Ma è un film di Tate Taylor, prodotto dalla Blumhouse, uscito nel 2019, scritto da Scotty Landes e… quante altre ne volete sapere? – Guardando Ma ho pensato a una versione dell’infermiera Annie Wilkies di Misery in versione afro. Qui la protagonista, Sue Ann, fa l’assistente di una veterinaria, ma con le siringhe e gli antidolorifici se ne intendente abbastanza. E ha le stesse compulsioni domestiche.
La trama di Ma
Sue Ann è una donna dall’aria innocua. Paffuta e socievole, è apparentemente integrata nel tessuto sociale del paesotto di provincia americano in cui è cresciuta. In realtà la donna si porta dentro una ferita dai tempi del liceo, qualcosa che non riesce proprio a mandar giù. E il suo bisogno di riscatto comincia con le feste che riesce a organizzare nel seminterrato della propria casa.
Tutti i ragazzi della zona ci vanno. Sue, che si fa chiamare Ma, è la cerimoniera. Offre alcolici e droghe agli studentelli e non vuole nulla in cambio. Solo che i ragazzi le mostrino un po’ di affetto e non si azzardino a salire al piano di sopra. Lì c’è il suo mondo e non vuole che nessuno vada a sbirciare. Purtroppo qualcuno vorrà togliersi la curiosità di cosa nasconda la donna in casa. Ma i casini saranno pure altri.
Per la verità c’è un altro film alla base di Ma. Nightmare On Elm Street. La donna infatti è una ex vittima e sfoga le colpe della propria generazione sulla successiva. La piccola società di provincia ha finito per trasformarla in ciò che è, anche se l’humus mentale di Ma era ben predisposto a renderla una bomba di merda pronta a esplodere.
Sue Ann si è nutrita delle vessazioni e la profonda umiliazione di un brutto scherzo stile Carrie e slasher canadesi anni 80. Ha usato l’odio e il dolore per non morire. Il suo bisogno di essere accettata la porta, come Freddy Krueger a rifarsi sui figli di quei bastardi che la distrussero quando lei era una ragazzetta innocente. Lo farà prima con le buone e poi, inevitabilmente, con le cattive.
Gran prova d’attrice
Ma si regge tutto sulla gran prova dell’attrice Octavia Spencer , capace di suscitare pietà e disgusto nel giro di due inquadrature. E poi c’è una solida sceneggiatura che non inventa nulla, tira dritto fino al delirio finale, senza ammiccare troppo verso gli appassionati del genere con i soliti bubbusettete che lasciano il tempo che trovano.
Finalmente l’aspetto “social” è trattato in modo credibile. Sue Ann infatti sfrutta facebook per sapere tutto sulle sue vittime e per indagare sulla vita degli altri. La cosa non è messa troppo in risalto. Si tratta di un aspetto inevitabile. La diabolica capacità della donna di infilarsi nelle vite degli altri, infliggere vendette o manipolare, è fin troppo semplice con la miriade di dati che il mondo le offre via internet su un piatto d’argento. Quasi non c’è gusto a perseguitare gli altri, con tutto quello spiattellamento di patetiche solitudini e maniacali compulsività.
Volete sapere cosa nasconde la donna al piano di sopra? Non ve lo dico. E anche lo scherzo che le ha devastato l’ego da giovane dovrete scoprirlo da voi. Ah, dimenticavo…