L’ultima chiacchierata è stata molto interessante, peccato l’assenza di Marco e delle sue “provocazioni” sempre stimolanti. In un punto all’inizio è stato sfiorato e non approfondito un tema spinoso: il confronto fra colossi dei quali quasi chiunque può dire la sua, solo che io dirò una cosa un po’diversa: Metallica e Iron maiden hanno carriere parallele, quasi sovrapponibili.
Il Metal classico s’è sviluppato da Judas priest e Motorhead, derivandone i versanti melodici ed estremi, ma l’ascolto del genere a partire dal 1990 comincia sempre con i loro figli, Iron maiden e Metallica, appunto.
Per quanto siano impossibili senza quei padri, li hanno in parte oscurati con carriere inizialmente più rivoluzionarie, alle quali i genitori hanno risposto però con una maggiore solidità nel tempo.
Partendo da ciò e rivedendone le discografie (alla faccia degli spotifeticisti) le storie puntano a specchiarsi: inizi più ruvidi con l’ispiratore di ciò che esce lasciando una forte eredità (Di Anno per Number of the beast, come Mustaine ha composto e ispirato molto dei primi tre ); l’ingresso e lo stabilirsi d’un membro più virtuoso (Hammett-McBrain) apre il periodo classico; poi influenzano l’intero genere all’aumentare la durata dei dischi con Master of puppets e Powerslave (ma il cultissimo Open the gates dei Manilla road li aveva preceduti) e sempre fra 1986 e 1988 il virtuosismo complessivo aumenta e apre ulteriori strade e possibilità, non colte nemmeno da loro.
Adrian Smith voleva spingere per l’ibridazione con l’AOR più sperimentale ma in salsa Steve Overland, quello che poi vide la luce sul monumentale Silver and gold, mentre i Metallica furono tentati dallo sviluppo proposto dal Thrash progressivo ma preferirono i soldoni.
Nella seconda metà del decennio rilasciano omaggi alle loro fonti d’ispirazione (e lo faranno anche dieci anni dopo, ma meno acclamati).
Tralasciando l’insulso No prayer for the dying, nel rassicurante Fear of the dark da un lato e nel quadrato disco nero dall’altro, i due gruppi cercano di fissare una sorta di Metal base per gli anni 1990.
Gers-Newsted: musicisti abilissimi ed entrambi reduci da esperienze particolari (Fish per il primo, Flotsam and Jetsam per il secondo), Gers ha di fatto retto il gruppo fino al 2000 con gli arrangiamenti, Newsted non ha apportato molto di suo (bloccato da Urlich ed Hetfield). Nel biennio 1996-1997 gli esiti discografici sono speculari: enormi quantità di materiale, dischi poco amati dai sostenitori storici, rallentamento nella velocità dei brani, qualcosa che retrospettivamente sà di Doom da un lato e un’ibridazione con scorie Grunge e Blues dall’altro.
Nello specifico: X factor funziona bene, Load un po’meno ma per le uscite successive la cosa s’inverte, quindi per entrambe le compagini una cernita imposta da un produttore più coraggioso avrebbe dato effetti positivi, anche sul Metal a venire.
Il nuovo millennio porta cambiamenti: entrambi cercano di rilanciarsi in modo attivo. Per gli Iron maiden, Brave new world funziona (ma sarebbe stato meglio fosse più breve), per i Metallica St. Anger no.
I due gruppi hanno stabilito un metodo di lavoro dal quale non si scosteranno e dal lato delle esibizioni tutto funziona egregiamente per quelle aziende che sono; nel frattempo i dischi restano dilatati, pieni di spunti ma senza slanci che li fanno ammirare e lasciano più dubbi che certezze.
A tal proposito ricordo alla redazione l’incredibile EP (dalla durata d’un disco breve) Beyond magnetic dei Metallica, in cui il materiale è più ispirato del disco genitore, scelta bizzarra. Nel complesso le vicende diventano sinonimo d’una triste realtà artistica in cui il presente è una soluzione senza continuità di scelte compromissorie che cercano d’allargare lo spettro del punto in cui sono fermi senza mai andare avanti per timore di prendere un contraccolpo fatale a livello economico.
E gli Iced earth che c’entrano? Da anni il Power metal aveva nel Power-thrash una delle forme più affascinanti, non poteva che essere figlio di Iron maiden e Metallica. Ecco che gli Iced earth erano nati in Florida (quindi a metà strada fra Bay area e Inghilterra), volevano fare Power-thrash e in forza di questa geografia terrestre ed artistica hanno cercato d’ottenere l’uovo di Colombo che pescava dalle due gambe per ottenere i vantaggi di entrambe le posizioni, con copertine in cui inserivano un Eddie in contesti più aggressivi, stile Metallica. Solo che gli esiti…
Al di là degli ottimi Night of the stormrider, il disco dal vivo in Atene e The glorious burden, hanno manifestato in contemporanea ai due gruppi ispiratori, il frutto degli stessi problemi che affliggono, ma in modo meno grandioso, quei due gruppi; da ciò, grazie anche alla stampa in cerca della grande botta di franchiniana memoria, quanti si sono ispirati nei primi lustri del secolo agli Iced earth, portando avanti questa mediocrità ammorbante e riducendola alla radice quadrata di un’imitazione di Iron maiden e Metallica?
Nessuno fa le pulci a loro per questo, ma tutti si lagnano della ripetitività degli Iron maiden e della mancanza d’ispirazione dei Metallica, quando il problema è che vorrebbero fossero più incisivi sulla realtà, e si devono accontentare delle legioni di musicisti invidiosi dei padri, lontani dai nonni, mediocri epigoni che riempiono le pagine insulse della rete con copertine adolescenziali e brutto fumettistiche che racchiudono documenti musicali senza spessore.
Perché dietro tutto ciò c’è il dramma: come fanno a vivere di musica? Attirando persone ai concerti e per farlo incidono dischi, nei quali, che non sappiano più comporre o siano costretti a farlo in uno stile non più loro, per attirare un pubblico che vuole sentirsi eterno perché vede i musicisti come eternamente giovani.
Cosa fu il tagliarsi i capelli dei Metallica e di Dickinson, cos’era l’ammirazione per Steve Harris che sembrava essere eternamente lo stesso in foto del 1980 o del 2010 se non l’angosciante desiderio di tenere la paura della morte distante? Peccato, perchè ciò ha distrutto l’evoluzione artistica di quei musicisti: fedeli ai gruppi sono i veri interessati alla musica, gli altri sono di passaggio, finita la giovinezza sono tutti dei Poseur, persone che vivono la vita a fasi, ritenendo che ogni periodo comprenda obblighi sociali ai quali si sottomettono rassegnati e cercano uno sfogo in farsesche imitazioni di appartenenza per riempire il vuoto dell’esistenza materialista che opprime quest’epoca.
Ognuno con la propria indole sceglie il campo, quindi dopo un po’si dilegua e lascia una piccola folla di veri affezionati che vedono degli ultra cinquantenni che s’esibiscono per loro e una moltitudine di giovani che svaniranno;
poi, quando i loro idoli avranno settant’anni, riapparirà (diminuita) quella moltitudine come un grumo di fantasmi incarnati in altri corpi a richiedere Run to the hills o Jump in the fire.
Mentre noi chiedevamo che evolvessero ancora dopo Stranger in a strange land e Orion.