INTERVISTA AD ANTONELLO CRESTI – LA BELLEZZA DELL’ESSER RIBELLI…

…PREVARRA’ SEMPRE SUI VANTAGGI DELL’ESSER SERVI!

G/Ab Volgar dei Deviate Damaen se la chiacchiera col musicologo e cantautore Antonello Cresti, ribelle di professione e compagno di tante avventure, su croci e delizie del vivere controcorrente.

VOLGAR: io e te, caro Antonello, ne abbiamo fatte tante assieme; dalle compilation contro il politicamente corretto e le restrizioni psicopandemiche (link), alle reciproche collaborazioni sui rispettivi album Soqquadro Tanz e Le Radici Di Una Intolleranza. Dalle interviste su Vox Italia Tv e Byoblu, alle manifestazioni contro il green pass, ai congressi politici, e alla trasmissione di Visione Tv curata da te e da Enrica Perucchietti, “Da Proust In Su”, dove ero lo speaker .
Ma la cosa che maggiormente sento di condividere con te è il ritrovarci naufraghi dopo ogni mareggiata, accompagnati da quella freschezza adolescenziale tipica di chi, pur consapevole di non aver vinto chissà quale lotteria, è nuovamente pronto ad una traversata a braccia che lo conduca presso quei lidi che più gli somigliano.

ANTONELLO: Conosco ed apprezzo il tuo entusiasmo nell’approcciare le cose. Probabilmente secondo gli standard di giudizio della nostra epoca decadente questo equivale a essere dei perdenti, ma io, vedendo gli sguardi assenti degli zombie che ci circondano, perdente non mi sento affatto. Anzi, guardo con una certa pena le vite vuote delle persone. Moriremo in piedi se non altro. Anzi come diceva Gaber, “c’è sempre una fine e non è detto che sia la morte”.

VOLGAR: il coraggio è oramai un bene di lusso; e, proprio come il lusso, rende antipatico chi lo possiede agli occhi dei miseri… ti torna?

ANTONELLO: Carmelo Bene definiva questo paese “un condominio di piattole e di piattume”… E’ evidente nella dominante apatia indotta chi, pur tra mille problematiche, cerca di rimanere protagonista della propria esistenza è visto quantomeno con sospetto. Pace. Dobbiamo stare innanzitutto in pace con la nostra coscienza.

VOLGAR: tu vieni da “sinistra”, io da “destra”. Ma né da musicista né da musicologo ti ha mai stranito leggermi tanto su Metalitalia quanto sul Primato Nazionale. Come si può ancora oggi, dopo i tradimenti politici degli ultimi 4 anni, essere così ottusi da star lì a tirare l’Arte per la casacca?

ANTONELLO: La mia formazione – che tu definisci “di sinistra” – è sempre stata laterale a qualsiasi chiesa o consorteria. Ho vissuto la mia giovinezza a sinistra, ma da eretico, poiché non ho una formazione marxista leninista, ma legata alla controcultura. Naturalmente apprezzo la diagnosi di Marx, come leggo e studio figure di ogni provenienza, però provengo da latitudini poco frequentate in questo paese. E, proprio come figlio della Controcultura, non ho mai faticato a ritenere le categorie di destra e sinistra come ampiamente insufficienti per descrivere noi stessi e affrontare la complessità del presente. Credo inoltre che le idee debbano essere diffuse ovunque senza complessi o tabù. E le idee ostili le si combattono con altre idee, non con anatemi o scappando con il pallone. Mi sembra che si sia davvero perso il senso del dibattito, letteralmente.

VOLGAR: eppure, ancora troppi musicisti “de sinistra” son lì a sbrodolarsi il mento coi tappi ecologici o a fare incetta di mascherine, e altrettanti “de destra” stanno lì a farci le pulci sotto le lenzuola, per poi magari farsela con dei cocainomani. Gaber… Gaber, dove sei?

ANTONELLO: Gaber era un grande artista e intellettuale, e la sua critica, appunto, colpiva indistintamente tutti. Oggi prevale un atteggiamento consolatorio di chi preferisce riconoscersi in un gregge anziché in un altro. Convenienze di bassa lega, certamente. Ma io credo che questo si accompagni allo scadimento delle proposte creative: abbiamo a fare con nullità artistiche che nell’atto creativo riversano il loro nulla esistenziale. Sono davvero poche le figure che oggi mi “ispirano”. E ancor più raramente questo capita coi cosiddetti “emergenti”. Nell’underground prevale un conformismo che mi provoca conati di vomito.

VOLGAR: siamo entrambi due idealisti talvolta delusi dall’inadeguatezza di qualche sodale che, inizialmente, ci si avvicina attratto dal nostro bagliore; ma poi, scottandosi con l’incandescenza polemica che sprigioniamo, incespica, claudica, si spaventa e infine ci molla per farsi la vita meno amara. Sono scelte, certo, ma l’ingratitudine è sempre di troppo…

ANTONELLO: Il ruolo delle avanguardia è questo. Non vivere di o per il consenso. E comunque ciò che dici è parzialmente vero visto che tante sono state le operazioni di successo che ho messo in atto in questi anni. Diciamo semmai che troppi mantengono un atteggiamento gregario quando vorrei che ciascuna pedina assumesse maggiore controllo e divenisse sodale di prossime operazioni. L’unione fa davvero la forza e bisogna abbandonare personalismi deleteri oltre che ridicoli. Anche questi atteggiamenti sono più diffusi tra i cosiddetti “dissidenti” che nel mainstream.

