G/Ab Volgar dei Deviate Damaen se la chiacchiera intorno alla deriva digitale della creatività umana, con Renato “Matericvs” Florindi, grafico e disegnatore che non teme di sfidare la suscettibilità dei focomelici idolatri dell’”Intelligenza Artificiale”.
VOLGAR: si fregiano di essere al passo coi tempi; ci tediano con la mantrica arrendevolezza del “non si ferma il mare con le mani”; si nobilitano con fregi marinettiani quando della muscolarità futuristica delle avanguardie novecentesche non hanno né il fisico, né il coraggio e né tantomeno l’anticonformismo. Ebbene sì, sono i sottoni dell’algoritmo, i furbastri che sperano di svoltare senza studio, fatica e dedizione, ma semplicemente battendo 4 tasti con le dita lerce di intingoli recapitatigli a casa da qualche rider extracomunitario. Così risparmiano tempo da dedicare alla creatività (le merde).
Forza, Renato, scatenati.
RENATO: eccomi presente al fronte, caro Volgar! Perché, volente o nolente, di guerra si tratta. Partirò dalla battuta che ti feci pochi giorni fa in chat ovvero che per quanto io sia un fan storico della saga di Terminator, e sia stato sempre schierato dalla parte dei robot e di Skynet, oggi, con l’attuale situazione corrente, mi trovo costretto a fare la parte del buon vecchio John Connor!
Ti sintetizzo al massimo il pensiero che mi sono fatto, dopo innumerevoli riflessioni, su cosa siano per me attualmente le creazioni generate mediante l’uso di IA, ovvero delle GIGANTESCHE CINESATE! Perché di quello si tratta ovviamente. Io sarei anche pronto a riconoscere e accettare l’arte creata da un’intelligenza sintetica ma solo nel momento in cui una IA generi di sua spontanea volontà un prodotto creativo, nato esclusivamente sulle stesse meccaniche di sensazione/azione che muove l’essere umano a creare.
Solo in questo caso! Purtroppo quello che riscontro attualmente è l’alta mole di merda che si vuol far passare per innovazione o per naturale evoluzione della creatività e dell’essere creativi. Quando il più delle volte mi scontro su questo argomento (che mi riguarda molto da vicino), sia in ambito personale che lavorativo, non riesco a non notare i paradossi e la povertà intellettuale che i difensori e utilizzatori di questo “escamotage” mettono sul piatto del confronto.
L’esasperata posizione difensiva di costoro che banalmente si riduce alle solite “due frasette” con cui si pensa di giustificare la ragione di vincitori, (perché quello credono di essere) ovvero :
“ehhhh ma c’è sempre dietro l’uomo”
“ehhhh ma questo è il futuro”
“eh ma non puoi andare contro l’evoluzione”
beh, se per evoluzione mi date un’immagine collage di tot pezzi di immagini create da svariati artisti e creativi (di cui immagino vadano riconosciuti i diritti e che gli artisti digitali ovvero i “promper” se ne sbattono altamente), incollate digitalmente alla benemmeglio, filtrate, ricodificate, impastate e sputate su uno schermo di quialsiasi device di uso comune, allora vuol dire che siete proprio “messi male” su cosa significhi e sia veramente l’arte e la creatività.
Ma che ci vuoi fare, è più allettante, come dici tu, pigiare due tasti, dare due linee guida e FARSI – non FARE – FARSI cacare un’immagine da sbandierare al vento per essere e sentirsi subito creativi, subito artisti.
Già perché l’arte dell’IA vuole proprio loro in primis, quelli che covano dolore, rancore, quelli che provano invidia verso chi l’arte la fa e la studia da una vita, e magari ci lavora pure. Le doti creative sono da sempre un DONO della natura, per molti ma non per tutti. Ma quanto è difficile accettare tutto ciò, soprattutto oggi dove TUTTI vogliono essere creativi.
