G/Ab Volgar dei Deviate Damaen se la chiacchiera con Rob, fondatore e responsabile del Museo Del Black Metal Italiano circa il pericolo di deriva woke del genere iconico della musica estrema.
VOLGAR: allora, Rob, non pago delle diffide che hai ricevuto a “non avvicinarmi”, non pago dell’aver osato indossare magliette dei Deviate nei tuoi video, dell’aver condiviso il mio post in memoria di Yorga sulla tua pagina, insomma vuoi proprio incasinarti la vita, eh? Beh, da parte mia tanto di cappello: poiché di schiene dritte come la tua, in quest’ambiente e in questo momento storico, ce n’è davvero poche.
ROB: salve G/Ab spero tutto bene da quelle parti. Grazie mille per la possibilità che mi stai dando per intavolare un sano confronto tra me e te e con il supporto di Sdangher.
In verità credo che tanti la penserebbero così perché si sa: tu G/Ab sei un personaggio scomodo, una voce fuori dal coro. A nessuno piace sentirsi dire che le cose non vanno necessariamente come la massa proclama e tu ormai fai questo da oltre trent’anni. Sicuramente ci saranno persone che potrebbero decidere, a seguito di questa nostra conversazione, di togliere il “mi piace” dal canale YT e magari riportarmi per la maglietta da te citata, piuttosto che per quella che ho sfoggiato in alcune occasioni e che diceva “kill your local cover bands”, o la condivisione di materiale che potrebbe esser reputato offensivo e poco in linea con il clima politicamente corretto (PC) sancito dal mainstream internet. In realtà seguo le tue produzioni dalla fine dei ‘90, da quando venne pubblicato Religious… e ho sempre apprezzato la tua voglia di andare contro corrente, esser estremo in diversi momenti della storia del nostro paese e fare controcultura in modi differenti ma sempre attuali. Mentre tutti facevano i satanisti del sabato sera, tu andavi a registrare dialoghi con preti in chiesa, dando ai poveri malcapitati un assaggio di peccato e inferno. Mentre tutti facevano i perbenisti, tu ponevi delle domande legittime con i soliti toni accesi, suscitando scalpore. Il tuo contributo all’estremo italiano, non solo in ambito metal, è stato incredibile e ho sempre visto i tuoi lavori artisticamente a un altro livello rispetto alla massa. La condivisione della notizia di Yorga andava fatta perché conoscendo o meno la persona dietro l’artista, il suo contributo al black metal italiano di fine ‘90 non può esser dimenticato e chiaramente, da un punto di vista strettamente musicale, si trattava di una voce indimenticabile per il genere nel nostro paese.
Forse nell’ambiente estremo italiano ci siamo dimenticati cosa sia l’estremismo in musica, allineandoci maggiormente a una modernità in cui la musica è una cosa e l’attitudine estrema un’altra. Per i più vecchi tra noi, il significato di appartenenza a una certa sottocultura musicale ed esibire certi tratti caratteriali era motivo di vanto e ci manteneva distanti dalle masse. Oggi, il valore di questi aspetti, è stato assottigliato sotto molti punti di vista e abbiamo perso ciò che magari venti o trent’anni fa si dava per scontato. Fondamentalmente non siamo più così “unici” nella sottocultura che ci offriva un posto nella società di tutti i giorni.
La spaccatura tra arte e attitudine che abbiamo forzatamente ingoiato, negli ultimi dieci anni almeno, ha suscitato un vero e proprio fenomeno di revisione storica (parte volontario e parte involontario) mirato alla cancellazione della cultura. D’altronde, se nessuno si pone delle domande, se nessuno si ribella, se nessuno intavola un dialogo come stiamo facendo noi oggi, ci si ritrova a prendere per veritiera la versione di una persona invece di un’altra, uniformandosi alla massa perché “siamo nel 2024 non nel 1990”, perché “le cose cambiano”, perché “la società evolve”, perché fondamentalmente non sappiamo più chi siamo.
