Carissimi lettori di Sdangher, ogni tanto mi piace ritirare fuori dall’archivio della memoria qualche episodio particolare accadutomi nella mia lunga “carriera” metallica. Vi avevo già raccontato di Blaze Bayley e dei Litfiba se non sbaglio. Mi perdonerete se la memoria non è così vivida, ma a volte sono passati alcuni decenni, e non tutto è a fuoco. A differenza di altri, che vantano liste dettagliate di concerti visti, dischi comprati e amenità del cazzo da megalomani pieni di sé, che amano sfoggiare per vantarsi e farsi belli, a me queste cose danno solo fastidio. Quindi lo spirito con cui tiro fuori, molto saltuariamente questi flussi di coscienza, è dettato dalla voglia di fissare dei ricordi e condividerli con chi potrebbe farsi un’idea di cosa accadeva quando ancora era piccolo o non era nato, oppure c’era e ha piacere a ricordare anche lui. Tutto qui, nulla più, nulla meno.
Correva l’anno domini 2000, e in quel tempo vivevo ancora in Piemonte. Da due anni scrivevo già a livello professionale, collaborando (pagato) a diverse testate locali, alcune delle quali mi commissionavano articoli su cultura e spettacolo. Una buona occasione per parlare al pubblico anche di concerti, e ricordo con piacere che non era un tabù per loro ospitare sulle pagine eventi di heavy metal.
Ordunque veniva annunciato a Vigevano (in provincia di Pavia) per il 22 luglio il Powermad Europe 2000 Festival – A Day in the Castle, ovvero, l’edizione europea dell’americano “Powermad Festival” di Baltimora. La manifestazione, organizzata dall’Associazione Grandi Eventi e dalla rivista metal gratuita Metal Force era dislocata all’interno del Castello Sforzesco. a partire dalle ore 18.
Metal Force era una rivista gratuita, della Adrenaline Records e la Steelheart Records, che uscì con 26 numeri. Al concerto presi qualche copia, ma le ho perse in un trasloco o in uno dei due grandi alluvioni subiti. Se andate su internet c’è ancora il sito attivo (aggiornato fino al 2006).
L’occasione era ghiottissima: per la prima volta i Running Wild avrebbero suonato in Italia, accompagnati da Grave Digger, Domine e Moon Of Steel. Questi ultimi due non suonarono, da che ricordo, o se lo fecero non ne ho alcuna memoria. In fin dei conti sono passati solo 24 anni. L’anno prima sempre al Castello di Vigevano avevo visto, ancora a luglio, i Blackmore’s Night, ovviamente divorato vivo dalle zanzare della Lomellina.
Memore di ciò avevo con me una scorta di Autan mostruosa. Per inciso pagai il biglietto, 30 mila lire, ma mi accordai con una di queste testate di fare un live report e un’intervista a Rock’n’Rolf. L’organizzazione mi accordò il pass stampa, e così potevo incontrare il Re dei Pirati nel primo pomeriggio.
All’epoca usavo ancora un walkman per registrare le interviste, con le cassette, grigio metallico dell’Aiwa, e per l’occasione usai una Maxell UE da 60 minuti. Non ero solo quel giorno, nel gruppo di amici che era con me c’era il carissimo Vic Mazzoni, chitarrista dei Projecto, mio fratello e altri che non ricordo bene.
I Running Wild avevano appena inciso Victory, album che non mi aveva entusiasmato, così come il precedente The Rivalry. La band per me come eccellenza si ferma a Masquerade e dopo un declino lento e inarrestabile, degenera nelle ciofeche immonde dei giorni nostri. Speravo quindi in una setlist variegata e non un blocco dedicato all’album appena uscito e per fortuna così fu.
RUNNING WILD SETLIST
Fall of Dorkas
Raise Your Fist
Little Big Horn
Riding the Storm
When Time Runs Out
Under Jolly Roger
Soulless
Drum Solo
Prisoner of Our Time
Revolution
Kiss of Death
Victory
Conquistadores
Bad to the Bone
Come potete vedere suonarono molti dei brani più belli della loro discografia, con grande soddisfazione di tutti. Chi era il batterista al concerto? Non Angelo Sasso, ma non ricordo se Jorg Michael o un turnista, semmai me lo direte voi nei commenti all’articolo. Caldo asfissiante, sudore a litri, ma si gridava a squarciagola, soprattutto con Raise Your Fist, Conquistadores e Under Jolly Roger.