Sono così presi da loro stessi e da questa possibilità veloce come il menù di un fast food che non si pongono minimamente il problema di chiedersi che cosa sia in realtà realizzare un’opera creativa. Non sanno che arte non è solo prodotto creato, ma una lunga fase di nutrizione e digestione di ciò che pulsa e vive nel più profondo e inconscio IO. Oggi ci ritroviamo dinanzi ad un branco di egoidi (soprattutto di chi la sta utilizzando massicciamente in ambiti lavorativi) che non farà altro a parte fomentare e imporre un processo netto di STERILIZZAZIONE della creatività.
Un’immagine perfetta sotto tutti i punti di vista e totalmente fredda e asettica, spogliata della vita, del calore, delle pulsioni date dalla lotta dei sentimenti, e soprattutto dalla funzionalità dell’errore. Quante volte nel corso della nostra storia un errore in un prodotto creativo, si è dimostrato in finale la sua stessa completezza e perfezione?
La storia creativa dell’uomo ne è piena. E pensare che la creatività dovrebbe essere una delle poche cose da difendere e accudire. E da sempre stata la parte più importante dell’uomo, se ci pensi è grazie alla creatività che ci siamo evoluti, che ci siamo allontanata dello stadio animale, è grazie alla creatività che noi ci siamo RI-creati e RI-generati. Basta guardare la storia, sempre se non la vogliono cancellare…ops!
VOLGAR: in ambito doppiaggio e speakeraggio, dove il conformismo progressista spadroneggia da sempre, hanno aspettato che la merda arrivasse al culo prima di prendere provvedimenti contro voci artificiali e clonazione vocale. Ora che la bomba è scoppiata, tentano di correre ai ripari, terrorizzati di restare senza scopo nella vita.
In realtà, sarebbe bastato legiferare per tempo; e questo vale per qualsiasi settore professionale. L’omicidio è proibito dagli albori della civiltà semplicemente perché uccidere un uomo è vietato. Tanti di noi vorrebbero uccidere qualcuno, ma non si può fare, punto. E allora perché non gestire parimenti un veleno antropologico, merceologico e socio-economico, come l’Ai, che lascerà sul lastrico miliardi di lavoratori in tutto il mondo, nel silenzio sia dei destroni corporativisti, sia dei compagneros coi pugni al vento?
Perché l’Ai conviene a tanti, purtroppo: ai pigri, agli incapaci, ai conformisti, al Potere, che attraverso di essa può finalmente fare tabula rasa di millenarie consapevolezze tradizionali basate sulla scrittura, sostituendole con contenuti digitali centralizzati e modificabili in tempo reale che impartiscono (soprattutto ai giovani) istruzioni sociologiche di corto respiro a base di schwa, cazzate climatiche, transizioni di genere e corbellerie sanitarie d’ogni sorta.
RENATO: anche questa rivoluzione digitale, come è sempre stato e sempre sarà, vive mascherata da evoluzione e miglioramento della vita dell’uomo. Ma è il lato distruttivo a prevalere. Non vedo un cambiamento positivo come molti si aspettano e blaterano… gli ottimisti e gli entusiasti, che grave piaga! Come dici tu, la preoccupazione più grande è il forte impatto degenere che avrà sulla nostra società lavorativa.
Il massiccio utilizzo di tecnologia avanzata porterà ovviamente ad un riassetto generale, sterminando ancora di più posti di lavoro e lasciando un’alta percentuale di umani “sulla strada”. Molti affermano che questo non va visto come un problema, perché con la scomparsa di una certa tipologia di lavoro, si genereranno nuovi impieghi da svolgere, nuove forme lavorative e tutto sarà in perfetto equilibrio.
A me vien da ridere dinanzi a tali affermazioni. E indubbiamente vero che si svilupperanno nuove professioni (legate soprattutto alla gestione di tutto ciò che è tecnologia), su questo non ci piove, ma la differenza sostanziale, per me, sta nel fatto che ci sarà una sproporzione abissale tra offerta e richiesta.
