Freak Of Nature – La sorpresa che non ti aspetti…

Quanti dischi, leggendone le recensioni, avrei voluto comprare di corsa ma non avevo i soldi per farlo. E in molti casi, i soldi c’erano ma i dischi non riuscivo a trovarli. Sto parlando dei primi anni 90, quando spesso, se non vivevi in una grande città, dovevi accontentarti di quello che c’era nel negozio sotto casa. E per lo più non c’era mai un cazzo, a parte Bryan Adams, Metallica, Guns e Crossroads di Bon Jovi. Potevi ordinare i dischi dei Black Sabbath del catalogo Vertigo, introvabili al tempo, e attendere mesi e mesi, prima di capire che, dalle tue parti non sarebbero mai arrivati. C’era una cosa di cui ero sicuro e pacificato, però. Leggendo cosa ne scrisse non ricordo chi su un Metal Shock del 1993, io non avrei mai e poi mai dato una possibilità ai Freak Of Nature.

Nessuno li chiamava così. Erano il-gruppo-grunge-del-cantante-dei-White Lion e questo bastava per non osare spingersi oltre. Nel 1993-94, mi era già successo diverse volte di acquistare il nuovo album di un gruppo che conoscevo. ricordarlo e adorarlo in un modo, e ritrovarmelo con le pettinature diverse, i vestiti di flanella e una raccolta di canzoni dai suoni e le melodie così lontane dallo stile che mi aveva fatto amare quel gruppo da sentirmi preso in giro. C’ero cascato con i Dokken, gli Skid Row, i Motley Crue, i Warrant e i L.A. Guns. Più chiedevo class metal, glam metal e street metal e più quelli se ne uscivano con roba alternativa del cazzo. Dopo certe delusioni avevo paura di buttar via i miei soldi. Leggevo le recensioni con attenzione maniacale. A volte non erano tanto chiare. Dicevano roba tipo “hard rock moderno”. Che voleva dire “moderno”??? In che senso?

Non era solo il dolore dovuto il cambio di genere, che prendevo come un tradimento sfacciatamente opportunistico, ma anche lo spreco di denaro, il mio, assai poco a quei tempi, per avere una cosa e ritrovarmene un’altra.

Con gli anni ho rivalutato molti degli album che allora comprai e detestai. Alcuni erano ottimi e ci sono tornato maniacalmente sopra fino a conoscerli a memoria. Ho sviluppato una predilezione per quella strana terra di mezzo che emerse tra il 1992 e il 1996, in cui le band hard metal americane anni 80 imbastirono un mistone tra Led Zeppelin, Beatles, Alice In Chains, Soundgarden, Metallica e oggi li raccomando. Roba come Dysfunctional dei Dokken, Ultraphobic dei Warrant, Schizophrenia dei Lillian Axe, Vicious Circle degli L.A. Guns o Motley Crue dei Motley Crue, probabilmente furono gli ultimi grandi dischi di questi gruppi, alla faccia delle reunion disseminate negli ultimi vent’anni e del ritorno all’ovile del classico suono entro cui stanno avvizzendo.

Allora però ero severo e volevo che tutto rimanesse com’era, almeno per certe band. Quindi da Mike Tramp mi aspettavo un disco alla White Lion e non una roba come i Freak Of Nature. Per fortuna li avevano smascherati le riviste. Scrivevano che Mike Tramp si era convertito e cantava in modo quasi irriconoscibile, su un repertorio modesto tra Pearl Jam e Nirvana. Oh, cazzo che merda.

Dopo più di vent’anni ho deciso di superare ogni pregiudizio e ascoltarmi i Freak Of Nature e bada.

Leggendo un vecchio numero di Thunder si parlava del disco due della band, Gathering of Freaks e un certo B.R. ne scrisse piuttosto bene, assicurando che, rispetto all’esordio, Mike aveva aggiustato il tiro e che quell’album meritava una possibilità.

Non gliela diede nessuno, la possibilità e dopo poco, la band si sciolse, nessuno ne parlò più, neanche quando Mike tornò con una nuova versione dei White Lion in cui, della formazione originale c’era rimasto soltanto lui.