VOLGAR: tu sei uno dei più accreditati depositari della dottrina del Black Metal (BM); un divulgatore con una cultura storico-musicale pazzesca. Considero quindi preziosa la tua scesa in campo contro l’inculturazione della musica estrema da parte di quel viscidume woke infiltratosi a suon di ammucchiate live, di riconversione slavata di vecchie glorie e di censura di qualsiasi dibattito. Secondo te, perché quest’andazzo è così assecondato? Insomma, cosa teme, esattamente, chi tace e acconsente?
ROB: penso che un dialogo possa suscitare delle domande; le domande dei dubbi; i dubbi una deviazione da ciò che la massa dice e pensa; la deviazione un allontanamento dalla società moderna. Questo perché l’individuo spesso si ritrova polarizzato da argomenti forti e quindi ci si sente costretti a scegliere fazioni specifiche agli estremi dell’argomento stesso. Questo succede con qualunque soggetto, qualunque fattore sociale, che risvegli in noi un senso di sconforto e timore.
In quest’ambiente, purtroppo per chi ci legge, troviamo persone scomode come te ma anche semplici appassionati come me. Se noi riusciamo ad avere un dialogo che vada ben oltre certe idee o fantomatici allineamenti politici, perché altri non riescono?
Il senso del termine “woke” in un principio indicava un “risveglio” dell’individuo e la rivalutazione di fatti che la società aveva “dimenticato” dal punto di vista socioculturale. Seppure il tutto potesse essere fondamentalmente valido e importante in vari contesti, il fenomeno è stato abusato per giustificare fenomeni che andrebbero discussi e approfonditi, in certi casi condannati, piuttosto che assimilati come dogma.
In un ambiente come quello della musica estrema, ci si è ritrovati a cancellare generi interi e artisti storici perché non in linea con il nuovo regime e decisamente poco PC. Si è quindi persa la bussola e il rispetto per l’arte. L’arte e l’artista han perso il loro valore ed è più semplice uniformarsi alla massa anziché iniziare una crociata.
Questo principalmente per un discorso legato alla notorietà che il mondo “social” ha creato. Un artista riceve più “mi piace” se schierato con il movimento woke (perché essere woke è la moda del momento in questi anni), una label vende di più se pubblica certi artisti; un sito internet riceve più visualizzazioni se parla di certi artisti e label; un promoter vende più biglietti se organizza un evento che promuove certe label o band. Da quel punto in poi l’artista il cerchio continua a girare. Il tutto è stato assimilato come la normalità e quindi ci si ritrova forzatamente a dover vivere una realtà distopica.
Penso però che le cose stiano cambiando perché il pubblico inizia a stancarsi di questo indottrinamento socioculturale. Un certo livello di libertà esiste ancora e viene mantenuto nei circuiti underground più oscuri, nel micromondo della musica estrema: a suon di pubblicazioni per pochi addetti (il ritorno delle cassette in 20 copie è un qualcosa che ho notato negli ultimi tempi) portate avanti da label e artisti che si sono stancati di esser parte del meccanismo woke. Pensiamo a: stampa alternativa fotocopiata come una volta con ‘zine cartacee che si allontanano dai portali più conosciuti e ormai schierati dando reali opinioni ai lettori; organizzatori che creano eventi con band che piacciono a loro invece di quelle che piacciono a chi scrive sul sito blasonato di turno; canali alternativi che vengono usati per promuovere arte ed idee con un pubblico che è stanco di essere bloccato sui social media più conosciuti e le piattaforme più usate.
Il fenomeno stesso inizia a vedersi anche in altri macro-mondi: nella musica; nel cinema; nella politica; nella stampa; nella commedia e la satira. Il mondo del lavoro inizia a prendere le distanze dal DEI (diversity, equity and inclusion) perché diversitá e paritá di diritti non vuol dire qualitá.
Esistono chiaramente persone che grazie al fenomeno woke hanno trovato una loro cerchia di ascoltatori e seguaci pseudo fanatici che non fanno domande ma obbediscono. Queste persone continueranno imperterrite per la loro strada a riportare band e label sui social perché non in linea con ciò che interpretano come PC, assecondando vedute spesso nocive e risibili sotto la falsa bandiera della “libertà da salvaguardare” per minoranze che non sapevano di esistere sino a pochi giorni fa o importando nel tessuto socioculturale italiano fenomeni esteri che non ci appartengono, reinterpretandoli in chiave propria ma senza avere le basi per poter effettivamente farlo.