Mi spiego meglio. In un supermercato abbiamo bisogno di tot figure professionali per i diversi reparti di cui è composto. Se io inizio a sostituire con la tecnologia alcuni di questi reparti avrò un tot numero di professionisti che non mi servono più. Ma avrò bisogno di un nuovo numero di professionisti per gestire la tecnologia inserita in questi reparti.
Ma il numero di questi professionisti non sarà mai equivalente a quello eliminato per introdurre tecnologia. Se per un supermercato ci vogliono 50 lavoratori, con le nuove efficientissime tecnologie in grado di sostituire tutte le mansioni di 30 lavoratori, si avrà bisogno solo di 5/6 esperti che gestiscano queste tecnologie.
Si applichi questo a tutto il sistema azienda mondiale tira le somme. Si saranno generati 1000000 professionisti Ma 1000000000000000000 lascianti a rovistare nella MONNEZZA. Visto che la nostra vita lavorativa è basata sulla produzione, e visto che l’inserimento della tecnologia coprirà buona parte del processo produttivo, mi spiegate che cazzo di altri nuovi lavori dovranno inventarsi per farci campare?
Una volta che hai il numero sufficiente di addetti allo sviluppo e controllo che cazzo di lavori devi inventare più! Dovremmo avere il famoso balzo socio-culturale, dovremmo ri-ragionare il nostro modus vivendi, la nostra intera struttura sociale. La dovremmo totalmente riscrivere per livellare il tutto, perché di questo passo andremo direttamente verso una netta demarcazione tra classi sociali, totalmente ricca e miseramente povera.
E pensiamo che chi sta in “alto” è disposto a rinunciare alla sua privilegiata posizione a favore di un equilibrio collettivo? Ma suvvia! Siamo umani, siamo merdosi e infami gli uni contro gli altri da tempi immemori e l’essere umano sotto questo punto di vista non mi ha mai deluso. Viviamo di utopia, ma la lasciamo lì, preferendo il tirare avanti come un branco di coglioni, consapevoli del tutto, ma fieri di mantenere inalterato lo stato delle cose. Il dolce sguazzare nella merda eletta a nostro status naturale.
VOLGAR: Non saprei che aggiungere. Quindi facciamo così: io ti spiego perché una voce fatta con l’AI è una voce senza vita; e tu mi spieghi perché un disegno fatto con l’Ai è uno scarabocchio senza valore. Nel caso della vocalità, recitativa o canora che sia, il suono è prodotto dalla pressione fisica dell’emissione diaframmatico-polmonare contro la capsula microfonica; quindi è frutto di un’azione meccanica muscolare e volontaria, ergo creativa, del cantante. Tant’è vero che quando doppi un androide, un Dalek, o banalmente la voce di un computer, al netto dell’effetto “robotico” che poi mettono al mix, tu non puoi “respirare” all’interno delle battute, poiché le voci sintetiche sono appannaggio di macchine; e le macchine non hanno polmoni perché non hanno vita. Quindi come potrebbe mai una voce sintetica essere confusa con una voce umana? In un modo solo: con un mitra puntato alla testa che ti ordina di farlo.
A te la palla, Renato.
RENATO: sostanzialmente credo che ciò che differenzi un’immagine creativa umana da una fatta in IA sia il processo alchemico. Creare arte è un processo complesso in cui viene tirato in ballo molto più di quello che si pensa. Un’immagine, un’opera d’arte, per essere concepita necessita dell’impiego di tanto e di tutto, partendo dalla semplice ispirazione di un determinato momento o attimo della nostra quotidianità che viene poi iniziato ad essere sporcato, smontato e decodificato mentre viene sovraesposto al conflitto dei sentimenti che albergano in ognuno di noi (da quelli più consci a quelli più inconsci e magari anche dai recessi più bui e nascosti del nostro animo che non abbiamo mai avuto il piacere di conoscere). Il tutto manipolato dal subconscio che, come un folle scienziato, impasta questo magma spappolato di informazioni e le filtra attraverso noi per poi farci vomitare la sintesi di una risposta complessa, dettata in una seconda lingua sconosciuta ed indecifrabile di cui siamo dotati fin dagli albori della nostra esistenza. Credo che la gestazione dell’opera creativa sia un dialogo tra noi e questo misterioso alchimista (il subconscio) e l’opera d’arte la risposta simultanea da ambo le parti a quel dialogo. Dialogo che può durare giorni, settimane, anche anni. Ed in quella risposta viene racchiusa tutta l’energia, tutto il calore e tutto quello che vi è stato tirato in ballo. E un costrutto vivo e pulsante, è una fotografia di questi atavici momenti tra noi e l’altro noi. E questo è tutto quello che manca ad un’immagine generata in IA. E’ solo un collage riuscitissimo, un’equazione visiva evoluta e nulla più. Fatto per essere divorato e dimenticato all’istante, in perfetta in perfetta sincronia con l’attuale modus vivendi del “magna e caga”.