Insomma, ascoltando Gathering Of Freaks, io mi sono ritrovato davanti un gran disco. E non così grunge, anzi. Direi che oggi, se uscisse un lavoro del genere, lo si definirebbe tranquillamente hard rock, perché certo sound più ritmico e sincopato, l’inserimento di effetti  psichedelici nelle voci e nelle chitarre, un ritorno alle origini dei Doors o degli Zep, è tipico di qualsiasi gruppo storico che riprovi a scrivere qualcosa di classicamente hard rock.

Nessuno fa più una roba come Detonator dei Ratt, nemmeno i Ratt. Ci sono elementi che ormai sono stati assimilati dal neo-classicismo hard and heavy. Cose che una volta sarebbero state accolte come corpi estranei, peccaminosità, schifezze tipo la voce con l’effetto megafono, le dissonanze nei cori, il riffone alla Black Garden o Sound Sabbath, per intenderci… Gruppi come gli Shinedown o i Black Stone Cherry o persino i Black Label Society si muovono su tutto il menù melodico, dai Cream al grunge, senza tradire un bel nulla. Suonano classici da cima a fondo.

Gathering Of Freaks è esattamente questo, un lavoro hard rock che guarda al presente, ma senza snaturarsi. C’è la ciccia, capite? Non guardava al mercato, Mike Tramp. Non imbastì il gruppo per cavalcare l’onda mentre i White Lion affogavano. Cercava solo di aprirsi una nuova strada professionale dopo la sbornia mainstream del glam metal in cui aveva quasi rischiato di annegare.

I White Lion avevano raggiunto il successo con Pride e poi avevano tentato di mantenerlo senza più riuscirci con altri due lavori stupendi ma senza il singolone spanzafregna. Tutto quello era stato sfiancante per loro. Lo stress di ripetere un filotto di note stellare come When The Children Cry o Wait a comando, li aveva esauriti. Non gliene fregava più di continuare. Si diedero tutti alla macchia, tranne lui, Mike,

La critica non ci capì niente.

Non sto dicendo che avrebbero dovuto osannare pezzi come Enemy (sentitevi che cazzo di riff iniziale e che tiro, non se ne fanno più di brani così, signora mia) o la cazzutissima Stand Back, dove c’era tutto quelli che avevano dimenticato i Love/Hate al tempo. Non gli si domandava di scrivere un peana intorno alla psichedelia light di The Tree (weeeella), ma ancora fatico a credere che Need, vale a dire i White Lion versione southern rock, non bastò a far dire ai recensori “aspetta un attimo…”

Anche il disco d’esordio dei Freak Of Nature era sincero e buono. Mike voleva solo ricominciare da zero e scrivere le canzoni più schiette e buone che riuscisse a mettere insieme. Non si stava prostituendo al mercato. Anzi, proprio chi doveva pensare a promuoverlo, la Music For Nations, non vendette la band nel modo giusto (dio sa quale potesse essere nel 1994) associandolo esteticamente alle larvosità grunge e crossover di allora. Basti guardare il videoclip di Enemy. Pare il set di Jesus Christ Pose dei Soundgarden mentre i camerieri stavano spicciando il buffet della troupe.

Enemy è fighissima, così come Open Space o Powerless; sono brani hard rock muscolari e veraci che oggi darebbero credito a una nuova edizione dai studio dei White Lion.

Che poi è saltata fuori una storia… Negli ultimi tempi mi è capitato di leggerlo e sentirlo dalla bocca di diverse persone, che Tramp non era neanche un gran cantante, “un po’ troppo lagnoso e monotono”. Davvero. Se si parla ancora bene di quella band è per Don Vito Sbratta, il virtuoso più desaparecido degli anni 80 e James “Pride and Glory” Lomenzo. Ma cazzo, gente. Erano quattro fuoriclasse, i White Lion, E Mike ci dava che ci dava.

Ai Freak Of Nature andò di merda. Oggi posso dirlo però che, soprattutto dopo Gathering Of Freaks, quella band non se lo meritava di svanire così.