VOLGAR: anche grazie al nostro indefesso ledere ogni maestà senza mai badare a sconvenienze di sorta, in tanti stanno aprendo gli occhi sino a gridare che il Re è nudo: cito sdangherianamente le impavide band che si sono già espresse su queste pagine; ma anche coraggiosi cronisti come Rob del Museo del Black Metal Italiano, il quale, a fronte di tanti colleghi lombrichi, c’ha messo la faccia, i like, le (tante) visualizzazioni. Insomma, il raccolto sta premiando la semina…

ANTONELLO: Gli ultimi venti anni creativi sono stati, in maniera crescente, una palude sempre più desolante, tolta qualche gemma uscita ad allietare le nostre giornate. Io credo che qualcosa non potrà che muoversi. A questi temi, di strategia culturale e artistica, dedicherò il mio prossimo libro, che sarà davvero una “mappa” per immaginare la cultura per una nuova umanità. Sperando che ne saremo all’altezza.

VOLGAR: ti sei maturato con un tema su “Kali Yuga Bizarre” degli Aborym, la cui recente ristampa ha rappresentato il primo caso di cancel culture nella storia del Black metal (e forse della musica). Avresti detto, a 18 anni, che il genere musicale più tosto di sempre avrebbe inaugurato l’atto di sottomissione più woke di sempre?

ANTONELLO: L’esordio degli Aborym mi colpì davvero molto, ed è un album di cui ho parlato più volte negli anni, come nel mio saggio “Solchi Sperimentali Italia”. Fabban ha anche partecipato ad alcune mie iniziative pubbliche. Posso dirti che all’epoca trovai la tua recitazione, o quantomeno parte di essa, fuori luogo rispetto al resto dell’album, ma proprio per questo sono rimasto stupefatto dall’aver visto cancellare quella traccia dalla recente ristampa…
Quando seguivo il black metal lo facevo in buona parte perché vivevo quel genere come estremo e perché pensavo che nulla potesse connotare in maniera radicale come quello stile.
Certo, sapevo già che molto era circo, ma francamente non mi sarei immaginato una fine simile.

VOLGAR: a proposito di “Re Nudo”, so che parteciperai al progetto patrocinato dalla Masked Dead Records “Fiabe Bandite”, ove sarà messo in atto un “eversivo” revival di quelle fiabe tradizionali e archetipiche attualmente vittimizzate dalla censura scolastica e culturale, così da renderle gratuitamente disponibili, in voce e musica, per chiunque rifiuti patetici stravolgimenti woke tipo Bianchenevi mulatte e supereroi fuxia. Ebbene, nonostante la nobiltà di scopo del progetto, non è stato facile neanche stavolta arruolare e coordinare musicisti che ci mettessero la faccia. Parlaci della fiaba con cui presenzierai e del suo forte significato pedagogico.

ANTONELLO: Ho deciso di interpretare alcuni “Nodi” di Ronald Laing, psichiatra e figura tra le più interessanti della controcultura storica. Questi testi, apparentemente facilissimi, in realtà hanno molteplici chiavi di lettura. Credo sarà interessante vedere che esito avranno.

VOLGAR: ti ricordi di quando, durante la pandemenza, vigente quel cazzaro divieto di spostamento fra comuni diversi, ti raggiunsi con la mia fat bike parecchi comuni distanti dal mio e ci facemmo una grigliata da paura? Cazzo quanto godemmo nel mostrarci spaparanzati al sole mentre tante anime belle soggiacevano a obblighi isterici e attualmente sconfessati da sentenze, abiure legislative e smentite sanitarie. Le tue oramai proverbiali foto al mare sono state un toccasana per tanti spiriti liberi che, attraverso di esse, hanno sognato di potersi ribellare anche loro dal giogo d’una propaganda falsa e bugiarda. E pian piano, in molti, lo stanno anche facendo…

ANTONELLO: Io ho un ruolo politico ufficiale, con DSP, e rifuggo forme perniciose di spontaneismo. Anzi, rivendico la forma partito in un momento come questo. Ciò non toglie che esistano anche gesti individuali necessari: in quel momento l’azione politica migliore che potessi fare, una volta che mi era stato precluso il lavoro, è stato andarmene a vivere da eremita al mare mentre “fuori” regnava la follia. Era un modo per indicare che lo stato di eccezione esiste solo fino al punto in cui tu lo accetti…

VOLGAR: ciò che nessun totalitarismo potrà mai fermare è l’imprevedibilità d’azione del singolo e della sua iniziativa creativa: possono chiuderci bandcamp o cancellarci wikipedia; ma non potranno mai impedirci di pensare, comporre, esprimerci e lasciare l’esito di tutto questo su una panchina, nel bagno di un autogrill, dentro una bottiglia affidata all’immensità degli oceani…

ANTONELLO: Credo che dinamiche di auto-distribuzione possano essere ancora efficaci. Pensa al primo numero del nostro mensile “Visione”, 5000 copie vendute senza nessun canale distributivo ufficiale… Naturalmente occorre un atteggiamento maturo e consapevole per sfidare il mainstream, non bastano le buone intenzioni o buone energie. Anche su questo c’è da crescere e lavorare, ma possiamo arrivarci…

Antonello Cresti
Suaviter, G/Ab Volgar