VOLGAR: Manzoni, Pirandello, De Filippo miravano a raccontare l’Essere umano per ciò che è e per come Dio lo ha progettato, con i suoi pregi e i suoi difetti. Questo è l’aspetto che maggiormente ha ispirato la creatività letteraria dei grandi scrittori a cui tutti noi dobbiamo ciò che la cultura umanistica ha forgiato di generazione in generazione.
La digitalizzazione fa esattamente l’opposto: cancella qualsiasi sedimentazione culturale per sostituirla con pillole di idiozia stile tik-tok. Cosa ne sarà della pittura, della scultura e delle arti visuali tutte?
RENATO: credo che l’arte in generale abbia già esaurito il suo ciclo vitale da un bel po’ di tempo. Il mondo, la nostra esistenza, noi, quello che ci circonda, quelle che percepiamo, quello che vediamo è limitato e non infinito, e quindi se prendi l’arte come strumento di analisi per quello che ho appena elencato noterai che ha già raccontato tutto il possibile che poteva raccontare.
Oggi vedo molta apparenza, retorica e vuoto creativo nella cosiddetta arte contemporanea. E forse è giusto cosi, perché descrive al meglio il mondo in cui viviamo. Più che arte è la creatività quella che bisogna preservare, quella libera, non soggetta a nessuna costrizione esterna, a nessun condizionamento da parte dell’ignoranza globale.
Mi chiedi che fine faranno le arti visive? Credo che continueranno a esistere, ma nell’underground. Solo per appassionati di vintage!!! Ragazzi mettiamoci in mente che l’arte digitale verrà comunque imposta e sarà destinata a rimanere e ad avere un ruolo predominante nella nostra esistenza culturale. Sono troppo grandi gli interessi dietro di essa, sono già troppi gli zeri che sta generando nelle “giuste saccocce”, e sono già in tanti che hanno sacrificato l’etica a favore del pixel!
VOLGAR: Ho letto che hanno dato il Nobel all’AI; ho dovuto verificare la notizia per quanto pareva assurda. E’ notorio che il premio Nobel è stato da subito il trofeo di benedizione globalista con cui incoronare i pensatori più servi; ma con questo conferimento intendono andare oltre, consacrando giuridicamente l’equiparazione fra Uomo e macchina (macchina programmata dagli stessi padroni che gestiscono il Nobel).
RENATO: Addirittura già il Nobel!?! Ma non solo, amico mio! Ha già vinto concorsi di pittura, di fotografia, già pubblica romanzi e fumetti, già fa cinema! Aspettiamoci il momento in cui inizierà a vincere premi anche alle sagre di paese… Il problema non sta di certo nell’assegnazione di premi, meriti o riconoscimenti.
Il problema sta nel fatto che queste “mossette” non fanno altro che iniziare, piano piano, a normalizzare e abituare il gregge alla sua presenza, come se fosse “uno di noi”. Più là normalizzi, più la rendi comune e più ti ritroverai con meno ritorsioni intellettuali da fronteggiare. Avrai sempre meno ostacoli. Non si può abbattere un bene in mano alla massa. La massa vince e preserva, sei tu che perdi.
