Sickening Gore – Un incipit testamentario

La storia dei Sickening Gore è corta e per nulla commovente. Hanno realizzato un disco nel 1993, via Massacre Records, etichetta “teteshka” attiva al tempo da solo un paio d’anni, ma che si dava molto da fare, immettendo sul mercato almeno quattro o cinque album al mese, non sempre apprezzati dai recensori nostrani. Questi “sfizzeri” però piacquero molto. Oggi nessuno li ricorda più ma erano bravi. Su Metal Shock, per esempio si beccarono quattro pugnali, con un elogio lapidario in conclusione: “finalmente un gruppo veloce che però sa anche suonare”.

Allora, l’album Distructive Reality, della durata di poco meno di mezz’ora, non è uno di quei titoli che gridano rabbiosi dalla tomba di essere riesumati e condotti in pompa sugli scaffali degli appassionati, in una nuova curatela ghiottona. Certo, ne è tornata a galla di merda, infiocchettata in barattoli di vetro con sopra scritto “Merdella”, quindi non mi sorprenderei se la Massacre decidesse oggi di rilanciare un prodotto d’annata come il solo e unico lavoro dei Sickening Gore; perché è invecchiato bene, è suonato alla grande e registrato da paura. Le sessioni si sono svolte in Germania sotto la guida del fondatore della Massacre, nonché musicista di talento e produttore capace, Torsten Hartmann (Atrocity, Anvil, Crematory, Fallen Angel). Ma credo sia una firma messa in calce a un lavoro seguito con la coda dell’occhio. Sono certo che il grosso della realizzazione sia stato gestito da Matt Burr.

Matt Burr infatti ha “ingegnerizzato”, mixato, suonato, cantato, composto e plasmato ogni angolo sonoro di Distructive Reality. Il disco è così suo da presentare una dedica firmata da lui stesso “al fratello Elrich”. Non so se fosse consanguineo o un fratello di fede metallica, ma così dice l’epigrafe “a mio fratello”. Sapete cos’è un’epigrafe, vero?

Di Matt Burr, validissimo autore, non si sa più nulla, così come si sono perse le tracce dei suoi Sickening Gore, appena pochi mesi dopo l’uscita dell’album. Insisto a parlare del lavoro di produzione perché ciò che scrisse il recensore di Metal Shock e che ho riportato all’inizio, sul gruppo veloce che però sa anche suonare, esprime bene una credenza diffusa in quegli anni e che era dettata da una comprensibile ignoranza. Vale a dire che il suono e la chiarezza dell’esecuzione dipendesse dalla band e dalle capacità tecniche dei musicisti coinvolti, quando la verità è che una simile qualità e brillantezza si potevano ottenere soprattutto grazie al sapiente lavoro dei fonici. Senza un tizio come Tom Morris, anche i Morbid Angel avrebbero fatto un gran casino.

Certo, la band doveva essere in gamba, dipendeva anche da quello, basti prendere la tremenda avventura dei Napalm Death ai Morrisound per capirsi, quando si spinsero fino in Florida per registrare Harmony Corruption e per poco Scott Burns non fece venire un esaurimento nervoso allo scafato ma totalmente caotico e naif batterista Mick Harris.

Quindi immagino che i Sickening Gore fossero bravi e capaci, ma se il disco è ancora così godibile e attuale nei suoni, posto che il death non abbia poi fatto tutta ‘sta strada in termini di evoluzione sonora, è merito di Hartmann e soprattutto Burr.

L’album è molto tirato, pesta sodo dall’inizio alla fine, mescolando i Morbid Angel e gli Slayer. Qualcuno pensa che siano una versione di questi ultimi ma più incattivita. Secondo me invece è evidente l’influenza di Trey Azagtoth e Dave Vincent per molti dei riff e dei grugniti. Per le liriche magari siamo più sul versante thrash. Niente satanismi o splatterosità. I temi sono seri e ficcanti. Si parla di politica, guerra, manipolazione delle masse, lussuria malata, degradazione socio-culturale. Mi hanno fatto pensare un po’ alle cose che buttava giù Gary Holt con gli Exodus al tempo di Impact Is Imminent.

Nonostante i pregi generali di questa bella vongolozza, sono d’accordo con la maggior parte di chi ne ha scritto, sia al tempo dell’uscita e soprattutto negli anni successivi. Una volta aperta la coccia, non c’è dentro nessuna perla luccicante. Si tratta di un lavoro della categoria “Stillborn”, vale a dire mai venuto veramente al mondo. Se il gruppo avesse continuato a realizzare dischi negli anni successivi, piano piano si sarebbe conquistato un posto nella storia del genere; e Destructive Reality avrebbe guadagnato spessore tra gli appassionati. Da solo, come testamento, non basta.

In Italia arrivò nel 1994, l’anno peggiore nella storia del death metal. Se vi piace riesumare le cancrenose chicche del vecchio metallo estremo anni 90, accomodatevi. Sono sicuro che voi amanti del genere non rimarrete delusi. Suppressing Of Being ha una buona atmosfera cimiteriale qui e là; Ancestral Hate è un buon avvio per il massacro e Blood For Tears ha un fraseggio armonizzato di chitarre che mi ricorda certe progressioni sinfoniche di Bernard Herrmann, Il compositore di colonne sonore dei film di Hitchcock.