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I Conan e il metal statico che ci sta ammazzando

Ho da poco sentito il terzo disco dei Conan.  Al tempo di Monnos scrissi una delle mie recensioni più deliranti proprio su quell’album, rimasi sorpreso dalla possenza del suono, dalle visioni che un tale magma riusciva a ispirarmi. Con il secondo devo riscontrare che siamo alla ripetizione di quel disco, con poche varianti e non significative. Loro non sono cambiati. Io sì e non mi esalto più per lo stesso piatto di tre anni fa.

Avrei scommesso sui Conan e adesso mi ritrovo a vederli tignosi e invischiati nella stessa matrice dell’inizio. E come loro tanti altri. Ora, non vorrei iniziare la solita lagna sui vecchi tempi, ma vengo da un tempo in cui le band si evolvevano. Si differenziavano a ogni disco, magari non in modo vistoso come i Paradise Lost o i Cure ma restando in ambito metal i gruppi crescevano in termini di tecnica, di ambizione e di suono (e budget e label e popolarità).

Certo, nel 1984 c’era ancora da definire un genere intero, dimostrarne le possibilità anche a livello commerciale. Per dire, i Kreator partirono che sapevano suonare a mala pena e in quattro dischi diventarono tecnici e rifiniti a livello impensabile se vediamo da dove erano partiti. Essendo gruppi metal non è che ci fosse molto da fare: le band iniziavano cercando di superare in termini di potenza, velocità e brutalità le precedenti. Come contenuti ecco che si faceva a gara a chi era più osceno e ambiguo, ma sul piano musicale l’obiettivo di tanti era quello di scrivere una cazzo di ballad prima o poi o magari comporre una bella suite progressiva di dieci minuti. Per il resto pestar sodo e pedalare.

Negli anni novanta le cose divennero più complesse se parliamo di evoluzione. Band partite con il death più impresentabile finirono per battersi in classifica con George Michael e nomi tra i più integralisti della distorsione chitarrosa si convertirono al credo elettro-ambient subendo accuse di vendere il culo.

Li faccio i nomi, Entombed, Carcass, Moonspell, Amorphis, Satyricon, praticamente i più rappresentativi  furono anche i più vilipesi. L’accusa di commercializzazione ormai è in voga giusto nel fan club di Pisa dei Manowar, perché il pubblico metal ha capito, ha apprezzato e rivalutato dischi come One Second, Swansong, Load, Host… IV degli Anathema ehm, no Host ancora no (ma siamo fiduciosi per il 2030).

Si evolvevano, mollavano certe sonorità estreme, rifugiavano la definizione di heavy metal perché dovevano spingersi in lidi dove la creatività potesse continuare a sentir lo stimolo, per non morire, per crescere e il pubblico metal con loro. La domanda che pongo quindi è: perché oggi non è più così. Sarà un caso che oggi, con la disastrosa situazione commerciale, con la totale mancanza di introiti per la vendita di album, i gruppi vecchi e nuovi, tranne qualche eccezione, ripetano lo stesso disco?

Le nuove band rispetto alle vecchie nascono già mature. La loro identità ce l’hanno ben precisa in testa, nell’estetica, l’attitudine, il sound, il sottosottosottogenere scelto. Come tanti bambini scelgono di essere una cosa già esistita: io sarò doomster, io stoner, io defender. Partono a razzo e il loro disco è praticamente ciò che volevano, ciò che avevano da dire. Farne una carriera significa ripetere il concetto. Non c’è altro da aggiungere. E guarda caso non c’è nemmeno una grossa label che fa pressione, non ci sono i soldi, né ora né mai, non c’è un pubblico vastissimo che riempie uno stadio di punto in bianco il giorno che sei riuscito a beccare una hit. Non c’è altro che internet, i concerti pagati dal gruppo, la vendita delle magliette. Non so chi l’ha detto ma oggi una band è un consorzio che vende magliette e occasionalmente fa dischi e concerti.

Forse che le band non erano così portate all’evoluzione negli anni 90 se non avessero avuto tutta quella pressione addosso? La pressione c’era. I Carcass implosero per via della Sony che li tartassava al fine di fargli sputare una specie di new black album. I Carcass stessi ammisero poi di aver subito il fascino della popolarità. Oggi questo non succede più. La band di Walker e Steer è tornata, ha fatto un disco quasi coerente con il passato e Swansong ma cosa succederà adesso? Un altro Surgical Steel ?

Le band ora sono felici da questo punto di vista. Finalmente facciamo quello che vogliamo noi. Non ci obbligano a seguire le mode, le tendenze, ad alleggerire, tagliare, smussare gli spigoli. Ok, ma ecco il risultato? Sono tutti fermi a girare in tondo? C’è una produzione di album spaventosa. Un recensore ha, facendo una cernita severa, almeno tre dischi da scaricare e su cui scrivere al mese. Ogni due anni esce un nuovo disco di qualsiasi band. Ed è sempre la stessa roba.

Attenzione. So cosa pensate ma quello che credo io invece non è un’accusa di vendersi al metal, in differita di vent’anni. No, io credo che questa sia semplicemente la quotidianità. Il metal di oggi è così. Non ha bisogno di camminare. Di evolversi, di sognare. Si accontenta di fare e dare quello che gli viene meglio. I nuovi gruppi non si sentono in dovere di far altro che ciò che il pubblico desidera da loro. E il pubblico non gli chiede di cambiare, di buttare a mare le distorsioni pesanti e passare alle tastiere. Il pubblico non vuole dischi controversi, vuole solo che i gruppi facciano ogni volta il più gran disco metal di sempre. Se ci sono riusciti una volta possono farcela ancora. Ecco spiegato come mai tanti si sono fiondati sull’ultimo Megadeth, anche se ormai è madre natura che nega a Mustaine la possibilità di creare un nuovo Rust In Peace. E Megadave è la dimostrazione che nonostante la mancanza di guadagni, un pizzico di irrequietezza creativa gli artisti ce l’hanno ancora, ecco perché Supercollider. Ma siccome ha fatto schifo alla gente, fermati lì. Torniamo indietro. Diamogli le solite quattro minchiate e facciamoli tutti contenti, non peggioriamo ulteriormente la situazione.

La staticità è l’essenza del metal moderno inteso come oggi, ora, domani e forse dopodomani. Se vi piace il debutto di un gruppo ok, godetevelo. Se però decidete di puntarci sopra per il futuro del genere, che necessariamente non può essere tale e quale al passato (ma perché no, dice il moderno) allora tenetevi il primo disco e cercate altri primi dischi. Che poi evoluzione non è mica sinonimo di qualità, prendete i Baroness. Gli ultimi due dischi non sono male ma neanche sta folgorazione.

Va beh.