VOLGAR: Renato, andiamo sul pratico: tu hai disegnato il cazzo della copertina del nostro album “Soqquadro Tanz”. A parte il fatto che nessuna AI di regime avrebbe obbedito a comandi finalizzati a disegnare un cazzo che sfonda una mascherina pandemente, dato che l’Ai è programmata dallo stesso nugolo di immondizia transumana che ha messo su tutta quella baracconata psico-sanitaria. Ma soprattutto, non è stato più emozionante rifarti a un ideale fallico statuario che non ad un papocchio di dati raccolti, scelti ed elaborati da chi il cazzo del maschio bianco e patriarcale non l’ha mai visto manco in cartolina?
RENATO: Ma certo! Io ho dovuto creare il giusto cazzo che riuscisse a esprimere al meglio quello che i Deviate volevano comunicare. La creazione ti fa sentire al pari di Dio il più delle volte. Il processo di creazione della copertina di Soqquadro Tanz e stata una vera sfida per me. Chiedete a Volgar quante prove di cazzi abbiamo scartato prima di trovare quello giusto.
Detta così potrà anche farvi fare una ghignata, ma al di là dell’ironia (sempre sia lodata, cosa che L’IA non possiede oltretutto) il punto è un altro. E proprio la sfida, la stimolazione delle proprie capacità creative, la sinergia creata con altre creatività affini che rende il tutto vero e non finto come quei patinati JPG.
Quelle immagini non hanno nemmeno una storia da raccontare a differenza del cazzo dei Deviate! Inoltre, ora che me lo hai fatto notare nella domanda, pensa anche ad uno dei grandi paradossi che vive nelle IA. Gli viene permesso di poter distruggere e sostituirsi alla creatività umana, ma non può dire, immaginare o assembrare “parolacce” …
Se fra di voi lettori esistono cinefili incalliti come il sottoscritto ricorderete una delle celebri frasi del Colonnello Kurtz (magistralmente interpretato da Marlon Brando) in Apocalypse Now: “Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere ‘cazzo’ sui loro aerei perché è osceno”.
VOLGAR: …credo di amarti (anche) per risposte come questa. Sei, inoltre, il disegnatore della copertina di “Fiabe Bandite”, il progetto della Masked Dead Records contro la cancel culture nelle fiabe. Da fumettista, appassionato di fumetti e di tutto l’ambito cartoonesco, non trovi patetico che il politicamente corretto stia facendo man bassa di satira, umorismo e verità storiche nel silenzio di tanti appassionati e addetti ai lavori?
Se tu obblighi un disegnatore a sbiadire la mordacità di una vignetta o a lordare Biancaneve di nero, tu stai violentando la realtà, la libertà e la serena percezione di un professionista. Ergo sei un criminale da disprezzare e a cui disobbedire. Il problema è che oggi siamo rimasti in pochi a saper disobbedire…
RENATO: Cancel culture e politicamente corretto non troveranno in me un facile alleato. Se tu obblighi un cambiamento su una “cosa” che è sempre stata quella e che è radicata nell’immaginario collettivo, non stai più raccontando quella “cosa”, stai facendo confusione, o meglio stai facendo una paraculata che non porta da nessuna parte, per ambo le parti.
La gente da Biancaneve vuole sentirsi raccontare la solita stessa cazzo di storia perché quello è. A Biancaneve non puoi affidare il peso dell’insegnamento per un nuovo cambiamento perché la sua figura e la sua storia appartengono a un passato che non è più il nostro; lei come altre storie prese di mira dalla cancel culture.
Vive di canoni che non sono più quelli odierni. Biancaneve non potrà mai avere questo ruolo perché non sarà mai funzionale per questo ruolo. Non potrà mai essere avatar di una nuova rivoluzione culturale. Lei è fatta e finita, figlia del proprio tempo. Se si ha bisogno di raccontare la questione legata all’inclusività, si inventino nuove storie e nuovi personaggi che parlino di questo.
Inoltre le crociate della cancel il più delle volte sono proposte e attuate con una buona dose di ignoranza alla base. Davvero si pensa di poter cambiare tutto eliminando il passato?