Da questo punto di vista però chi è più pazzo? Il pazzo o il pazzo che lo segue?
VOLGAR: in particolare, la questione “gonfiabili ai Marduk”, tristemente celebratasi a quella wokkonata chiamata Frantic e allegramente criticata anche qui su Sdangher, ha dimostrato che è vietato fare libera critica (e libera satira); cioè non solo conciano da finocchiata transgenica un’esibizione dei Marduk, ma s’incazzano pure se uno s’incazza.
ROB: Questo è un discorso veramente ampio ed ho trovato ciò che han detto sia Stefano che Denis di Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal molto valido ed importante (episodio completo qui), andando a esplorare punti di vista differenti, dando poi la loro capendo come posizioni contrastanti potessero avere le proprie ragioni, senza giudicare necessariamente un lato invece di un altro.
Penso sia fondamentale avere un dialogo aperto così come lo stiamo avendo noi, sapendo che tu la pensi in un modo e io potrei pensarla in maniera differente, pur trovando una piattaforma per avere una sana conversazione.
Parto dal fatto che i Marduk comunque sono un gruppo di artisti (palesi “prostitute” nel mondo black metal più oscuro) che suonano ad eventi vari ed eventuali perchè vivono di musica. Suonano a ‘fest come il Frantic come a eventi più “black metal oriented”. Amo diversi loro lavori del passato: Opus Nocturne è stato artisticamente fondamentale per me, ma penso abbiano perso la loro strada da tanto tempo e stiano semplicemente facendo ciò che riescono a fare meglio per portare a casa la pagnotta. Sono comunque artisti e tanto di cappello a Morgan che è lì dai primissimi ‘90 a portare avanti lo show.
Per quanto in fest come il Frantic ci si possa aspettare il pubblico misto e soggetti che non penso abbiano bene in mente cosa sia un genere come il black metal, i Marduk avrebbero sicuramente dovuto capire che il “rischio gonfiabili” era alle porte.
Tuttavia, che il frontman Mortuus, ubriaco o meno, si sia sentito deluso e possibilmente umiliato da un gesto simile o che abbia semplicemente giocato come da copione coprendo il ruolo di “edgelord” (volendo apparire estremo a partito preso), mi sembra comunque normale e mi sarei sorpreso se così non fosse stato.
Personalmente penso che chi abbia iniziato i trenini e ci si sia unito, creando la situazione di “disagio”, abbia semplicemente dimostrato come il pubblico italiano sia poco maturo e fondamentalmente irrispettoso delle band e di chi è lì per godersi lo show e la musica del gruppo di turno.
Magari una ragazzata, una voglia di divertirsi che ha trasceso il semplice headbanging e pogo, ma fondamentalmente: se tu non inizi a fare i trenini e lanciare i gonfiabili quando vai in teatro a vedere un’opera o il balletto, perchè lo fai quando un gruppo metal suona dal vivo? Se il pubblico è lì per vedere e godersi una band che suona un certo tipo di musica, sapendo che comunque in alcuni individui quel tipo di musica suscita una certa “sacralità”, perchè fare il pirla e rovinare lo show?
Sia che il frontman abbandonasse o meno il palco, certi contesti artistici andrebbero rispettati. Lungi dal voler fare il gatekeeper, ho visto concerti death metal in pub dove il pubblico aveva i gonfiabili, come ho visto fest enormi con centinaia di band che si susseguivano su cinque palchi in quattro giorni dove nessuno nel pubblico si permetteva il lusso di fare certe cose, ma situazioni diverse vanno lette e capite.
Ogni scena, ogni band, ogni concerto ha il proprio pubblico e il proprio spirito e sinceramente penso che i gonfiabili con i Marduk siano cringe non per la band ma per il pubblico stesso che li ha sventolati. Non mi sorprenderei se questo fattore fosse uno tra i tanti motivi per i quali molte band non vogliono suonare in Italia e non si prodigano per cercare date.
