Gli Immortal sono degli incapaci, probabilmente non saprebbero suonare neanche le prime tre note di ‘Smoke On The Water’. Ma tutto questo non ha assolutamente importanza.
Questo è l’incipit di una recensione a Pure Holocaust pubblicata su Metal Shock nel gennaio 1994, La firma Fabrizio Massignani, specializzatosi nel metal estremo, di cui nei primi anni 90 manifesta curiosità ma che capisce poco e per il quale mostra anche una soglia di sopportazione piuttosto limitata. Probabilmente era l’unico della redazione disponibile a sbattersi il catalogo della Massacre, della Osmose e di tutto quel fiume di dischi black e death molto simili tra loro, caotici, beceri e nella maggior parte dei casi ripetitivi e inutili che il mercato elargiva a bizzeffe tra il 1992 e il 1994.
Massignani non pensava grandi cose degli Impaled Nazarene, dei Gathering pre-Anneke e di una miriade di altre realtà olandesi, svizzere e americane e finlandesi che gli capitavano sotto mano. Nel caso degli Immortal però, Massignani stravide. Non era facile ma lui stravide.
Pure Holocaust nel 1994 suonava brutto, chiassoso, a tratti scemo. Difficile capire che si trattava di una grande opera d’arte. Lui se ne accorse e come lui, presto molte altre penne delle riviste metal iniziarono a tessere le lodi di Darkthrone, Emperor, Burzum, nonostante i coinvolgimenti in omicidi e piromanie contestatarie potessero chiudere le orecchie alla musica come avviene con molta più frequenza oggi. Soprattutto considerando che queste band non erano neanche delle vere e proprie band, intese come gruppi di tre o quattro persone. Sovente dietro quei monicker c’era un solo tizio o al massimo due, suonavano tutto, spesso male, registrandolo peggio. Ma era davvero fichissimo?
Beh, io tutto questa meraviglia, vi confesso che l’ho capita negli altri ma non l’ho mai provata personalmente. Inutile che faccia finta. Gli Immortal e i Darkthrone riesco a reggerli due minuti, poi penso ad altro mentre li ascolto. Sono immune alla loro virulenta e primigenia bellezza. Mi sono stati spiegati per lungo e per largo. So perché piacciono a tanti, ma io non sono tra quelli.
Mi sorprende che la critica e il pubblico ci abbiano messo così poco ad arrivare a capirli. Nel 1994/96, gli standard produttivi erano elevatissimi. Un disco di una band media in campo metal costava quanto l’intera discografia dei Motorhead e Venom anni 80 messi assieme, eppure il pubblico colse il senso di ciò che gente come Abbath Doom Occulta e Demonaz Doom Occulta cercavano di fare.
Gli Immortal hanno avuto per gran parte della propria carriera (questa parola nel 1994, nonostante gli entusiasmi degli addetti, nessuno avrebbe avuto il coraggio di usarla) una gran sfortuna con i batteristi, in gran parte dovuta a loro stessi e all’intransigenza che li ha sempre mossi. All’inizio avevano Armagedda, che era in gamba ma uno era un thrasher di merda e due non si metteva il trucco in faccia come gli altri e probabilmente non comprendeva molte cose sull’attitudine rigida e convinta degli Immortal.
Lo cacciarono prima di rientrare in studio per il successore di Diabolical Fullmoon Mysticism ma trovare un altro pazzo come Abbath e Demonaz che fosse anche un grande batterista fu impossibile in così poco tempo. E così, ,sebbene la copertina di Pure Holocaust mostri tre blacksters dallo sguardo intenso che sfidano il mondo su uno sfondo di tenebra, in quel disco suonarono tutto Abbath e Demonaz.
Abbath si occupò, oltre che del basso e della voce, anche della batteria. Come la suonò? Non si capisce un cazzo. A volte sembra andare fuori tempo e altre volte perde il battere, il levare, ma complessivamente è un tipo di casino che, per lui che la suona e successivamente per un mondo di batteristi tecnicamente molto più preparati di lui, ha senso così.
Le chitarre sopra sono un pastone di accordi ormai divenuti tipici del black metal tradizionale: dissonanti, tritonici e plettrati a velocità disumana. La cosa che però fece crollare tutto fu questo concetto: solo in quel modo disordinato e fallace, si poteva davvero ottenere la ricetta ideale del black puro e vero. Senza la dabbenaggine e la presunzione di Abbath, con un Dave Lombardo a suonarla al posto lui, sarebbe venuta una roba inferiore. E così vale per le chitarre, che a momenti non riesco a capire dove vadano, dove tornino, dove inizino e dove finisca, ma era una cosa calcolata, dolorosissima e voluta fino alle estreme conseguenze.
Il chitarrista Demonaz infatti, dopo anni di quel regime, finì per guadagnarsi una tendinite così grave, che lo portò al totale abbandono dello strumento, preso in consegna, pure quello da Abbath.
Io però, ammesso che questa storia della tendinite definitiva sia vera, non posso impedirmi di pensare che a procurarla a Demonaz non sia stata la dedizione ferrea e suicida alla causa, ma la sua impostazione sbagliata con lo strumento. Invece di concentrare tutto sul polso, sono sicuro che coinvolgesse l’intero braccio e così fece la frittata.
Eh, mi direte, ma è una frittata che si poteva ottenere solo violando le regole della buona impostazione accademica per una più furente e sghemba plettratura spalla gomito a morte. Solo così sarebbe stato e fu possibile di fatto ottenere la pasta giusta di chitarre glaciali e fameliche del vero e puro black metal.
Ok ma…
Va beh, andiamo avanti.
Dicevo, Abbath passò alla chitarra e lasciò il basso ad altri. Demonaz continuò a scrivere testi. I suoi testi, ammesso che la cosa possa interessare qualcuno, sono da sempre molto fantasiosi e poetici, a dispetto dell’immagine assolutamente ridicola della band, consacrata da vari video su youtube e grazie a una fabbrica incessante di meme irresistibili che non smettono di girare sui social da almeno dieci anni.
Mi spiega il Massignani nella recensione citata all’inizio, che gli Immortal, in tutto quel rombante frastuono di doppia cassa e chitarre solevano esprimere la veridica voce della natura in tutta la sua austera e violenta asperità. Se chiudete gli occhi e vi abbandonate all’effetto complessivo di brani come Unsilent Storms in the North Abyss o The Sun No Longer Rises vi sembrerà di trovarvi nel pieno di una tormenta, abbandonati a voi stessi, divorati dall’abbraccio glaciale e spietato della grande madre.
Sì, va bene, è vero. C’è qualcosa nelle profondità di quel rumore che esprime una poetica precisa e ce lo dice bene Massignani che:
“forse gli Immortal sono stupidi, pazzi, idioti, ma con lo spirito giusto, se non cercate la melodia, troverete le sensazioni che potreste provare mentre scappate di notte, nudi, esposti a una tormenta di neve, enormi blocchi di ghiaccio attorno a voi e i lupi che vi stanno braccando”.
Fico e perfetto per schiudere la baracconaggine degli Immortal in un’estetica severa, esasperata e definitiva. Però poi penso a questo: ma perché il tipo scappa nudo nella tormenta? Da quale letto è dovuto schizzar fuori? Forse un marito geloso stava per torcergli il collo? Ed ecco che inscindibile emerge il consueto risvolto comico che per me è inevitabile quando si parla di e si ascoltano gli Immortal.