Cazzo, il passato va conservato e studiato proprio per non commettere gli stessi errori! Pulire e riscrivere la “roba vecchia” serve a generare la grande rivoluzione? Ma la roba vecchia appartiene a un passato, è figlia di quel tempo. Non è che se riscrivi Cenerentola magicamente tutto si aggiusta. Ripeto, create nuove storie nuovi personaggi che parlino per voi e che rappresentino voi. Ma veramente si pensa che quello che sta facendo la Disney e altre aziende sia per giusta morale?!
Che stia attuando questi cambiamenti per insegnare a tutti la retta via? Mi viene da ridere, ma cosa se ne frega la Disney delle problematiche nostre e vostre? Alla Disney frega solo di avere i vostri e i nostri soldi (che ve li prende facendovi credere di essere dalla vostra parte) e di avere il consenso del suo pubblico pagante.
Se la gente vuole che Babbo Natale sia alieno perché gli alieni hanno diritto a bla bla bla, la Disney farà Babbo Natale alieno, e come lei tanti altri!! Gridate alla vittoria, con cosa, con la Disney? Che già da gran paracula sta cambiando tiro, la gloriosa e corretta Disney. Ma cazzo svegliatevi e siate più intelligenti. Fanno caciara sull’inquinamento ma internet e cellulari di ultima tendenza (bellicosamente inquinanti), protestano sull’eticità del cibo e magnano la merda da strada (15 euro per un’insalata di riso…ah no, scusate, poke…).
Si sentono outsider e per far arrivare al mondo la loro voce (tutto filmato con cellulari non biologici) imbrattando Van Gogh. Cazzo, Van Gogh! Forse uno dei più grandi outsider della storia. Quel gesto, imbrattare il quadro di Van Gogh, significa denigrare la sua persona, la sua sofferenza il suo animo e la sua vita tormentata. Le opere di Van Gogh sono la testimonianza fotografia della sua disperazione.
Van Gogh è stato umiliato e denigrato una seconda volta con quel gesto idiota. E non hanno capito che imbrattandolo hanno imbrattato loro stessi. Le proteste vanno ponderate e fatte con intelligenza (anche con violenza se necessario) non così, senza un minimo di cultura alla base, come una baracconata da pochi spiccioli. Il mondo si cambia non eliminando un film, un verso o fare Biancaneve sovrappeso, si cambia eliminando le definizioni, non creandone di nuove. Le definizioni sono una gabbia all’interno di una prigione, fin quando non ci si libererà verbalmente e concettualmente delle definizioni tutti continueranno ad essere schiavi e mai padroni.
VOLGAR: secondo te, il mercato giapponese si (e ci) salverà da quest’olocausto di libertà creative?
RENATO: non credo. Il mercato Giapponese storicamente è sempre stato molto libero in ambito creativo. Chi ha avuto la fortuna di crescere con i cartoni giapponesi degli anni 70/80/90 lo sa. E aggiungerei anche la produzione cinematografica, sempre avanti rispetto ai tempi, sempre estrema e di grande avanguardia. Hanno fatto scuola, ma l’occidente non ha mai veramente imparato la lezione, è sempre stato un pessimo studente. Il Giappone è un mondo a sé, ma anche da loro si avvertono i primi cedimenti. Sono già iniziati a circolare alcuni manga realizzati in IA, recentemente hanno fatto il remake dell’anime RAMNA ½ spogliandolo di tutta la amorale malizia ed ironia per rendendolo più “adatto alle nuove sensibili generazioni”.
Sono piccoli casi ma purtroppo è anche vero che il mercato giapponese sta attraversando una forte crisi di vendita dei suoi prodotti all’estero. E tempo che per salvare soldi e baracca non tarderanno a mitigare un po’ di più le future produzioni per essere più in linea con il resto del mondo. Le mie sono supposizioni, magari mi sbaglio di grosso, ma non nego che mi manca la sua vecchia carica dirompente.