VOLGAR: premesso che parrucconi evoliani e impettitume vario mi fanno cagare quanto le zecche, e che da svaccato punkettone cresciuto a Damned e Lords Of The New Church ho sempre sputato su qualsiasi recinto categoriale e su qualsiasi “dress-code”, però, cazzo, qua non c’è più religione: feste celtiche divenute latrine vegane, birrerie che puzzano di kebab, metal band trasformatesi in ginecei. Come cazzo si sono ridotti gli ultimi baluardi di cultura ed estetica occidentali?
ROB: ci aggiungerei anche “Sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme! Masse isteriche!” (cit.). Fondamentalmente la cultura occidentale non esiste e in fin dei conti cos’è la cultura occidentale se non un ideale?
La globalizzazione ha dato tanto e ha tolto ancora di più, nessuno si è svegliato in tempo per dire no, per fermare tutto. Il processo è irreversibile e chi cerca di resistere non può farlo se non a suo discapito. Sono tanti i fatti politici che hanno portato a questa situazione a partire dal Dopoguerra.
Culturalmente l’occidente e l’oriente vogliono la stessa cosa. Ho avuto la fortuna di conoscere l’oriente grazie a delle esperienze personali che mi hanno portato in Taiwan per un breve periodo della mia vita e ti posso garantire che il sentimento è reciproco: l’oriente vuole rimanere separato dall’occidente e vivere le proprie tradizioni.
Ci son però poteri forti che creano le basi per un imbastardimento delle due culture e una visione occidentale molto precisa, là dove l’occidente porta “la libertà” all’oriente e l’oriente porta “il conservatorismo” all’occidente. Fortunatamente o sfortunatamente ho vissuto in Italia per una buona parte della mia vita e vivo oggi in un altro paese ormai da parecchi anni, avendo così un’esperienza più ampia a livello culturale che mi ha aperto gli occhi su realtà molto diverse tra loro.
Credo che la carenza di controllo e il fatto che le due culture spesso e volentieri non vogliano adattarsi alla convivenza, crei il problema di fondo non solo tra occidente ed oriente ma anche all’interno dell’occidente stesso.
Secondo me, il problema non è il cambio o l’arricchimento che certe contaminazioni possano apportare, ma come si vive il cambio e come il cambio venga forzatamente imposto anziché apportato in maniera organica.
Tornando al principio della tua domanda e questo “conflitto identitario” su più fronti, penso sia purtroppo scontato il fatto che certe “contaminazioni” abbiano raggiunto anche ambienti che mai avremmo immaginato propensi al cambio: il fest pagano con i prodotti vegani, il pub metal che vende kebab, ma anche poi cambi che secondo me andavano prima o poi fatti, come quello delle donne nel metal che oggi stanno dando filo da torcere all’altro sesso.
L’estetica oggi come oggi ha un aspetto che poco ha a che spartire con ciò che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni. Siamo associabili alle catene “di moda” che vendono le magliette dei gruppi rock e metal come capi d’abbigliamento chic, o pensiamo alle giacche di pelle tipiche del mondo rock e metal, che diventano icone del trend modaiolo del secolo.
Questo purtroppo ha portato a movimenti culturali che, pur non avendo niente a che vedere con la musica estrema, fanno uso di ciò che non gli appartiene e in maniera erronea: abbigliamento, simbologie, trucco e tanto altro ancora.
VOLGAR: talvolta vengo accusato persino dai miei stessi sodali di eccessiva “capziosità” nei riguardi di stampa ed editoria; poi però alla fine i cetrioli sono tutti miei: ti sembra normale, serio, professionale che il cantante metal italiano con più e più eterogenee collaborazioni all’attivo, si ritrovi come unico cenno sulla bio di Encyclopaedia Metallum la menzione di un progetto arbitrariamente definito “neofascist”? Non fraintendermi: nessuna collaborazione fra le tante della mia carriera mi ha reso fiero quanto quella con ZetaZeroAlfa Drumo; ma come non vedere in quella malevola menzione, ficcata a forza in una bio, una forma di discredito informativo e di mistificazione faziosa? L’enciclopedia metal mondiale dovrebbe dare informazioni attendibili e imparziali, e non essere usata come “Indice” degli artisti scomodi al regime…
ROB: non posso che darti ragione. Anche lì ho notato una strumentalizzazione del sito in questione da parte di frange più o meno risibili della Internetwache Polizei che si fa carico di “denunciare” collaborazioni e includere nomi e cognomi di artisti vari ed eventuali che hanno avuto la colpa di pubblicare una cassetta in venti copie ed essersi dichiarati appartenenti a una certa ideologia politica invece di un’altra. In certi casi parliamo di ragazzi neanche ventenni che hanno ormai questa “macchia” su loro stessi alla prima occasione di nome e cognome cercati su Google.
