AI nuova frontiera del talebanismo metallaro?

Io adoro l’AI. Ci tengo però prima a puntualizzare una cosa, come fanno i più svegli quando si parla di questo argomento. Non è un’intelligenza. Lo dice benissimo Carlo Sini, il filosofo. Cercatelo sul tubo e vi schiarirà le idee a riguardo. Chiamarla intelligenza artificiale è una cazzata utile a creare un dibattito paranoide e la sensazione su una bomba che è sotto il nostro culo da mooolti anni. Detto questo, su cui magari torneremo in seguito, voglio dirvi perché secondo me l’AI è straordinaria e va benedetta.

Certo, permetterà a tante band di realizzare i propri artwork senza spendere un soldo. Aiuterà musicisti metal a tirar su arrangiamenti sinfonici senza sprecare dieci anni di vita a studiare armonia. Suonerà assoli impossibili al posto delle dita di chi non sa fare neanche il giro di Do e realizzerà connubi improbabili tra arte e farsa assoluta (il disco natalizio NON cantato da Gerry Scotti).

Ma non è questo che mi piace dell’AI. Se estendiamo il discorso al mondo del lavoro vero (non la carriera nel metal, quindi) tante persone perderanno il posto. Illustratori, addetti al call center, assistenze telefoniche di tutti i tipi, programmatori e via dicendo. Tutti saranno sostituiti dalle macchine. Questo però non è certo colpa delle macchine. Sono gli uomini che ormai si riducono a svolgere lavori macchineschi.

Come va di moda ora dire: l’AI IMPATTERA’… (notate quanto tira ‘sta parola ecatombesca in giro per la rete). L’AI IMPATTERAAAA’ su parecchi settori lavorativi e porterà nuova disoccupazione. La cosa è triste, tragica e ineluttabile.

Nonostante ciò, puntualizzo che io non ho niente contro le tecnologie: mi fanno comodo, sono utili. Non le idealizzo. Non risolvono tutti i nostri problemi. Alcuni sì, ma ne creano altri, come del resto qualsiasi soluzione trovata dall’uomo per un qualsiasi casino creato dall’uomo. Non temo le tecnologie. Esse, per quanto avanzate, non sostituiranno mai l’essere umano e non lo stermineranno in una rivolta delle macchine alla James Cameron anni 80. Questa cosa non accadrà perché appunto l’intelligenza artificiale non è un’intelligenza. Ha bisogno dell’uomo per agire intelligentemente. Se domani un virus ci sterminasse tutti, le AI non saprebbero mandare avanti questo sistema di merda che abbiamo creato. La sola minaccia per il futuro umano siamo noi. Se un pazzo dottor Male che sia, creasse un esercito di intelligenze artificiali, potrebbe sottomettere l’intero occidente, ma si dovrebbe comunque trattare di un Hitler umano. Quindi temete gli uomini, non le macchine. Temete l’uso che gli uomini faranno di queste cazzo di macchine.

MA, quello che davvero mi porta a scrivere che adoro l’AI è:

che mette in luce la verità su quanto la creatività sia diventata meccanica, prevedibile, programmabile.

Allora, visto che si ha così paura proprio di questo, che le macchine ci sostituiscano laddove siamo più umani, nella fantasia, nella visione, nel sogno a occhi aperti, nel dialogo divino, io vi posso tranquillizzare. Non potrà esserci nessun Chuck Schuldiner creato dall’AI e neanche un Dimebag Darrell, non un Leonardo o un Milton. Purché questi non siano già esistiti e non abbiano già realizzato ciò che il loro genio gli ha permesso di donare all’umanità. In questo caso l’AI potrà usarli realizzando una commistione tra le svise fischianti di Dime e i riff spezzati di Chuck, i progetti eolici di Leonardo e i versi infernali del Paradiso Perduto. Combinare tutto questo potrebbe portarci una nuova forma di creatura musical-visivo-progettuale, ma sempre un Pino Banana dovrebbe arbitrariamente decidere di unire gli schemi creativi di questi giganti dell’arte e, usando l’AI, scoprire cosa ne verrebbe fuori.

L’AI può realizzare il 90 per cento dei dischi metal che escono oggi. Sono sicuro che band death e black metal si stiano cagando addosso perché sanno di essere sostituibili dalle macchine, così come gli illustratori delle loro copertine, i creatori dei loghi e via così. Questo perché centinaia e centinaia di gruppi e di musicisti autistici, da vent’anni, in nome dell’ortodossia e della logica dei generi, pasticciano su schemi preesistenti rigirando nelle medesime posizioni il cadavere di Euronymous o quello di Schuldiner.

Il power metal, il progressive, il djent, ogni forma di musica che finisca con -core, può essere sostituita dall’AI. Non ve ne accorgereste, se lo facessero già di nascosto. Non siete in grado di distinguere una copertina disegnata da una realizzata via AI e questo perché lo sforzo creativo e il bisogno di esprimere la propria individualità nella maggioranza dell’industria culturale metallara è pari allo zero. Le macchine possono farlo tranquillamente al posto di voi.

E questo vi spaventa, perché dovreste cominciare a inventarvi qualcosa di diverso, tirare fuori un suono altro, metriche folli e aliene per davvero, scoprire se il genio c’è o meno in voi, se avete qualcosa da dire e non da ridire all’infinito. Dovrete, se vorrete potervi distinguere dagli schemi ricombinati dalle AI. Tutto questo farà crollare la foglia di fico che ora si regge sul cazzetto dell’industria che produce in serie sempre gli stessi cazzo di dischi. Ecco perché stappo un prosecco appena mi si parla di AI.

L’immagine è stata creata dall’AI e Mirko Quaglio.