Artista: Death SS | Fotografo: Simona Luchini | Data: 15 aprile 2022 | Venue: Live Club | Città: Trezzo sull'Adda (MI)

IDOSS – La Morte era morta ma poi è risorta

Domenica 15 Settembre 2024 si è consumato il classico “rito”: l’esibizione live dei ns Death SS…ma quest’anno c’era qualcosa in più, una vera e propria resurrezione con il set dedicato interamente a In Death Of Steve Sylvester riprodotto on stage dalla (quasi) formazione dell’epoca… e finalmente sul palco è tornata lei…the Death!!!
Tutto qui?! direte voi, no, certamente! Mi sono goduto tutto lo spettacolo dall’alto e ho deciso di scriverci due righe!

Quando mesi fa pubblicarono il cartellone del festival di Metalitalia e lessi dello special show che si sarebbe tenuto, mi sono accaparrato il biglietto in 10 secondi. IDOSS è  un disco veramente iconico, non il “migliore” in senso stretto ma sicuramente storico, poterlo ascoltare suonato dalla formazione che lo aveva registrato nell’87 (ok c’erano anche dei pezzi suonati da Caroli dei Sabotage e c’era Fois) era un’occasione unica!

E poi c’era lei… la Morte! Da diversi anni sul palco è rimasto solo lo Zombie alla chitarra mettendo da parte la figura secondo me più “forte” dopo quella del vampiro Sylvester . In più, come detto, in questo caso il chitarrista sarebbe stato quel Christian Wise che con la super chioma bionda (che all’epoca pensavo fosse reale) ha calcato il palco allora per le date successive alla pubblicazione del disco. Chiudevano il cerchio Boris Hunter alla batteria (Domenico Palmiotta) ed Erik Landley (Ezio Lazzerini) al basso con l’innesto del mitico Andy Panigada nel ruolo del morto vivente, giusto tributo a uno dei migliori compositori dei Death SS anche se sempre da esterno; e di Freddy Delirio alle tastiere.

Tralascio qualsiasi discorso su location e organizzazione, devo dire veramente fantastiche entrambi ma già lo sappiamo, e passo al concerto vero e proprio.

Conquistato il posto sulla terrazza di fronte al palco, che mi è costato un’ora e passa di Cirith Ungol, trepido nell attesa del primo set che vede esibirsi la formazione attuale con un agile “best of”.
Aldilà dei piccoli problemi tecnici iniziali, tipo la chitarra di Ghiulz non pervenuta in apertura concerto, tutto è girato a mille, con Steve Sylvester in forma e la band che macinava canzoni con il pilota automatico. Let the Sabbath Begin, Cursed Mama, Horrible Eyes, la più recente Zora (menzione speciale alle performer che sono veramente affiatate e hanno creato uno show nello show) fino al finale con l’anthem Heavy Demons.
Tutto perfetto, suono al top, giochi di luce a profusione e tanta attitudine.

E arriviamo finalmente al momento che (probabilmente) tutti attendevano di più, tanto era una certezza la prima parte quanto non si sapeva cosa aspettarsi dalla seconda, rimettere in piedi una formazione dopo più di 30 anni non è uno scherzo, aldilà del fatto che tutti i musicisti coinvolti non sono di primo pelo, la chimica e l’amalgama si creano con il tempo.

La prima cosa che salta all’occhio è “l’ambiente” che si è creato nell’attesa che il concerto abbia inizio, dove prima era tutto gioco di luci ora c’è solo buio e nebbia, poca illuminazione e fissa, uno strato di fumo perenne alla base, un’atmosfera cimiteriale perfetta per il salto all’indietro nel tempo. La band attacca a 1000 con Murder Angels, poi Zombie, Death per arrivare a chiudere il cerchio con Vampire e con quella Come to The Sabbath che viene “cantata” da tutto il pubblico.

In questo non hanno inciso le sbavature di suono, anche se a conti fatti era tutto molto ‘80 e quindi ci stava; e soprattutto quelle tecniche. A volte i meccanismi non erano oliati alla perfezione, lo stesso Sylvester si è trovato “spaesato” facendo delle acrobazie vocali per ricadere nel punto esatto della canzone e in quei momenti ho compreso meglio anche la presenza di Freddy, che ha fatto da “direttore musicale” ricompattando i ranghi dove necessario con le sue presenti ma discrete tastiere e il suo supporto vocale.

Escludendo queste note “tecniche” che lasciano il tempo che trovano, il concerto ha dato ai fan quelli che volevano:un ora di funzione “funebre” che ha riprodotto al 1000% il fascino del disco, gente immobile che assisteva alla cerimonia in totale estasi, dimostrando che i Death SS “di una volta” erano davvero un’altra cosa, e non intendo migliori o peggiori, erano semplicemente un’altra entità che poteva reggere musicalmente tutto il concerto anche con uno spettacolo “minimale” ( i must come la suora e la croce “fiammeggiante” ci sono stati) perché lo zolfo emanato dalla musica e dallo show lasciavano tutti attoniti.

ps Niente più parruccone biondo per Christian Wise ma stesso identico fascino anche con il nuovo look!!

Demian De Saba