Non ho notato però lo stesso accanimento contro black blocks o estremisti appartenenti ad altri partiti e questo perchè certe cose sono proprie solo di certe frange, convinte che l’umiliazione pubblica possa fungere da deterrente perché altre persone si avvicinino a certe idee.
La verità, tornando al principio della nostra conversazione, è che io intravedo un certo timore e la voglia di controllare determinate idee facendole passare da scomode a inappropriate e chiaramente cancellabili. Si crea così quel fenomeno di polarizzazione dove l’apporto artistico passa in secondo piano perché l’artista è, secondo alcuni, appartenente a certi movimenti politici e filosofici dannosi per il PC.
In realtà, si trattasse magari anche solo di satira o di dovuta denuncia sociale rilevante soltanto per certi eventi più o meno vicini all’artista stesso, il tutto verrà rimosso anziché discusso.
Si arriva quindi alla cancellazione della cultura, alla demolizione della libertà di pensiero, nel nome della libertà d’espressione per persone che spesso non hanno le competenze culturali per sviscerare argomenti complessi, senza pregiudizi derivanti dal dogma impostogli dalla cultura mainstream del momento.
VOLGAR: da qualche mese condivido questa umile ma moooolto sbirciata ciotola mediatica, propostami da Sdangher, con chi cazzo pare a me. E dato che le mafiette dei media blasonati, per non far sfigurare i propri amichetti, fanno muro contro tutte quelle band che alzerebbero di molto l’asticella qualitativa di musica e contenuti se solo fossero più divulgate, è proprio a queste ultime che io intendo dare voce.
Forza, spiegami perché, ad esempio, non leggo in giro interviste degli AMBS, dei Laetitia In Holocaust o dei Nibiru, (tutte band storicissime e prolificissime che stiamo intervistando), ma solo quelle fatte a insignificanti leccaculo senza gesta né passato. Ho montagne di cartaceo scansionato di stampa metal anni ’90… e se lo tiro fuori, ¾ delle redazioni attuali si suicidano.
ROB: io credo sia sempre un caso dovuto ai “mi piace”, alle visualizzazioni, alle vendite, ecc. Per certi magazine faceva figo intervistarti, G/Ab, e ne ho lette diverse da parte tua che mi facevano riflettere, oggi però sei il personaggio scomodo, l’icona del non PC. Vai quindi sabotato, bloccato, tagliato, screditato, perché avere una voce fuori dal coro che minaccia lo status quo è pericoloso. Purtroppo questo fatto va a colpire l’arte perché associata alla condotta di un artista senza badare alla qualità di ciò che egli riesce a creare.
Trovi però chi continua ad andare avanti per la sua strada, per una questione di attitudine che non è stata piegata al servilismo, mentre altri cambiano pelle e si schierano con chi in quel momento storico va per la maggiore.
Sono tantissimi gli esempi in ambito black metal in Italia che potrei citare, ma non voglio perdere tempo facendo salotto e raccontando storie che molte persone già conoscono tra band, negozianti, label, giornalisti e “la nuova generazione, fatta di mignotte e pervertiti, e di qualche bel frocione” (cit.).
Per gli esempi da te citati, penso ci siano casi e casi. I Laetitia In Holocaust sono una band che ho personalmente prodotto con Fauci Tra Fauci e un progetto che all’estero ha ricevuto riconoscimenti importanti. In Italia il pubblico non apprezza perchè fa più figo ascoltare altro e soffermarsi sul nome invece dei contenuti. Ragazzi in gambissima e con una marcia in più dal punto di vista artistico. É una vergogna che l’Italia estrema continui a perdere tempo dietro i Marduk al Frantic e non riconoscere il valore di band come i Letitia In Holocaust.