A fine concerto ero svociato, punzecchiato e stanco, ma felice. Prima di loro avevano calcato le assi i Grave Digger, ma a me non sono mai piaciuti, anche se nel 2000 con il loro ultimo Excalibur erano ancora in grado di scrivere belle canzoni. Paradossalmente il mio album preferito loro è Stronger Than Ever, a nome Digger (quello con Paperino culturista in copertina).
Analogamente ai Running Wild oggi pure loro sono alla frutta, con una sequela di dischi da bidone dell’umido. Dei Grave Digger ricordo a sprazzi qualche canzone, ma sono certo che passavo più tempo all’ombra e a bere che sotto al palco. Non mi interessavano e giustamente mantenevo le forze per i Running Wild. Suonarono bene, la scaletta era a posteriori molto interessante, bilanciata e ricordo una buona performance, ma ripeto, “it’s not my cup of tea”.
GRAVE DIGGER SETLIST
Pendragon
Excalibur
The Round Table (Forever)
Headbanging Man
Circle of Witches
Lionheart
Morgane le Fay
The Battle of Bannockburn
The Dark of the Sun
Knights of the Cross
Scotland United
Mordred’s Song
Rebellion (The Clans Are Marching)
The Ballad of Mary (Queen of Scots)
Heavy Metal Breakdown
Nel primo pomeriggio mi presentai armato di pass e biglietto all’organizzazione, per fare l’intervista con Rock’n’Rolf. Mi chiesero anche se volevo fare quella ai Grave Digger, ma con fare evasivo dissi di sì, ma poi rinunciai, non avevo né voglia né tempo da togliere ai Running Wild.
Mi feci però autografare da non mi ricordo chi Symphony Of Death. Ci chiamarono, e insieme ad altri giornalisti e qualche fanzinaro ci fecero accomodare sotto un gazebo, con seduto su una sedia di plastica da giardino Rock’n’Rolf.
Lo spazio era addobbato in modo strano, tanto che nella mia mente sembrava la tenda di qualche Tuareg o di Capitan Barbanera. Attaccai il registratore e quando venne il mio turno feci un po’ di domande. Il bello era che tutti avevavo il registratore a cassette, quindi venne fuori che ognuno aveva le domande e le risposte di ogni intervistatore, come una sorta di chiacchierata collettiva e condivisa.
Quindi ognuno di noi in realtà avrebbe pubblicato sulle rispettive testate la stessa intervista, parola più, parola meno. Per un attimo sentii (e non avvenne mai più) la vera “fratellanza metallica” applicata concretamente, in quanto concordammo in buona armonia che si sarebbe usato tutto il materiale per il nostro rispettivo lavoro.
Ho ancora ovviamente la cassetta, ma non la sbobinerò, non ne ho tempo e voglia. Sul lato B c’è una mia intervista dello stesso anno a Sarah Pierce, brillante cantautrice americana, che propone un bel mix di country, folk con qualche virata blues. Dove la incontrai proprio non ricordo, ma successe.
Torniamo a noi. Rock’n’ Rolf lo ricordo riservato e un po’ ombroso, cortese e gentile, ma distaccato emotivamente, lasciava fare ma fino a un certo punto. Finito tutto mi feci autografare una pila di vinili e cd, che scribacchiò con garbato e finto interesse, poiché si vedeva lontano un miglio che voleva fare altro.
Ma credo abbia pensato che chi, come me, aveva speso un sacco di soldi per lui, meritava questa piccola gratificazione. Concludo qui l’amarcord, con un velo di tristezza finale, perché le gioie e le chiacchiere gioise condivise quel giorno con Vic Mazzoni mi ricordano che non è più qui con noi. Spero che da dove si trova si unisca al mio ricordo e sorrida, pensando che abbiamo visto per la prima calata italica proprio i suoi amati Running Wild.
(Marco Grosso)