VOLGAR: apprezzo molto la drammatica sincerità di questa tua risposta. A forza di edulcorarci alle verità più scomode, noi siamo precipitati così in basso.
A proposito, hanno ucciso Joker: hanno subordinato il suo essere Joker alla sottonaggine verso quella nana nasona (ehm ehm) di Lady Gaga e, infine, dopo una bella inculata da parte del regime (dato che la sua resa drammaturgica avviene dopo la sodomizzazione in carcere) lo convincono a diventare un agnellino.
L’industria woke, esattamente come quella Metal, sta riconvertendo l’assetto emulativo del pubblico da eroico-centrico a ovino-centrico, così da placare sul nascere i bollenti spiriti dei giovani che per indole dovrebbero ribellarsi al potere.
RENATO: guarda io il film non l’ho visto per due motivi:
1 il mio disinteresse sull’inutilità di un seguito di un buon primo film
2 mi fanno cagare i musical
Ho letto molto su questa pellicola e praticamente so tutto quello che c’è da sapere. Con questo seguito che altri non è se un grande spot per il nuovo album di Lady Gaga e un tentativo becero di monetizzare sul successo del primo, sono tranquillamente riusciti a distruggere il concetto e il messaggio che il primo film voleva dare. Sai che il primo Joker non lo volevano distribuire perché c’era paura che la gente si lasciasse trasportare troppo dal personaggio e dalle sue motivazioni troppo in linea con il malumore generale e il rischio di “accendere la miccia” era alto?
Quel film empatizzava troppo con il malessere generale di quel periodo, quel film dava la risposta, quel film ci diceva inconsciamente ciò che andava fatto perché quando lo si guardava, ognuno di noi si rivedeva nella figura di Arthur Fleck. Socialmente non ce la passavamo benissimo (io, per esempio, avevo appena perso il mio contratto di lavoro), l’aria in generale era molto satura di “malcontento” ed il rischio di emulazione era alto.
E tutti lo dicevano, e tutto lo pensavano “SIAMO JOKER!!” Ma ovviamente l’orgasmo emotivo si esaurì e tutti tornarono a brucare l’erba. Su questo seguito non mi pronuncio. Avendo già un’idea di come sia non vale il mio tempo e interesse. Credo inoltre, per che i giovani odierni siano più interessati a seguire gli insegnamenti dei loro idoli Trapper, (sesso e samba con un bel po’ di bamba) piuttosto che lasciarsi ispirare da personaggi come Arthur.
La miglior medicina per la sedazione la posseggono già, si chiama TIK-TOK, da prendere più volte al giorno a stomaco pieno o vuoto, lontano e vicino dai pasti, prima di andare a letto e dopo essersi appena svegliati. Assumerne in quantità non limitate, può avere ottimi effetti collaterali. Fine dello spot.
VOLGAR: In conclusione, la differenza fra noi Uomini liberi e loro, gli ominidi digitali, è banalissima: noi possiamo usare l’AI come una lavatrice o un frullatore quando vogliamo, e poi darle fuoco per puro capriccio (come faccio con lo smartphone nel video di “Don’t Just Use The Music, Possess It!”); loro, al contrario, non potranno mai più tornare a essere umani né affrancarsi dall’ovile digitale che li gestisce come agnellini.
Ecco perché fanno di tutto per convertirci al loro credo, per contaminarci con i loro stili di vita artificiali, per inocularci a tradimento i loro intrugli nano-tecnologici e fare così piazza pulita di qualsiasi termine di paragone purosangue preesistente al declino transumano in atto.
Ma noi non glielo consentiremo, anzi, continueremo a far sfigurare la loro aridità creativa, suddita e omologata, davanti alla nostra libertà “di noi eletti da noi ad eleggere Dio” (autocitazione dal mio speech su Kali Yuga Bizarre “purosangue edition”) .
RENATO: grazie mille per la chiacchierata Volgar e grazie anche agli amici di Sdangher.
Che L’inferno NON ci sia lieve!
RENATO FLORINDI
Suaviter, G/Ab VOLGAR