I Nibiru sono un altro esempio fondamentale.. che dire? Progetto seminale e di altissimo livello, spesso dimenticato e poco riconosciuto in patria ma con maggiore seguito all’estero, rispettati nell’ambiente a livello internazionale.
Gli AMBS sono un gruppo d’artisti con un valore enorme sia dal punto di vista musicale che concettuale, magari non necessariamente durante la prima parte della loro carriera ma sicuramente con il loro ultimo disco. Li conosco da prima di AMBS e per quanto alcune loro vedute fossero distanti dalle mie ho sempre apprezzato la loro coerenza e devozione a un certo tipo di musica.
Questi sono solo tre nomi ma la schiera di realtà italiane che vive questo tipo di tragedie è infinita e tanti non hanno avuto la forza di continuare, hanno mollato perché “la stampa”, gli “esperti”, non sanno neanche dove hanno il culo.
Parliamo poi di persone che magari hanno fatto scuola su VICE o altre che con la morte della stampa cartacea hanno dovuto far fronte ad una situazione per la quale le visualizzazioni contano più dei contenuti se vuoi rimanere “sulla cresta dell’onda”.
VOLGAR: gli AMBS, in particolare, sono stati bannati da bandcamp solo pochi giorni fa, per le solite cagate sull’ incitamento all’odio, nel vigliacco silenzio di tanti loro “colleghi”, molto simili a quelle zebre della savana che, anziché mollare calci alla tigre che ha catturato una di loro, continuano a brucare l’erba guardandosi attorno circospette con la coda dell’occhio. “Punirne 1 per educarne 100”, ti ricorda qualcosa?
ROB: gli AMBS sono un progetto che da sempre ha detto la sua, anche quando non si poteva o non andava bene. La loro tentata castrazione fa ridere. Nei loro ultimi lavori artisticamente e concettualmente non si vede un’ombra di ciò che han fatto in passato o di quell’incitamento all’odio per il quale sono stati segnalati (non ne esiste traccia nei testi, nell’artwork, da nessuna parte!). Secondo me sono stati riportati da qualche leone da tastiera ed eliminati per un semplice fatto di uniformazione al gregge PC. Persone che hanno artisticamente una marcia in più e che hanno attitudine da vendere. Chi li ha segnalati non si rende conto che questa cancellazione da ancora più valore al loro operato.
VOLGAR: e non prendiamocela solo con l’algoritmo: ricorderai bene quando Audioglobe stoppò la distribuzione ad Avantgarde del nostro “Propedeutika Ad Contritionem (Vestram!)” solo perché, secondo loro, eravamo una band “nazi”. La censura è nella ristrettezza mentale del censore, non nelle tecnologie che ne potenziano solo l’azione intimidatoria. Certo, se continuiamo a usare lo streaming, anziché deciderci a mettere sotto chiave la musica che ci piace in qualsivoglia formato si preferisca, molto presto potranno sequestrarcela da remoto con un clic e far sparire quella “sgradita” da ogni anfratto dell’universo.
ROB: sì, ricordo l’episodio Audioglobe e anche lì il tuo fu un caso estremo nella marea di band estreme dell’epoca. Solo che tu G/Ab ci mettesti la faccia, mentre alcuni tuoi coetanei, con la coda tra le gambe, iniziarono a rimangiarsi certe cose magari scritte su Metal Shock o dette durante qualche intervista (ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale).
Sicuramente il fenomeno del cancel culture potrebbe sfociare nella rimozione forzata di contenuti scaricabili da varie piattaforme e la vera e propria cancellazione di una parte della nostra cultura musicale estrema.
Un po’ come sta succedendo nel cinema, con film che non si trovano più perché non PC o con episodi di telefilm rimossi ovunque perché non PC. Lo stesso succede con la satira e la commedia, con artisti ormai bloccati che sino a ieri stavano facendo la presentazione della notte degli oscar come nel caso di Ricky Gervais.
