, chiassose, provocatorie e soprattutto impavide nella commistione di stili. Si tende a scindere in due la storia dell’hard rock. Il successo della decade decadente piena di gruppi leggendari, ai primi posti delle classifiche e un’epica di eccessi ormai consegnata ai libri di storia della Tsunami e le edizioni Il Castello. E poi c’è stato il brusco risveglio degli anni 90, con l’avvento di una musica più triste, infelicemente tossica, diffusa da Seattle a tutto il mondo del rock.

Vero, dopo dieci anni di party, alcolici come succhi di frutta, glamour, decadenza, era ora di riguadagnare un po’ di introspettività, ma c’erano artisti che avrebbero potuto trasbordare la festa nel nuovo decennio, se solo il sistema avesse deciso per quella direzione, anziché favorire la depressiva oasi del grunge. Parlo di quelle band etichettate in maniera piuttosto superficiale come “funk metal”.

Non avevano alcuna intenzione di portare il rock a dei livelli tanto seriosi, anzi, esse volevano mandare all’aria il poco che ancora in ambito hard and heavy si tendeva a mantenere puro e incontaminato. Impastavano thrash e glam con appunto il funk, il rap, l’hardcore, la psichedelia e tutto quello che ci si poteva mettere dentro; traducendo nel mondo un’energia allegra e caciarona depurata dal fottuto nichilismo senza idee dei Motley Crue.

Era roba intelligente, spiritosa, cazzutissima nell’attitudine e nei contenuti. Parlo degli Ulgy Kid Joe, degli Scatterbrain, dei Green Jelly, per fare qualche nome. Erano una figata, tutti quanti, ma per quanto riuscissero a coinvolgere il pubblico quando si esibivano in concerto, non potevano imporre al flusso principale del mercato alcuna deviazione.

Oggi, scavando nelle uscite tra il 1991 e il 1995, mi capita di beccare qualche nome che non avevo mai sentito prima. Per dire, ve li ricordate i Sweaty Nipples? Certo che no. Un nome così era da suicidio di carriera sin dall’inizio. Nessuno avrebbe mai preso sul serio una band che si faceva chiamare “capezzoli sudati” o qualcosa del genere.

Erano figlioletti di Frank Zappa e vi posso garantire che sapevano suonare alla grande. Addirittura pare che sul palco si esibissero due bassisti, due batteristi e che cantassero un po’ tutti. Io non lo so; di informazioni ce ne sono poche in giro. E soprattutto, pare che i loro concerti fossero una specie di Jackass, con il cantante che si ritrovava senza gli incisivi dopo che il chitarrista aveva deciso di spingergli in bocca il microfono per farsi due risate o il bassista che si spaccava il tallone saltando giù da un amplificatore e poi finiva il concerto con il piede in una tinozza di birra ghiacciata.

Tutto questo casino e poi le canzoni erano comunque meravigliose, non stiamo parlando mica degli Anal Cunt. Potete dare un’ascoltata al loro disco migliore, Bug Harvest, uscito nel 1994 per Megaforce records, un po’ prima che l’etichetta andasse a puttane. E a proposito, non è che i Sweaty Nipples fosse stato un gruppo fortunato: pare che dagli anni 80 avessero firmato già diversi contratti discografici con etichette poi fallite miseramente ai loro piedi. Sembrerebbe una costante della carriera di un gruppo sfigatissimo e un po’ suicidario.

Bug Harvest è un grande album e prego che lo recuperiate. Mette insieme il metal e tutto quello che possa venirvi in mente: ci sono ritmiche industriali, hard rock sodo anni 70, groove stile Pantera, sperimentazioni un po’ sceme e in ogni brano delle grandi melodie. Brian Lehfeldt era un vocalist capace di fare da collante in mezzo a tutto quel minestrone di idee e anche le parole che canta nei dischi dei Sweaty Nipples andrebbero approfondite, perché nonostante l’approccio zuzzurellone del gruppo, i testi sembrano tutt’altro che allegri.

Oltre al devasto di canzoni come Eye Tooth Magnet, Smiles! o Labrador, la band chiude il disco con un pezzone in grado di spazzar via ogni pregiudizio: Something Said è un viaggio in mezzo a dune oniriche e mentre sarete presi a guardar piovere stelle nel cielo notturno, vi sprofonderà in una sabbiosa atmosfera di minaccia e disperazione.