VOLGAR: durante la pandemenza, mentre tanti di noi sfidavano i blindati della polizia alle manifestazioni contro il green pass, pasciuti buffoni blackster si facevano stampare i loghi della band sulle mascherine per ostentare la propria sottomissione a chi poi avrebbe elargito premi in lecca-lecca. Ora, quegli stessi buffoni cavalcano l’AI nelle produzioni musicali e grafiche così da avere più tempo libero per ordinare mangime su Glovo, e per smaltirne il packaging in modo ecologico e differenziato. Secondo te erano così imbecilli anche prima, o c’è stato un effettivo deterioramento antropologico dovuto ai lockdown?
ROB: penso ci sia stato un deterioramento, magari dovuto al vaccino. No, cazzate a parte, il Covid a me ha personalmente cambiato la vita. Ho avuto serie complicazioni che mi hanno portato a una cura farmaceutica di mesi e cambi veri e propri nel modo di vivere. Oltre quello, come tanti, ho perso alcune persone a me care a causa – penso – degli effetti devastanti della vaccinazione (se pur questa mia idea non sia mai stata avvalorata, dato che le autopsie non sono state effettuate dalla sanità pubblica locale).
Alcune persone hanno sfruttato il tutto per tirar su due soldi tra classici d’altri tempi coverizzati in video chiamata e loghi stampati su mascherine e quant’altro.
Si dice spesso che l’individuo debba fare “di necessità virtù”, ma si è arrivati a un livello infimo, davvero impressionante, e penso le cose andranno sempre peggio per queste persone. Se dopo un’eternità passata a suonare e nella quale non hai mai raggiunto risultati degni di nota, ti ritrovi a dover scendere così in basso per tirar su due soldi, cos’altro hai da perdere? Purtroppo però si torna sempre al solito discorso del “che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”, e non so più se parlare di certe cose possa risultare essere un bene o un male.
VOLGAR: il mio amico musicologo Antonello Cresti, che è un grande appassionato di BM a tal punto da aver fatto la tesi su quel “Kali Yuga Bizarre” recentemente epurato della mia voce (col benestare dell’etichetta che lo ha ristampato), ha sempre accusato il BM di essere più colpevole di qualsiasi altro genere musicale per essersi fatto contagiare dal woke, dal momento che sarebbe dovuto essere quello geneticamente più dotato di anticorpi. Io sono d’accordo con lui. Tu che ne pensi?
ROB: è un’idea veramente interessante e penso sia in parte vera. Sicuramente, sul piano ideologico e rimanendo fedeli alla linea con ciò che per esempio la Norvegia black metal aveva in mente, un genere come questo avrebbe dovuto essere totalmente estremo nelle vedute ed avrebbe dovuto denunciare idee non necessariamente woke, nel senso stretto del termine, ma nella forma nella quale questo fenomeno sia stato interpretato e rivisto in chiave attuale.
Il black metal avrebbe dovuto essere l’antitesi del fenomeno woke e posso chiaramente capire perché questa veduta abbia un senso.
Tuttavia, credo che il black metal fosse più predisposto rispetto ad altri generi a esser contagiato perché troppo estremo, perché la realtà si potesse allineare al dogma.
Alcuni esempi pratici in Italia e non solo, di “ideali” black metal che si scontrano con la realtà che viviamo tutti i giorni, potrebbero essere questi: essere satanisti e ascoltare black metal pur essendo battezzati; essere misantropi ma andare ai concerti; essere suicidal depressive pur suonando “romantic black metal”; esser NS ma suonare nei centri sociali o a eventi in cui suonano anche band antifa; esser anti-human ma andare al gay pride; esser black metal e allo stesso tempo pro-life; esser straight-edge pur ascoltando i Mutiilation che cantano “destroy your life for Satan”.
A quel punto ci sarebbero tante domande da farsi, ma non so se – considerando la società moderna – si potrebbe semplicemente puntare il dito ignorando la complessità della nostra società. Il fulcro del discorso è uno: il black metal è solo musica o è un modo di vivere e di essere che trascende la musica stessa che in fin dei conti ne fa da soundtrack?
Credo che il black metal nella sua forma primigenia non abbia più valore e il risultato sono alcune situazioni come quelle elencate qui sopra, in cui idee di fondo e atteggiamenti risultano essere in totale contrasto.
Inoltre, crescendo, tanti individui devono smettere di vivere black metal se vogliono avere un lavoro che paghi l’affitto. Qui ecco il classico reality check che il dogma non può contrastare. In un paese come l’Italia le cose sono anche più complicate rispetto all’estero, quindi non mi meraviglio ormai di niente.
VOLGAR: il mio impegno è quello di creare, sia attraverso progetti artistici già sul campo (ReDvci, Fiabe Bandite, compilation come “O Sarai Ribelle O Non Sarai”), sia attraverso una condivisione di mezzi e risorse creative, un setaccio di dvri & puri su cui poter contare per la fondazione di un nuovo “ordine” creativo, mediatico ed editoriale che garantisca un futuro radioso a tutti quegli artisti che vogliano continuare a esser liberi ed estremi come reclama la loro indole.
So bene che avremo tutti contro; per invidia, anzitutto. Ma tanto li ho contro da 30 anni e da altrettanti me ne sbatto il cazzo. Su “Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal”, sono stato definito “icona dell’esser contro”; e già nel ’97 Davide Totaro titolava su Psycho: “Deviate Damaen, nati per dare fastidio”: tanto vale che mi immoli per la “buona battaglia”, non credi?
ROB: decisamente sì, tu G/Ab sei da sempre stato un’icona fastidiosissima! Va detto però che ben oltre la condivisione di certe tue idee o vedute, l’importante è poter continuare ad avere un dialogo di sano confronto e che porti a una crescita. Questo è ciò che va mancando ai giorni nostri e che invece bisogna salvaguardare.
VOLGAR: hai saputo della morte di Yorga solo dopo mesi e solo grazie a noi; questo la dice lunga sul livello umano di tutti coloro che hanno contribuito a tenere bassa la notizia per mere questioni ideologiche. Chiudo ringraziandoti per il ricordo che ci hai inviato su questo grande artista e che, assieme agli altri fiori poetici che ci stanno giungendo, poggeremo sulla sua gloria.
ROB: vorrei ufficialmente condividere il mio commento a riguardo nel celebrare la memoria di questo incredibile artista e ringraziarti ancora una volta per aver dato spazio a questo confronto tra noi.
“Fuori dal marasma social, in buona parte, spesso vengo avvisato di ciò che succede in Italia da terzi e in ritardo. Come può capitare, chiaramente, le notizie non sono sempre buone.
Mi ritrovo quindi a riflettere oggi sulla recente scomparsa de Il Venerabile Yorga, personaggio fondamentale in quel di Roma durante la seconda metà dei ’90 e non solo. Per chi non l’ha conosciuto di persona, come il sottoscritto, ma ne ha apprezzato il talento artistico da ormai venticinque anni a questa parte, parliamo dell’immenso cantante di Aborym nel fondamentale “Kali Yuga Bizarre”.
È stato Yorga a dare un volto alla band pugliese (in quel periodo appena resuscitata a Roma), accompagnato dal genio di Volgar di Deviate Damaen, piuttosto che le comparsate di Attila Csihar (featuring artist all’epoca e poi entrato in pianta stabile nella band dal successivo “Fire Walk With Us”). Yorga aveva una voce unica ed una timbrica impressionante in molteplici stili, capace di interpretare gli Aborym in maniera spettacolare e quindi essendo il frontman perfetto per la musica di quella formazione in quel disco.
Dopo la sua separazione dal progetto in questione ne persi le tracce, pur continuando a vederlo come un’icona del genere.
Come voce chiave nel black metal italiano dell’epoca penso sia importante ricordarlo come il talentuoso artista che è stato. Una perdita importante per tutti i sostenitori del della musica estrema tricolore. Che la terra ti sia lieve Venerabile Yorga.”
ROB – Museo Del Black Metal Italiano
Suaviter, G/Ab VOLGAR (leader dei Deviate Damaen)